Milano – Nasce da una serie di riflessioni “Vuoti Urbani” collettiva a cura di Jasmine Formentin e Valentina Luraghi che si apre da domani (16 novembre, con inaugurazione alle 18) all’Anfiteatro della Martesana. La mostra è realizzata nell’ambito del corso di Tecniche di documentazione audiovisiva di Jacqueline Ceresoli del dipartimento di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
Lo spazio urbano è in costante cambiamento e con esso si instaura un rapporto sempre più mutevole. Come percepiamo la realtà che ci circonda e i vuoti urbani che la identificano? Quali sono i cambiamenti che privano gli spazi della loro identità?
Gli anni ‘90 del secolo scorso sono terreno fertile per l’analisi degli spazi vissuti, che appaiono discontinui, fragili, al tempo stesso alienanti e privi di tratti caratteristici. Percorsi calpestati da tutti ma terre di nessuno.
Una definizione accurata viene introdotta da Marc Augé con ciò che definisce come non-luoghi. Questi non-luoghi sono il frutto di una surmodernità incapace di attribuire caratteristiche storiche a tali spazi. Ad accompagnarla è la condizione umana affondata in uno stato di precarietà stagnante che impregna un presente che richiede sempre di più.
A dare vita all’interpretazione dei non-luoghi urbani sono le differenti istallazioni proposte nello spazio espositivo. Un luogo che incontra supporti differenti, dal video alla fotografia, dalla performance all’interattività delle installazioni per riempire e riqualificare l’identità dei vuoti urbani che portano ad una tale immersione psico-emotiva.
Luoghi senza identità, partecipi di un nostro passaggio e mai di una permanenza vissuta e personale. Non si possono stabilire relazioni sociali o momenti di condivisione. E’ l’assenza dell’essere, del proprio passaggio, e quindi di una mancata storia comunitaria.
Il tempo non assume più alcun valore simbolico, è il frutto di una continua sovrabbondanza di avvenimenti che si susseguono uno dopo l’altro. Lo spazio, anch’esso reduce dall’eccesso quantitativo, rende ristretta la terra che vogliamo attraversare in breve tempo. Tutto questo accompagnato da una irrefrenabile sequenza immaginifica e immaginaria che a malapena riusciamo a trattenere mentalmente.
Gli spazi antropologici di impermanenza ci alienano dalla storia e dal vissuto di tali strade e dagli angoli cittadini esclusi da ogni rapporto personale tra l’uomo e l’ambiente. La città contemporanea vive di un’incessante crescita e l’individuo che la percorre non si autodetermina per mezzo di scambi sociali poiché ormai coinvolto in flussi di attraversamento indefiniti.
Questo vuoto urbano vuole essere concepito come uno spazio pubblico dalle differenti funzionalità per far nascere una nuova percezione della collettività e dell’aggregazione sociale, che negli ultimi tempi c’è stata privata anche in forma globale.
Partecipano alla rassegna: con l’opera Tracce – Sonia Pellegrino, Claudia Gigliotti, Sofia Zerbi, Giulia Elizalde (Animazione 2D Videoinstallazione); Milano da perdersi – Lara David, Marica Ortega, Lauryn Stella Sardella, Francesca Vulpiani (Pannello in sughero, carta, chiodi, fili di lana colorata); Ecosistema alla deriva – Valentina Luraghi, Rebecca Morisco, Marzia Nicola (Tappeti di stracci, indumenti, scarpe, gesso, vernice in spray); L’arte dell’arrangiò – Simone Blo, Jasmine Formentin, Asia Lupo; Il taccuino del flâneur – Aurora Bini, Mario Usai (Taccuino e stampe fotografiche); Vedere oltre – Morgana Jonghi Lavarini Crocetti, Marta Moggi, Gaia Sirio; Frammenti d’identità – Lara David, Francesca Vulpiani (Stampe fotografiche, corde, frammenti di iuta, fogli di rame, chiodi e tappeti, acrilico oro, edera); Rianimare, Jiarui Tian, Gongni Yang (Videoinstallazione).
La mostra è visitabile sino a domenica 20 novembre