{"id":12677,"date":"2007-07-23T06:29:50","date_gmt":"2007-07-23T06:29:50","guid":{"rendered":""},"modified":"2007-07-27T05:57:34","modified_gmt":"2007-07-27T05:57:34","slug":"villa-panza-chiama-le-fondazioni-d-arte-internazionali-pronto-il-progetto-servono-i-soldi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/villa-panza-chiama-le-fondazioni-d-arte-internazionali-pronto-il-progetto-servono-i-soldi\/","title":{"rendered":"Villa Panza chiama le Fondazioni d’arte internazionali: pronto il progetto, servono i soldi"},"content":{"rendered":"
Operazioni rilancio <\/strong>– Come rilanciare Villa Panza<\/strong> come sede espositiva? Un tema su cui i responsabili della struttura donata al Fai<\/strong> alcuni anni fa si stanno da tempo arrovellando. Da quando almeno, esaurito l'effetto sorpresa, la visibilità mediatica su scala nazionale, le visite presidenziali, si è cominciato a fare i conti con la realtà. E la realtà non sottrae la Villa di Biumo, per quanto soggetta a condizioni particolarmente favorevoli – il parco, la bellezza architettonica, le collezioni, la sua atipica unicità – alle stesse regole di qualsiasi altro bene artistico che non voglia 'mummificarsi'. <\/p>\n L'exploit Segantini <\/strong>– L'approccio del pubblico, varesino e non, aveva lasciato intendere le grandi potenzialità del luogo: più di ventimila visitatori per 10 opere di Segantini<\/strong>, all'indomani dell'apertura ufficiale della villa nel nome del Fai. Era la concretizzazione dell'idea che anche una piccola mostra, nell'occasione curata da Annie-Paule Quinsac<\/strong>, potesse avere un alto potere attrattivo. Quel miracolo non si è più ripetuto, almeno non a questi livelli, non con questi numeri. <\/p>\n L'anima della villa <\/strong>– Scelte espositive meno felici, nonostante la qualità media sia rimasta alta, entusiasmo un po' scemato, per quanto la villa abbia dato dimostrazioni di non volersi arroccare sul colle e solo su scelte di intransigente rigore. I concerti, le conferenze sull'arte, le collaborazioni con le scuole, sono tutti segnali di una voluta apertura ad un pubblico più ampio, il più giovane possibile. Eppure in tempi non troppo lontani, il direttore generale del Fai, Marco Magnifico<\/strong>, riconosceva che alcune scelte erano state fatte per andare incontro al pubblico forse snaturando lo spirito del luogo.<\/p>\n Operazione Panza <\/strong>– Il genius loci si pensò allora di recuperarlo ritirando fuori, cadenzandolo nel corso degli anni, il patrimonio del colle. Non è possibile considerare la villa un bene del Fai come altri, in sostanza. E' una proprietà troppo particolare. Inaugurando la mostra dedicata a Dan Flavin<\/strong>, nel settembre del 2004, si compiva un'operazione di recupero a cui non era del tutto estranea Angela Vettese<\/strong>, la super consulente chiamata, come voce guida nel panorama del contemporaneo italiano, a ridare fiato e fierezza a quel lato della patrimonio di Biumo. <\/p>\n Flavin e gli altri <\/strong>– La Vettese non seguì poi il progetto prospettato, ma intanto il seme era gettato: dopo Flavin<\/strong>, Lawrence Carrol <\/strong>(2005), Richard Long<\/strong> (2006), Anne Appleby<\/strong> e da poco cominciata la mostra dedicata a Joseph Kosuth<\/strong>. Ottime mostre, complesse, avare a volte di rimandi esplicativi, tuttavia sempre con un discreto seguito. Ma rimane il problema: come fare di Villa Panza un luogo in grado di intercettare i grandi flussi turistici, di porsi al centro del marketing territoriale e al contempo allargare lo spettro delle indagini sul moderno e sul contemporaneo in maniera non scontata, sposando la natura stessa del luogo, privilegiata oasidi collezionismo d'elite? <\/p>\n Da collezionista a collezionista <\/strong>– Una via è quella allo studio da qualche mese: facendone luogo di incontro di esperienze collezionistiche diverse, nazionali ed internazionali, ciascuna con una propria peculiarità, ma tutte ugualmente di spessore rilevante. Un progetto messosi in moto dopo la felice esperienza della collezione Gianferrari<\/strong> temporaneamente ospitata a Biumo, in attesa di trovare definitiva collocazione nella Villa Necchi Campiglio<\/strong> a Milano, nuove acquisizioni Fai. La Beyeler <\/strong>– Ecco allora spuntare i nomi della Fondazione Beyeler<\/strong> di Basilea, e di altre due importanti collezioni, statunitense, la prima, portoghese la seconda. Si tratterebbe di importare selezioni accurate di queste, alcune tra le principali raccolte private d'arte del '900 racchiuse in specifiche architetture contemporanee realizzate ad hoc – basti pensare alla 'japoneserie' realizzata da Renzo Piano<\/strong> per la Beyeler – e farle dialogare con il Settecento di Villa Panza. Mostre e non solo<\/strong> – Non solo Picasso<\/strong>, Klee<\/strong>, Rothko, <\/strong>la Pop Art americana.<\/strong> Il piano messo a punto da Meneguzzo<\/strong> e Anna Bernardini<\/strong> prevede non solo una mostra ma uno sviluppo di incontri, conferenze, approfondimenti sulle tematiche dell'arte contemporanea e sul collezionismo, sull'esperienza specifica del collezionismo che si trasforma in luoghi di afflusso e fruizioni globale dell'arte. Un assaggio del quale è stato dato pochi mesi fa quando in villa si parlò della duplice esperienza delle collezioni Brandi<\/strong> e Magnani<\/strong>. E' chiaro l'obiettivo. Anche Villa Panza vuole arrivare lì.
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Con il Fai si, con la villa no<\/strong> – Il progetto esiste, limato e lavorato da tempo, dai vertici della villa con l'ausilio di un critico importante come Marco Meneguzzo<\/strong>. I contatti, le mediazioni, le messe a punto degli scambi hanno trovato concordanza con i vertici delle istituzioni culturali. Un unico problema. Il progetto, triennale, non ha trovato la sponda prevista, il sostegno economico nel partner bancario straniero che era stato fin dall'inizio ipotizzato come referente primo dell'operazione. <\/p>\n