Poco rumore, tante riflessioni – "Un'opera d'arte è un concetto, e se presa seriamente, può essere vista come un modo di 'fare mondi'. E oggi più che mai, in un momento di crisi, non solo finanziaria, è fondamentale immaginare nuove possibilità, progetti, visioni": è con queste semplici e chiare parole che Daniel Birnbaum, direttore svedese della 53a Biennale di Venezia, spiega il senso, l'obiettivo e il valore profondamente attuale di un'esposizione dai toni pacati, una biennale che non si affida a grandi provocazioni, né crea rumorosi scandali. Nessun papa colpito da meteoriti, dunque, per questa nuova edizione della Biennale, ma una pluralità di dimensioni, forme e materiali per fornire molteplici visioni del mondo in cui viviamo.
Record storico – Per l'esattezza, sono più di 90 gli artisti che hanno interpretato il nostro mondo, per un totale di 77 nazioni: un record storico di partecipazioni divise tra Giardini, Arsenale e spazi espositivi disseminati in tutta la città. Quella del 2009 verrà forse ricordata come una Biennale all'insegna dell'eleganza formale: lo dimostrano l'installazione di fili ricoperti d'oro della brasiliana Lygia Pepe all'Arsenale e lo spettacolare spazio-ragnatela creato dall'artista argentino Tomas Saraceno nel Padiglione centrale dei Giardini. E forse si distinguerà per una spiccata critica all'eurocentrismo e allo sfruttamento: i paraurti di auto Fiat legate a corde fatte di capelli, opera dell'artista indiana Sheela Gowda e i materiali di costruzione di un villaggio africano (terra, paglia e cemento) disseminati per terra dal camerunense Pascale Marthine Tayou, sono solo alcune delle opere-denuncia presenti in Biennale.
Giovani e meno giovani – Mondi variegati, quelli presenti in Biennale, frutto anche della differenza generazionale degli artisti: "mettere a confronto due generazioni" è infatti uno degli obiettivi che Birnbaum ha realizzato esponendo sia opere di "Grandi Vecchi" come Thomas Bayrle, Yona Friedman, Jan Häfström, Joan Jonas e artisti da Leone d'Oro alla Carriera come Yoko Ono, sia lavori di giovani come Lara Favaretto, Simone Berti, Roberto Cuoghi, Pietro Roccasalva, Alessandro Pessoli.
Da non perdere – Se la struttura dell'Arsenale permette di osservare e apprezzare con ordine tutte le installazioni presenti, ai Giardini non è semplice entrare e uscire da tutti i padiglioni senza farsi cogliere da un minimo di disorientamento. Per non perdersi d'animo, il consiglio è di iniziare dai padiglioni più apprezzati dalla critica, come quello olandese, con i video intimisti di Fiona Tae, quello spagnolo con le affascinanti opere di Miquel Barcelò ispirate all'Africa, il padiglione francese con la 'prigione' e le bandiere nere sventolanti di Claude Léveque, quello statunitense con la retrospettiva di Bruce Nauman e il padiglione dei paesi nordici, in cui arte e design si uniscono nell'opera alienante di Elmgreen & Dragset. A proposito di arte e design, immancabili anche il bar creato da Tobias Rehberger, lo spazio educational di Massimo Bartolini e il bookshop di Rirkrit Tiravanija.
Sembra quasi che, per un attimo, gli artisti che hanno partecipato alla 53a Biennale di Venezia, si siano seduti intorno al mondo, per riflettere, prima di creare: un po' come nell'installazione di Chen Zen all'ingresso dei Giardini, ognuno di loro, con la propria sedia, dal proprio punto di vista, ha interpretato il nostro cosmo o ne ha creati di nuovi, unici e immaginari; ognuno di loro, in ogni caso, ha provato ad aprire lo sguardo a nuove possibilità, cercando, anche nelle situazioni più critiche, un'opportunità, un'idea per "fare mondi".
"Fare Mondi"
53a Biennale di Venezia
Fino al 22 novembre
Palazzo delle Esposizioni della Biennale
Giardini e dell'Arsenale
Venezia