Bagatti Valsecchi di Milano
Tutti parlano di tutto – "Un aspetto della teoria istituzionale è che esclude dalla possibilità di giudicare se un'opera è buona tutti coloro che non ci sono dentro fino al collo. (…) Questo specialismo è di solito aspramente condannato: ciò che appare del tutto accettabile per la scienza o anche solo per un hobby – nessuno si metterebbe a disquisire senza avere competenze specifiche riguardo alle prestazioni di un paio di sci o di una barca a vela – riesce meno digeribile se attribuito all'arte. Per molti secoli si è pensato che "quella vera" possa piacere a tutti, sia capace di "dare un'emozione" a chiunque, sappia sedurre e conquistare immediatamente. Ma i fatti mettono in evidenza lo specialismo di questa come di ogni altro campo del sapere e del fare".
Già lo specialismo. E la musica non cambia con la critica d'arte. Giacchè uno dei mali più nefasti che sono sotto lo sguardo di tutti è che, bene o male, per necessità più che per virtù, tutti si improvvisano critici, con quel non so che di saccente o di burbanzoso che ora vi spiego io della vera arte. E così, il campo della critica d'arte si trasforma spesso in un'arena di feroci – quanto vane – guerriglie, più spesso combattute su affari personali, o nella mera sfera estetica, del gusto di ciascuno, opinabile per definizione. E quando c'è, la critica spesso rischia di perdere la sua afficacia o di
smarrirsi sulla sdrucciolevole salita della divulgazione.
La lezione di aperta e avvertita critica di Giovanni Agosti ha lanciato il sasso nell'acqua. "Il campo del Rinascimento italiano è forse quello nel quale meno mi sento ignorante. Il comitato scientifico della mostra intitolata "Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini" che verrà ospitata alla Pinacoteca Zuest di Rancate dal 10 ottobre al 9 gennaio, vede oltre ai nomi di Jacopo Stoppa e Marco Tanzi, anche quelli di tanti miei giovani collaboratori, dottorandi ed ex allievi". Giovani talenti che il critico, in occasione della presentazione alla stampa della mostra avvenuta negli affascinanti spazi del Museo Bagatti Valsecchi a Milano, non ha mancato di citare uno per uno, per nome e cognome.
Bernardino Luini, il Giampietrino, Bartolomeo Suardi. Sono solo alcuni dei nomi dei protagonisti di questa grande mostra, frutto di anni di ricerche e di tesi specialistiche. Appunto.
Le pale d'altare, le oreficerie e i ricami, le sculture e le vetrate sono il nucleo di partenza per itinerari che portano ad ammirare affreschi e altri capolavori conservati nei luoghi originari, in contesti di grande bellezza naturalistica. Uno dei tratti forse meno conosciuti ma certamente più affascinanti della storia dell'arte in Lombardia è il target di questa antologica. Attraverso una cinquantina di opere è possibile infatti seguire il mutare degli stili in un territorio di confine, in un saliscendi di colline geograficamente strategiche. Ma non di periferia si tratta: quanto piuttosto di esportazione dal centro, vale a dire da Milano, di linguaggi artistici che si mescolano e reagiscono con le parlate locali. Una sezione della mostra verrà allestita anche a Varese, in Sala Veratti dove saranno esposti due dipinti eseguiti dal più importante pittore varesino del Rinascimento, Francesco de' Tatti, che fu attivo nella
Milano di Bramantino, Zenale e Bernardino Luini.
Alla conferenza stampa presenti oltre ad Agosti, anche Mariangela Agliati Ruggia della Pinacoteca Cantonale di Rancate e il Sindaco di Varese Attilio Fontana. "Le intuizioni di questi giovani ricercatori – ha proseguito Agosti – sono spesso state confermate dalla ricerca documentaria. Sono molte le figure di artisti che in questo modo sono riemerse dall'anonimato. Interi capitoli del cosiddetto leonardismo possono essere riscritte, così come tante sono le scoperte inedite di autori che si sono mossi con opzioni stilistiche ed espressive del tutto singolari. È questo il caso, ad esempio, di Bartolomeo da Ponte Tresa, Giovanni Antonio da Montonate, Domenico Pezzi della Valsolda e Giovanni Antonio de Lagaia. Nella mostra, infine, si vedranno anche opere pressocché prive di storia che emergono oggi alla ribalta, come uno splendido stendardo processionale proveniente dal Duomo di Como e appositamente restaurato per l'occasione. Ma non va nemmeno dimenticata la grande generosità di molti luoghi e delle diocesi – come quella di Como – che con i loro prestiti consentiranno di mettere in piedi questa mostra". Più che una semplice conferenza stampa, dunque, una lezione di storia dell'arte e, ancora di più, di metodo.
Audace – Una mostra che dichiara fin da subito di ricostruire e meglio far conoscere, da un punto di vista eccentrico, un tratto non indifferente dell'arte italiana. Ma che è forse essa stessa eccentrica, destinata chiaramente a suscitare un vasto dibattito critico, nuovi studi, ad aprire – non certo chiudere – nuove strade alla conoscenza di questi pittori e della loro epoca. Ancora moltissimo, infatti, resta da fare nello studio e nella scoperta di fenomeni locali apparentemente minori, e spesso invece, profetici delle rivoluzioni delle metropoli.
*La citazione iniziale é tratta da "Ma questo è un quadro? Il valore nell'arte contemporanea", di Angela Vettese (Ed. Carocci)