{"id":17027,"date":"2008-12-23T04:35:00","date_gmt":"2008-12-23T04:35:00","guid":{"rendered":""},"modified":"2009-01-02T05:44:03","modified_gmt":"2009-01-02T05:44:03","slug":"io-opera-d-arte-vivente","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/io-opera-d-arte-vivente\/","title":{"rendered":"Io, opera d’arte vivente"},"content":{"rendered":"
Custodi alternativi –<\/strong> "Ooooooooooooooh, this is so contemporary! Contemporary! Contemporary!" Forse, a qualche appassionato d'arte, questa frase ricorderà una canzone, precisamente, il motivetto che accoglieva gli spettatori dell'ultima Biennale di Venezia, all'interno del padiglione tedesco. A cantare, allora, non erano cantanti, attori o un semplice registratore ma, sorprendentemente, i custodi della sala! Il mix di stupore e allegria che invadeva chiunque entrasse nel padiglione è probabilmente stato lo stesso provato anche da chi ha potuto visitare la mostra dell'artista tedesco Tino Sehgal<\/strong> a Villa Reale, a Milano, dall' 11 novembre fino al 14 dicembre. Tra i capolavori della collezione di Villa Reale, infatti, tra le meravigliose cere di Medardo Rosso, le tele di Pellizza da Volpedo e di Gaetano Previati, quelli che all'apparenza sembravano dei normali custodi si animavano, improvvisamente, appena lo spettatore varcava la soglia di ogni sala lasciando il pubblico attonito, a volte imbarazzato, più spesso divertito: chi con canti inneggianti alla contemporaneità dell'arte, chi con vicendevoli effusioni d'amore e accenni di streptease oppure con discorsi critici e teorici, tutti gli apparentemente normali custodi diventavano, in realtà, le opere di Tino Sehgal, nel momento in cui interagivano col pubblico, condividendo emozioni, idee, attraverso gesti, musica, danza e parole. Prima personale in Italia –<\/strong> Quella a Villa Reale è stata la prima personale italiana dedicata al grande artista tedesco. A invitare Tino Sehgal è stata la Fondazione Trussardi<\/strong> con il curatore Massimiliano Gioni<\/strong> che ha chiesto all'artista di mettere in scena una selezione delle sue sculture viventi. Tra queste, l'opera This is critique<\/em>, 2008<\/em>, era incarnata da un gallaratese, Matteo Donati<\/strong>, che spiega in quest'intervista la sua esperienza particolare di custode alternativo.<\/p>\n Qual era il suo ruolo, o meglio, la sua parte, all'interno dell'opera di Tino Sehgal a Villa Reale?<\/strong> È stato scelto dall'artista stesso per prendere parte all'opera?<\/strong> È orgoglioso di essere diventato parte integrante di un'opera d'arte di Tino Sehgal?<\/strong> Qual è la sua opinione su quest'opera sui generis?<\/strong> Una curiosità: ha avuto l'onore di conoscere direttamente l'artista? <\/strong> <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Tino Sehgal Custodi alternativi – "Ooooooooooooooh, this is so contemporary! Contemporary! Contemporary!" Forse, a qualche appassionato d'arte, questa frase ricorderà una canzone, precisamente, il motivetto che accoglieva gli spettatori dell'ultima Biennale di Venezia, all'interno del padiglione tedesco. A cantare, allora, non erano cantanti, attori o un semplice registratore ma, sorprendentemente, i custodi della sala! Il […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":17028,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[38,230],"tags":[],"yoast_head":"\n
L'artista tedesco, classe 1976, interpreta infatti l'arte come qualcosa che diventa tale solo nel momento in cui entra in relazione con qualcuno, rimanendo altrimenti intangibile e irriconoscibile, nascosta magari proprio sotto le vesti di una persona che indossa una divisa. Un'arte dunque, priva di oggetti che la rappresentino e quindi immateriale, un'arte fatta di relazioni, in cui il pubblico ha un ruolo essenziale, diventando parte integrante dell'opera.<\/p>\n
"Nell'impianto generale di otto lavori presenti e animati attraverso delle situazioni comportamentali, la mia parte era This is critique, 2008<\/em>. Vestito da guardia comunale della galleria d'Arte Moderna di Milano intrattenevo il pubblico sui fattori di criticità che l'opera di Tino Sehgal propone. Spesso la discussione 'situazione' verteva sul rapporto che vi è oggi tra la tecnologia della comunicazione come i media e la semplice e spesso non considerata capacità discorsiva e conversativa della comunicazione orale tra le persone. Da questo semplice aspetto si passava volentieri al tema dell'immaterialità, considerato dallo stesso artista come il target portante di tutta la sua opera, e quindi dell'assenza degli oggetti presenti in mostra, da considerarsi, anche e non solo, come potenziale ecologico di una non produzione di rifiuti".<\/p>\n
con Tino Sehgal<\/span><\/div>\n
"Si! Vi sono state delle selezioni allargate a diversi soggetti e, a seconda di come ci si comportava e di cosa si diceva sul piano critico, si riusciva a passare i vari step".
Come è venuto a conoscenza di questa originale idea dell'artista?<\/strong>
"Attraverso una ex alunna di Liceo che lavorando, ora, per la Fondazione Nicola Trussardi, che ha organizzato la mostra, ha avuto modo di contattarmi".<\/p>\n
"Questo è l'errore più frequente che capita di incontrare: io non sono un'opera di Tino, io ho fatto l'opera di Tino Sehgal. Ora non lo sono più. Ora sono semplicemente la persona che sono sempre stato. Se io fossi l'opera, obbligherei ancora una volta il visitatore a relazionarsi secondo il classico retaggio che vi è tra oggetto – soggetto, mentre l'intento di Tino è quello di creare delle 'situazioni' in cui anche il pubblico diventa parte attiva e fondamentale al farsi dell'opera. Questa è la parte più divertente.<\/p>\n
"Ho, allo stato attuale, molte idee che mi frullano per la testa, ma nessuna che sia degna di nota e importanza. Sicuramente la radicalità dell'opera di Tino Sehgal è, e probabilmente sarà, importante per il futuro delle generazioni di artisti giovani che si stanno formando. Spero solo, per Tino e tutto il suo staff di persone preparate e simpatiche, che il loro lavoro non diventi una gabbia troppo stretta e vincolante, costringendoli a lavorare per tutta la vita su questo aspetto dell'arte contemporanea. Un aspetto indubbiamente importante, ma sicuramente non l'unico".<\/p>\n
"Certo, fa parte del gioco essere istruiti direttamente dall'artista".<\/p>\n