{"id":14914,"date":"2008-05-06T10:30:33","date_gmt":"2008-05-06T10:30:33","guid":{"rendered":""},"modified":"2008-05-10T01:10:01","modified_gmt":"2008-05-10T01:10:01","slug":"san-vittore-l-altare-della-discordia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/san-vittore-l-altare-della-discordia\/","title":{"rendered":"San Vittore, l’altare della discordia"},"content":{"rendered":"
Il transetto conteso<\/strong> – Dovevano essere due le opere, per la gloria di San Vittore; la Basilica è diventata invece l'epicentro della discordia. La festa per il patrono scivola su una discussione che poco ha a che fare con l'arte così come con l'occasione. Due organizzazioni che si sovrappongono, per trascuratezza? con malizia? e conflagrano proprio davanti all'altare mamoreo; con il prevosto, Don Gilberto<\/strong>, che se la prende, l'assessore che cerca un chiarimento, i due organizzatori che non se le mandano a dire e in mezzo i due artisti, che si conoscono – compaesani, di Induno, vedi il caso – a non saper che pesci pigliare. <\/p>\n Progetto a due teste<\/strong> – Un progetto che parte da lontano; dalla società B-Link di Chicco Rossi<\/strong>, ma partorito da una collaboratrice della società, Silvia Larizza<\/strong>. Un progetto di coinvolgimento tra artisti varesini e esercizi commerciali. L'idea incontra la disponibilità della Pro Loco locale, che investe nel disegno parte dei suoi artisti, snaturando in parte l'idea originaria. Datore e collaboratrice, per motivi che non merita qui approfondire, si separano. Da quel momento, il progetto va avanti su due piani diversi e incomunicanti. Da una parte Larizza, a questo punto per conto dell'Associazione L&G Arte<\/strong>, fondata con Francesco Giordano, persegue la sua idea focalizzata su una performance di Jessica Cappellari<\/strong>, pensata prima all'esterno e poi all'interno <\/p>\n della Basilica. Chicco Rossi, dal canto suo, si fa carico del piano originario, mette insieme una squadra di pittori e scultori e, ciliegina sulla torta, chiama Giorgio Vicentini<\/strong>, come testimonial illustre. I due artisti muovono, senza saperlo, verso un unico punto, lo stesso momento, stesso luogo.<\/p>\n Mezzogiorno di fuoco<\/strong> – Inevitabile, la resa dei conti. Il mezzogiorno di fuoco all'inizio di settimana. Vicentini colloca le sue 12 colonne in plexiglass là dove era sicuro di doverle collocare, a sinistra dell'altare maggiore. L'indomani anche Jessica Cappellari arriva per allestire la sua opera, che ha recentemente vinto il Premio Giovanni Paolo II di Pompei; anch'essa ispirata all'idea della colonna. Anche lei dove era certa di doverle porre. Due opere non simili, ma nemmeno troppo lontane, non possono convivere, nello stesso spazio. Ma soprattutto chi ha diritto a quello spazio? della collocazione ecclesiastica non ritiene di aver voce in capitolo. Don Gilberto pare invece sia abbastanza alterato. A suo modo ha cercato una soluzione di compromesso. O entrambe le opere, o nessuna. La Basilica di San Vittore Il transetto conteso – Dovevano essere due le opere, per la gloria di San Vittore; la Basilica è diventata invece l'epicentro della discordia. La festa per il patrono scivola su una discussione che poco ha a che fare con l'arte così come con l'occasione. Due organizzazioni che si sovrappongono, per […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":14915,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[15,51],"tags":[],"yoast_head":"\n
<\/strong>Il garbuglio <\/strong>– Qui le versioni di questa vicenda paradossale si ingarbugliano: entrambe le parti pretendono di avere in tasca il benestare del Comune e gli accordi stretti con il prevosto di San Vittore. L'assessore Salvatore Giordano<\/strong>, chiamato in causa nella vicenda, ricorda una lettera di sostegno nel dicembre scorso al primo embrione del progetto, ma nel merito <\/p>\n
Fuori l'arte dal tempio<\/strong> – Gli artisti a questo punto. Totalmente ignari, crediamo, di queste vicende pregresse e senza nessuna acredine reciproca – per quale motivo, poi? – si trovano in palpabile imbarazzo a doversi disputare uno spicchio di transetto. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse impegno serio dietro, legittime aspirazioni e un lavoro assunto con serietà. Al termine di due gionate convulse, sotto la minaccia di azioni legali, la decisione di Don Gilberto. Fuori l'arte dal tempio. E non se ne parli più. Ma il lieto fine era lì a portata di mano. E ad un passo dallo sgombero e dallo strappo, la decisione finale, di compromesso che fa pari e patta, ma probabilmente non soddisfa nessuno: sotto la Gloria di San Vittore del Ghisolfi, entrambe le opere, per il buon nome di Varese, come due pecorelle smarrite. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"