{"id":14030,"date":"2008-01-22T03:38:02","date_gmt":"2008-01-22T03:38:02","guid":{"rendered":""},"modified":"2008-01-25T04:29:26","modified_gmt":"2008-01-25T04:29:26","slug":"la-ricerca-dei-sensi-nella-forma-dell-incontro","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-ricerca-dei-sensi-nella-forma-dell-incontro\/","title":{"rendered":"La ricerca dei sensi nella forma dell\u2019incontro"},"content":{"rendered":"
L'arte della relazione<\/strong> – Non è stata una conferenza come le altre, quella che si è tenuta alla Gam<\/strong> venerdì scorso. A cominciare dal luogo, la sala in cui è esposta Accumulazione T<\/em>, l'installazione di tessuti di Name<\/strong> diffusion<\/strong>. In un ambiente che profuma di fiaba, catapultati in un mondo possibile fatto di colori, parole, relazioni, i giovani del Liceo artistico di Varese<\/strong> e molti altri visitatori hanno preso parte alla conferenza sdraiati, seduti o sommersi da un mare di tessuto, mosso da mani curiose capaci di creare e trasformare le persone con un semplice gesto. E molti sono stati i travestimenti: chi è diventata una sposa, chi Robin Hood con un cappello piumato, o un pirata con la bandana; chi ha creato un opera in tulle colorato a cui ha dato il suggestivo nome "Montagna incontaminata". Tutti i presenti sono stati stimolati dal fascino del tessuto capace di creare comunicazione e relazioni, anche, e soprattutto, non verbali.<\/p>\n Il senso del sentire<\/strong> – Oltre a due delle tre artiste presenti in mostra, Enrica Borghi<\/strong> e Name Diffusion<\/strong>, all'incontro ha partecipato anche Francesca Alfano Miglietti<\/strong>, docente all'Accademia di Brera e curatore, che con abile ed affascinante dialettica ha espresso le sue preferenze in campo artistico: "amo gli artisti difficili, perchè funzionano spesso come forma di adescamento, ci fanno avvicinare e ci fanno più male che bene perché ci aprono gli occhi. Mi piacciono anche gli artisti che creano relazioni e storie: siamo in un'epoca che sta perdendo il senso perché noi stiamo perdendo i sensi; il problema è quello di aggiungere i sensi, non toglierli. Dobbiamo imparare a sentirci e a sentire ma non solo attraverso le opere, che in fondo sono il diaframma del mondo. Il mondo del sapere, vedere, toccare, è affascinante perché è tutto lì, non c'è nessuno che ce lo deve spiegare, basta saper guardare; è invece il luogo dell'invisibile quello a cui gli artisti danno un volto, e ci fanno pensare: l'arte porta con sé la capacità di trasformare gli elementi, è un altro modo di vedere, di toccare". <\/p>\n Desiderio di mare, desiderio di pelle<\/strong> – Anche Marion<\/strong> Baruc<\/strong>, artista di Name Diffusion, spiega qual è il suo concetto di arte, illustrando il suo lavoro: "il nostro è un modo di lavorare in gruppo – racconta Marion – cerchiamo di dare forma alla materia che si costituisce attraverso la presenza. Molte persone partecipano al nostro lavoro; in questa sala vediamo alle pareti, appesi a dei fili, tessuti che attestano come le persone hanno trasformato la materia che diventa il segno del loro passaggio. L'opera in cui ci troviamo si chiama Accumulazione T<\/em>, e la T ha diversi significati: prima di tutto Tempo<\/strong>, che è servito per recuperare i materiali; Tessuto<\/strong>, con cui è composta l'installazione; Testo<\/strong>, perché ogni persona può scrivere un commento e appenderlo ai fili alle pareti della sala. Questa T può avere significati infiniti. Vestiti di rifiuti<\/strong> – La stessa idea di seconda pelle Enrica<\/strong> Borghi <\/strong>la affronta attraverso i suoi abiti fatti coi sacchetti di rifiuti: "era la mia idea di abito ideale – racconta – la mia seconda pelle fatta di involucri di tetrapak, carte di mozzarella e altri rifiuti che entravano in contatto con me nella vita di tutti i giorni, e che ho cercato di tenere con me creando i vestiti, perché fanno parte della mia esistenza. Il rifiuto in qualche modo ci rappresenta; la quotidianità fatta anche dei nostri rifiuti può essere la nostra magia, trasformandosi per esempio in un abito di regina, come la mia opera che si trova al Castello di<\/strong> Rivoli<\/strong> composta da bottiglie di plastica. Anche il progetto per la città costruita intrecciando fili di plastica all'uncinetto, e creato per la mostra "Le trame di<\/strong> Penelope<\/strong>", ha in sé la magia dei rifiuti : "è anche una coperta – racconta Enrica – non è una città anonima, ma è qualcosa di accogliente, di caldo. E le persone ci mettono la loro personalità creando quello che a volte è una coperta, altre volte è un fiume o un parco".<\/p>\n È la moda che si occupa di noi<\/strong> – Queste tre donne non sono solo accomunate dal mestiere e dalla passione per l'arte, ma anche dall'influenza che la moda ha esercitato su ognuna di loro, portandole comunque a soluzioni diverse. Per Francesca Miglietti<\/strong> "la moda è un mondo molto profondo perché negli ultimi anni non progetta vestiti ma anatomie; si sente infatti per esempio dire "quest'anno vanno di moda le donne senza seno"; il che non implica che le donne si tolgano il seno, ma che magari ci siano corpetti moto stretti che lo appiattiscono fino a farlo scomparire sotto i vestiti. Sigmund Freud<\/strong> diceva che l'anatomia è un destino, oggi non è più così perché la moda progetta anatomie, e quindi possiamo cambiare attraverso i vestiti". Del tutto diversa è l'ispirazione che la moda ha dato a Enrica Borghi<\/strong>: "la moda nasce per me dall'idea di scarto, ho cercato soluzioni giocose, come indossare ciò che creo, cappellini o vestiti". Ma la definizione, o meglio l'intuizione, che meglio esplica i motivi per cui la moda ha una grande influenza in questi anni anche nel campo dell'arte, è quella espressa da Marion Baruc<\/strong>: "la realtà è anche moda, noi siamo dentro di essa e assumiamo tutti i desideri e le trappole che la moda ci detta. E poi a mio parere tutto sta nel fatto che ci piace la vita che è intorno a noi, e la moda fa parte della nostra vita. Noi non ci occupiamo di moda ma in qualche modo è la moda che si occupa di noi".<\/p>\n <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Un momento creativo L'arte della relazione – Non è stata una conferenza come le altre, quella che si è tenuta alla Gam venerdì scorso. A cominciare dal luogo, la sala in cui è esposta Accumulazione T, l'installazione di tessuti di Name diffusion. 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Oltre al titolo vero e proprio dell'opera, Marion svela che vi è anche un sottotitolo: "Una forma dell'incontro<\/strong>": "perché questo è uno spazio fatto per sentire diversamente – specifica – è un modo di lavorare sulla percezione delle cose e come fisicamente incontrarsi e sentire insieme". Ma esiste anche un altro titolo segreto dell'installazione, dato dall'artista Giovanna di Costa<\/strong>, amica della Baruc, e appeso ai fili tra i tessuti; "Desiderio<\/strong> di mare, desiderio di pelle<\/strong>": "è il desiderio e la possibilità di immergersi in questo mare di tessuti – spiega Marion – che sono un po' la nostra seconda pelle.<\/p>\n