{"id":12624,"date":"2007-07-12T10:04:08","date_gmt":"2007-07-12T10:04:08","guid":{"rendered":""},"modified":"2007-07-12T18:30:28","modified_gmt":"2007-07-12T18:30:28","slug":"il-borgo-pieno-di-affreschi-ma-solo-due-fatti-secondo-la-regole-auree","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/il-borgo-pieno-di-affreschi-ma-solo-due-fatti-secondo-la-regole-auree\/","title":{"rendered":"Il Borgo \u00e8 pieno di affreschi, ma solo due fatti secondo la regole auree"},"content":{"rendered":"
\"L'equipe\"L'equipe<\/span><\/div>\n

Il pool<\/strong> – Da giorni gli esperti del dipartimento di pitture murali  della scuola di alta formazione dell'Opificio delle Pietre Dure<\/strong> di Firenze sono impegnati nell'attività di analisi dei fenomeni di degrado cui sono soggetti gli affreschi del borgo dipinto di Arcumeggia<\/strong>. Un pool composito: cinque allievi del corso di restauro, guidati dai docenti restauratori Fabrizio Bandini<\/strong>, Paola Ilaria Mariotti<\/strong>, Maria Rosa Lanfranchi<\/strong> e Alberto Felici<\/strong>.

Prima mappatura<\/strong> – Un primo saggio,  una prima mappatura dei lavori per monitorare fenomeni di degrado e soprattutto la tecnica esecutiva. Attraverso l'analisi visiva e grazie a strumentazioni portatili, le lampade a raggi UV ad esempio, gli esperti stanno vagliando il grado di problematiche accorse alle pitture su muro, ma sopratutto ne stanno studiando le genesi tecnica.

La schedatura <\/strong>– "Stiamo compilando – spiega Mariotti – schede identificative in cui, per ogni opera, si rileva lo stato di conservazione; i fenomeni di degrado vengono identificati e mappati con grafici al computer", mostrando alcuni esempi cartacei.
A fine cantiere, previsto per fine luglio i restauratori forniranno un progetto, in cui indicheranno le raccomandazioni utili per la conservazione degli affreschi ed interventi mirati alla loro protezione.<\/p>\n

La comparazione <\/strong>– "Gli unici interventi 'diretti' e 'straordinari' – chiarisce Mariotti<\/strong> – riguardano solo alcune opere e mirano alla riduzione dei fenomeni di degrado gravi in corso".
Per gli affreschi che necessitano di un intervento di restauro vero e proprio si dovrà attendere.
Al momento i restauratori dell'Opificio stanno inoltre comparando le relazioni dei precedenti interventi di restauro con i risultati delle analisi scientifiche fatte a suo tempo e che riguardano solo gli affreschi dei maestri.<\/p>\n

Ossequio e sperimentazione<\/strong> – Fabrizio Bandini<\/strong> e Paola Ilara Mariotti<\/strong> non hanno dubbi nel dire che "tutte le pitture murali, sia le opere dei maestri che quelle lasciate dagli allievi a testimonianza dei vecchi corsi estivi sono state realizzate con la tecnica dell'affresco, tipica ed idonea alla collocazione in esterno".
Con una precisazione: solo  le opere di  Aligi Sassu<\/strong> e Aldo Carpi<\/strong>, rispettivamente "I corridori"<\/strong><\/em> del 1957 e "Sant'Ambrogio benedice Arcumeggia"<\/em><\/strong> del 1966, sono state realizzate ad affresco così come vuole l'esecuzione nella tecnica tradizionale. "Per tutti gli altri lavori – chiarisce Bandini, "si riscontrano contaminazioni nella tecnica esecutiva". Sperimentazioni, dunque, volutamente realizzate dagli artisti; sperimentazioni tipiche di un'epoca che non disconosceva la tradizione ma ne voleva saggiare i limiti, forzarne la natura, spesso utilizzando leganti e colori non propriamente idonei.<\/p>\n

\"II corridori di Aligi Sassu<\/span><\/div>\n

Problemi conservativi<\/strong> – Spiega ancora Mariotti<\/strong>: "I fenomeni di degrado riscontrati sono di tipo fisico-chimico, dovuti ad agenti atmosferici o dilavamento". Un esempio: la "Madonna"<\/em><\/strong> di De Amicis, è compromessa al 50% da abrasioni, lacune e da attacchi biologici, che proliferano all'interno delle cavità trovando humus favorevole a base di materiale organico. "E' curioso – aggiunge Bandini – che si concentrino al loro interno, "come se i problemi non provenissero solo da cause esterne".

Calce bastarda <\/strong>– Altri fenomeni sono dovuti alla sperimentazione tecnica degli stessi artisti. Nell'affresco di Goberti<\/strong>, "Due crocefissi a mezzo busto"<\/strong><\/em>, su pannello mobile, realizzato durante il corso estivo negli anni 1961 – 1963, il supporto in calce,  – definita dal Bandini "calce bastarda", perché composta da grassello, calce idraulica e cemento e non come vuole la tecnica antica calce e sabbia – ha al suo interno un'armatura metallica che muovendosi nel tempo, ha provocato stress strutturali, causa di spaccature e sollevamenti dell'intonaco.<\/p>\n

Precedenti interventi – Aurelio Morellato<\/strong>, d'altro canto, artista più che "restauratore" ebbe cura di intervenire su alcune opere nella metà degli anni Ottanta applicando stesure di colla vinilica con l'intento di fissare i sollevamenti di colore. Ad oggi tale utilizzo di materiali inadeguati "ha causato sgradevoli effetti lattiginosi e lucentezze poco gradite nelle lettura di un affresco che per sua natura dovrebbe essere opaco". "Unico vantaggio è quello di aver ritardato il manifestarsi dei sali solubili", precisa Bandini<\/strong>.<\/p>\n

I problemi di Aligi <\/strong>– Ne "I Corridori"<\/strong><\/em> di A. Sassu<\/strong>, ci sono sali e specialmente nella parte alta, le "sfogliature" di colore o meglio il colore sollevato non si è perso grazie alla stesura della colla vinilica applicata nel precedente "restauro".
In questo caso l'intervento è stato d'obbligo. Mariotti spiega le operazioni: velinatura della superficie pittorica e iniezioni di resina acrilica B60 a bassa percentuale per far rientrare in sede le scaglie di materia pittorica e pulitura dei residui di resina con acetone.
Il vinavil sovramesso al momento rimane, bisognerà valutare come intervenire. Il lavoro continua. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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