{"id":14330,"date":"2008-02-25T05:51:32","date_gmt":"2008-02-25T05:51:32","guid":{"rendered":""},"modified":"2008-03-06T07:44:07","modified_gmt":"2008-03-06T07:44:07","slug":"la-vita-di-san-benedetto-spuntano-nuovi-affreschi-nell-ex-convento","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-vita-di-san-benedetto-spuntano-nuovi-affreschi-nell-ex-convento\/","title":{"rendered":"La vita di San Benedetto: spuntano nuovi affreschi nell’ex convento"},"content":{"rendered":"
Imitatio Benedicti<\/strong> – Gli episodi salienti della vita di San Benedetto<\/strong>, raccontati in otto ovali dipinti a buon fresco. E' il risultato a cui è giunto il lavoro, appena concluso, di restauro conservativo nell'ex convento di Sant'Antonino, in pieno centro a Varese. Un complesso fatto edificare "forzatamente" da Carlo Borromeo nella seconda metà del 500' a seguito delle controversie suscitate per la soppressione del più antico Convento Sant'Antonino a Luvinate. <\/p>\n Questo sconosciuto<\/strong> – Si tratta di uno dei complessi architettonici tra i più noti agli studiosi. Qui hanno lavorato il Magatti e il Baroffio, che vi lasciarono lo splendido ciclo affrescato visibile nell'ex refettorio, l'attuale Sala Veratti, ora spazio espositivo di proprietà dell'amministrazione comunale varesina. L'interno vero e proprio del chiostro è invece tutt'oggi un edificio meno conosciuto ai varesini, il cui sguardo si ferma proprio alla contemplazione ammirata del chiostro e dei suoi eleganti portici, sormontati da arcate. <\/p>\n Di passaggio in passaggio<\/strong> – Qui storicamente, le monache avevano il compito di educare le bambine del borgo. Alla fine del '700 venne soppresso e acquistato da Pietro Veratti<\/strong> che ne cambiò la destinazione d'uso: vi aprirono abitazioni e botteghe, in una scansione degli spazi rimasta fino ai nostri giorni. Sempre di proprietà degli eredi Veratti che non hanno mancato di rispettare un principio: recupero e valorizzazione. La sala delle educande, dove sono riemersi gli affreschi, fa rivivere la storia: per un attimo immaginiamo la vita delle monache e l'attività didattica impartita prendendo a modello l'iconografia delle storie della vita di San Benedetto. L'ipotesi del maestro <\/strong>– Responsabile dei lavori di restauro pittorico, Fulvio Baratelli<\/strong>, della società Arkè<\/strong> spiega come si è arrivati all'esito finale. "Nella sala erano visibili solo due piccole quadrature che ci hanno fatto supporre la presenza di un intero ciclo sottostante l'intonaco. Dopo le prime analisi effettuate sia a luce radente, sia con analisi stratigrafiche, abbiamo identificato il tratto dell'incisione per il riporto del cartone nelle restanti pareti; un tratto deciso e di alta qualità che fa supporre l'esecuzione per mano di un maestro". Al momento nessuna certezza circa la paternità dei dipinti, per questo occorrerà svolgere ricerche approfondite. <\/p>\n Iconografia non del tutto leggibile<\/strong> – L'intervento di rimozione degli strati di scialbo ha privilegiato l'utilizzo di metodi tradizionali e non innovativi. L'applicazione del laser è una tecnologia preziosa sia nella medicina, sia per beni culturali, i restauratori dello studio Arkè la utilizzano da tempo, ma non in questo caso. "Il laser – spiega Baratelli – non è efficace con lo scialbo di colore chiaro". Un lavoro minuzioso. "Abbiamo dovuto rimuovere circa 20 strati, riassumibili in pochi millimetri – utilizzando paste ammorbidenti e meccanicamente, consolidando tra un'operazione e l'altra". Degli affreschi recuperati solo due risultano ben conservati e leggibili, negli altri casi la traccia è sottile a colori tenui. L'intervento estetico ha 'risarcito' le mancanze causate dal tempo e da tutti quei passaggi irrispettosi. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Imitatio Benedicti – Gli episodi salienti della vita di San Benedetto, raccontati in otto ovali dipinti a buon fresco. E' il risultato a cui è giunto il lavoro, appena concluso, di restauro conservativo nell'ex convento di Sant'Antonino, in pieno centro a Varese. Un complesso fatto edificare "forzatamente" da Carlo Borromeo nella seconda metà del 500' […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":14331,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[16,51],"tags":[],"yoast_head":"\n
<\/strong>L'intervento architettonico<\/strong> – I lavori per il recupero funzionale e utilitario degli spazi interni sono stati autorizzati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio<\/strong> e seguiti dal funzionario di zona, l'architetto Giuseppe Stolfi<\/strong>: "L'intervento – spiega – è stato mirato al massimo mantenimento della materia esistente, vale a dire il recupero e la valorizzazione degli otto affreschi ovali".
L'architetto Luciano Marè<\/strong> conosce bene questo luogo dove ha curato i lavori degli spazi interni. "All'epoca dell'esecuzione degli affreschi – illustra – la sala era uno spazio unico con tre volte, i successivi interventi ottocenteschi adottarono la scelta di suddividere il locale in tre stanze con setti murari a sostegno della volta centrale e sovramessi a parte dei due affreschi laterali che erano coperti dallo scialbo".
Nella prima stanza venne fatta una finta volta 'a cannette' sottostante l'originale muraria, che è stata rimossa creando, tra l'altro, aperture laterali nei setti murari. Obiettivo principale: la rimessa in luce del salone originario per facilitare una lettura unitaria degli affreschi recuperati.<\/p>\n