{"id":19776,"date":"2009-11-09T03:17:59","date_gmt":"2009-11-09T03:17:59","guid":{"rendered":""},"modified":"2009-11-09T04:37:10","modified_gmt":"2009-11-09T04:37:10","slug":"chiude-il-2009-e-varese-scommette-tutto-sul-caravaggio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/chiude-il-2009-e-varese-scommette-tutto-sul-caravaggio\/","title":{"rendered":"Chiude il 2009 e Varese scommette tutto sul Caravaggio"},"content":{"rendered":"
<\/p>\n Roma, Varese – andata e ritorno –<\/strong> Tanto per cominciare fughiamo ogni dubbio, giacché questa mostra, anche per l'altisonante e celebre nome che porta con sé, ha generato – involontariamente – non pochi qui pro quo<\/em>. Le due tele accolte a Varese provengono da Roma: l'una da Carpineto Romano (<\/strong>ma oggi in deposito presso la Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini),<\/strong> l'altra dalla chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini.<\/strong> Se qualcuno intendesse vedere il capolavoro di Cremona, con il medesimo soggetto ma di differente impostazione figurativa, dovrà recarsi presso il Museo Civico "Ala Ponzone", dove la straordinaria opera rientrerà da Caldarola (in provincia di Macerata) solo dopo la conclusione dell'esposizione "Le Stanze del Cardinale" (15 novembre).<\/p>\n In grande stile –<\/strong> Ma torniamo nella nostra Varese. In una partecipata quanto attesa conferenza stampa, la mostra ha visto il suo taglio del nastro al Castello di Masnago. "La rassegna è stata resa possibile grazie al supporto degli sponsor – ha dichiarato un emozionato ed evidentemente orgoglioso Attilio Fontana, sindaco di Varese <\/strong>-. L'esposizione è importante per un duplice motivo: oltre al valore culturale e didattico grazie al quale i visitatori vengono introdotti alle tematiche del restauro e delle tecniche di indagine adoperate in sede di discussione attributiva, di notevole valore risulta anche la collaborazione che si è instaurata tra pubblico e privato". Dunque una mostra, è stato spiegato ai giornalisti, che ha avuto l'o.k. definitivo nelle ultime settimane e che esula dalla programmazione triennale stilata dall'équipe del settore Cultura e Promozione del Territorio in quel del marzo scorso. <\/p>\n A casa sua – <\/strong>"L'operazione – ha sottolineato il ministro <\/p>\n Roberto Maroni<\/strong> – ha valenza nazionale e, mi sento di aggiungere, internazionale, destando molte curiosità anche all'anteprima a Roma dello scorso ottobre. Il nostro obiettivo come Ministero, dove non ci occupiamo solo di clandestinità e di sicurezza, è di poter avviare una serie di iniziative che valorizzino le opere e le strutture del Fondo Edifici di Culto<\/strong> che ha quale rappresentante giuridico proprio il Ministro dell'Interno. Questa, spero sia solo la prima di una serie di iniziative, anche per Varese. Si tratta della prima occasione nella quale due opere d'arte così importanti del Fondo Edifici di Culto vengono esposte fuori Roma". Le aspettative volano alte: come termine di confronto si porta l'esposizione del Saulo Odescalchi che a Palazzo Marino ha attirato qualcosa come 90.000 presenze in pochi giorni. "La scelta di Varese – sorride Maroni – è del tutto casuale. Il nome della città è stato estratto a sorte…". Ma la mostra, è stato aggiunto, approderà anche in altre città lombarde <\/strong>e, secondo un comunicato stampa del MiBAC, anche all'Expo di Shanghai 2010, <\/strong>portando per la prima volta Caravaggio in Cina.<\/p>\n <\/p>\n Quel punto interrogativo <\/strong>– Sorridiamo bonariamente anche noi ripensando all'articolo di Luigi Zanzi<\/strong> apparso in occasione dell'esposizione del Sacrificio di Isacco<\/em>, meno di un anno e mezzo fa. Allora si suggeriva un titolo meno altisonante per l'iniziativa (che, lo ricordiamo, era "Luci di Lombardia. Un Caravaggio a Varese"), proponendo "un titolo pregnante di tutti i dubbi critici pendenti e provocatore di ulteriore dibattito di approfondimento. Forse sarebbe bastato – proseguiva Zanzi – il titolo: "Caravaggio? Proposte per un dibattito". Orbene il tanto agognato punto interrogativo è arrivato. Speriamo arrivi anche il dibattito di approfondimento. Ideata da Ruggero Dimiccoli<\/strong>, l'esposizione di Masnago, infatti, è impostata con taglio didattico ed illustra con materiali multimediali, fotografie e testi, le differenze stilistiche tra i dipinti; la biografia delle tele; le tecniche di indagine e di restauro; le modalità e gli strumenti che gli esperti utilizzano per l'attribuzione dell'autenticità delle opere. Nei prossimi giorni, inoltre, nelle sale del Castello, allievi delle scuole di restauro mostreranno al pubblico dal vivo le tecniche solitamente utilizzate, in sede di consolidamento e di ripristino pittorico, per smascherare copie, originali o repliche.<\/p>\n Un po' di storia, please –<\/strong> Ma veniamo alle opere in mostra a Masnago. Stesso supporto (olio su tela), misure praticamente identiche, medesimo soggetto iconografico: San Francesco in meditazione, vestito di un povero saio. Le due opere sembrano identiche, eppure ad uno sguardo più attento le differenze si notano: alcune sfumature, il taglio della luce e il trattamento del panneggio differenziano i due quadri, forse distanti anche sotto l'aspetto della paternità artistica. Secondo la restauratrice e studiosa Rossella Vodret<\/strong>, infatti, solo una tela appartiene al grande maestro della luce, mentre l'altra rientrerebbe nella cerchia dei cosiddetti autori "caravaggeschi". Altri autorevoli studiosi, tuttavia, sostengono tesi diverse, con motivazioni scientifiche altrettanto fondate. <\/p>\n Quel che ci sta dietro –<\/strong> Tutto ha inizio nel 1968: la <\/p>\n studiosa Luisa Brugnoli<\/strong> ritrova, anonimamente affissa a una parete della chiesa di San Pietro a Carpineto Romano, una tela di altissima qualità e rappresentante il poverello di Assisi in preghiera. Trattandosi evidentemente di un capolavoro, il nome che venne proposto scosse gli animi: è un Caravaggio! Subito si levarono autorevoli voci concordi, così come non mancarono esperti storici che confutarono l'attribuzione. La Brugnoli aveva ritenuto che il dipinto si dovesse datare attorno al 1606, all'epoca della rocambolesca fuga di Caravaggio dalla città di Roma. In molti sposarono questa tesi, tra cui Maurizio Calvesi, Alessandro Zuccari e Rossella Vodret<\/strong> che ha recentemente restaurato le tele, traendone un copioso studio che chi fosse interessato troverà facilmente anche su Internet. Tuttavia, sono in molti a sostenere che il Santo in preghiera raffigurato nella tela di Carpineto sia una derivazione di anonimo autore dalla tela di medesimo soggetto conservata a Roma nella chiesa cappuccina di S. Maria della Concezione e che gli stessi studiosi considerano l'originale caravaggesco. Esistendo già alcune copie non autografe tratte dal capolavoro romano, anche la tela di Carpineto, sebbene di eccellente qualità, si assommerebbe a queste. Ma come per molte altre opere di Caravaggio, il dibattito attributivo rimane ancora sostanzialmente aperto.