{"id":12842,"date":"2007-09-06T03:34:43","date_gmt":"2007-09-06T03:34:43","guid":{"rendered":""},"modified":"2007-09-07T06:53:03","modified_gmt":"2007-09-07T06:53:03","slug":"il-ratto-della-gioconda-e-l-imbianchino-della-val-dumentina","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/il-ratto-della-gioconda-e-l-imbianchino-della-val-dumentina\/","title":{"rendered":"Il ratto della Gioconda e l’imbianchino della Val Dumentina"},"content":{"rendered":"
L'icona divina<\/strong> – "Era cosa più divina che umana". Queste le parole dell'autore delle "Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani"<\/em><\/strong>. Così Vasari <\/strong>ci descrive quel celeberrimo sorriso femminile, piacevole e appena accennato, quasi sfuggente. Non c'è dubbio di sorta. La Gioconda<\/em><\/strong>, sbeffeggiata in mille parodie, ridicolizzata fino alla caricatura più strampalata, riprodotta in serie infinite volte, ripresa da autori contemporanei quali Dalì<\/strong>, Duchamp<\/strong>, Warhol<\/strong> e Basquiat<\/strong>, è essa stessa icona delle arti visuali. Eppure la mattina di quel lontano 22 agosto 1911 il mondo temette di averla persa per sempre.<\/p>\n Un giallo al Louvre<\/strong> – La notizia, com'era prevedibile, fece il giro del mondo in poco tempo. Dal salone Carrè del Louvre era stato misteriosamente trafugato il ritratto di Monna Lisa<\/strong>. Sulla prima pagina dell'edizione di mercoledì 23 agosto, "Cronaca Prealpina"<\/em><\/strong> dava la notizia così: "Il celebre quadro della Gioconda misteriosamente rubato al Louvre di Parigi". In pochi attimi l'accaduto assunse le tinte fosche di un giallo in perfetto stile e si determinò uno stato generale di allarme tra gli addetti al museo e di morbosa curiosità tra il pubblico. La tesi del furto d'autore fu subito percorsa e, nelle inchieste condotte dalla polizia francese, vennero anche coinvolti lo scrittore Guillaume Apollinaire<\/strong> e Pablo Picasso<\/strong>.<\/p>\n L'Arsenio Lupin di Dumenza<\/strong> – Solo nel dicembre del 1913 venne individuato e arrestato l'autore del furto: Vincenzo Peruggia<\/strong>, italiano. Ma chi era costui? Figlio di Giacomo e Celeste Rossi, nacque l'8 ottobre 1881 a Dumenza<\/strong>. Andò a lavorare a Milano per apprendervi il mestiere di imbianchino e di decoratore e ben presto si recò in Francia dove esercitò l'arte del pittore di stanze, lavorando presso la ditta "A. Gobier". In Francia, non va dimenticato, erano particolarmente ricercati muratori, decoratori e stuccatori italiani e tanti emigranti diretti oltralpe provenivano proprio dalle valli attorno a Luino: Val Veddasca<\/strong> e Val Dumentina<\/strong>. Già dai primi mesi del 1910 il giovane Peruggia venne mandato con altri operai a lavorare nel Museo del Louvre come addetto alla manutenzione. Lì avvenne il fatidico incontro con la Monna Lisa.<\/p>\n Un sogno romantico e patriottico<\/strong> – Peruggia, in scacco al prestigio e all'efficienza della polizia francese, riuscì a tenere in ostaggio il celebre capolavoro per ben due anni, fino a quando si mise in contatto con il noto antiquario fiorentino Alfredo Geri<\/strong>, patteggiando con lui che la Gioconda<\/strong> sarebbe tornata e rimasta in Italia. Scovato e uscito allo scoperto, il Nostro fu arrestato nell'inverno del 1913 e condotto negli uffici di polizia e alle carceri fiorentine, le Murate. La motivazione riguardante il gesto, che egli sostenne sempre durante gli interrogatori, fu quella dell'amore patriottico: come italiano si era sentito defraudato nel vedere che i maggiori capolavori nazionali si trovavano all'estero. Decise pertanto di sottrarre l'opera Vinciana per restituirla, a suo dire, all'Italia.<\/p>\n La ricerca storica continua<\/strong> – Il processo a carico di Vincenzo Peruggia ebbe inizio il 4 giugno 1914: venne condannato a un anno e quindici giorni di prigione, ma trascorsi alcuni mesi, durante i quali il favore popolare nei suoi confronti crebbe per appassionati sentimenti di patriottismo, la Corte di Appello di Firenze ridusse la pena a mesi sette e giorni otto. Era il 29 luglio 1914. Peruggia, la cui data di morte è stata oggetto di complesse vicende, smentite e conferme contrastanti, morì la sera dell'8 ottobre 1925. È Marcello Vannucci<\/strong> l'autore di una recente biografia del protagonista di questa appassionante quanto articolata vicenda: "Il furto della Gioconda<\/em>", Edizione Novecento, Palermo 1993. In "La Gioconda rapita"<\/em>, (Macchione Editore, Varese 1995), Macchione<\/strong> pone, invece, sul tavolo tutti gli elementi dell'inchiesta condotta dalla polizia parigina e i risultati del processo di Firenze, oltre a una ricca messe di documenti storici e di fotografie. A Vincenzo Peruggia sarà presto, inoltre, dedicata una voce nell'Enciclopedia Biografica della monumentale collana "Storia di Varese"<\/em><\/strong>, promossa dal Centro Internazionale di Ricerca per le Storie Locali e le Diversità Culturali <\/strong>dell'Università degli Studi dell'Insubria.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Il celebre autoritratto di Leonardo L'icona divina – "Era cosa più divina che umana". Queste le parole dell'autore delle "Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani". Così Vasari ci descrive quel celeberrimo sorriso femminile, piacevole e appena accennato, quasi sfuggente. Non c'è dubbio di sorta. 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