{"id":21855,"date":"2010-06-15T12:09:46","date_gmt":"2010-06-15T12:09:46","guid":{"rendered":""},"modified":"2010-06-18T08:04:48","modified_gmt":"2010-06-18T08:04:48","slug":"il-sole-di-pomodoro-illumina-varese","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/il-sole-di-pomodoro-illumina-varese\/","title":{"rendered":"Il sole di Pomodoro illumina Varese"},"content":{"rendered":"
Uno scultore a strati<\/strong> – In apertura di catalogo il titolo 'Presenze modificanti'<\/strong> viene estrapolato da Flaminio Gualdoni<\/strong> dal manifesto Contro lo stile<\/em>, datato settembre 1957 e nel quale giovani artisti come Arman, Baj Hundertwasser, Klein, Manzoni, Saura e i due fratelli Pomodoro dichiarano la necessità di esserci, di dare un peso reale alle opere d'arte. Giò Pomodoro<\/strong> ha poco più di vent'anni quando con la famiglia si trasferisce a Milano, dove per dieci anni collabora, e per qualche tempo condivide lo studio, con il fratello Arnaldo.<\/strong> Il testo di Gualdoni muove proprio da questi primissimi anni milanesi: "Sono – scrive il critico in merito ai fratelli Pomodoro – di quella stagione interpreti eccellenti, soprattutto in quel loro sapere e poter toccare la forma minima, per infinite sottigliezze, ma a partire da un pensiero comunque architettante, da un'intuizione totalizzante e univoca dello spazio". Una lettura della figura dell'artista in continuo mutamento, tracciata da Gualdoni a grandi tappe che ne tracciano il profilo di uomo e di scultore di fama internazionale.<\/p>\n Première Biennale de Paris<\/strong> – Nel '59 Giò Pomodoro partecipa a questa importante rassegna, presentando al pubblico creazioni che vanno ad anticipare Superfici in tensione<\/em> di qualche anno più tardi, in quegli anni Sessanta segnati da sperimentazioni anche di materiali: poliestere colorato, porcellana. Gualdoni traccia un profilo dell'artista spaziando dalla risposta della critica alla descrizione lineare delle opere che saranno in mostra, fino a coinvolgere molti aspetti biografici dello stesso artista. Forzando e tendendo le superfici entra in gioco il ruolo della luce che si misura con la materia sottile e malleabile.<\/p>\n Parole d'ordine: decostruire<\/strong> – "Quello della lavorazione della pietra è un universo dove i gesti e le azioni che si compiono sono fedeli ad un antico codice scarno e archetipo, feriale e dimesso, dove il rito, anche se grandioso in alcuni casi, come quello delle 'varate' di cava, nel momento della estrazione e calata a valle di bancate di pietra dal peso di migliaia di tonnellate, è austero, non fastoso, ma mitico […] Ma fra la polvere e le schegge qui domina l'idea e la necessità del 'colpo' deciso ed esatto, della precisione e dell'attenzione estrema, perché il maestro scalpellino sa e deve insegnare che ‘il peso della pietra non dorme mai' ", scriveva Pomodoro. Gli anni '70 segnano l'inizio della lavorazione di materiali come la pietra e il marmo, ricorda Gualdoni, e il conseguente differente approccio al lavoro. Ma anche la dimensione spaziale subisce modifiche e ripensamenti, affondando le nuove ricerche nell'archetipo della forma: "Sviluppo naturale è l'espansione della riflessione di Pomodoro sino a ripensare complessivamente il luogo architettante, formalmente delucidato, della scultura come ambito appropriato di vita vissuta, patria dell'abitare della comunità che riempie di tensioni vitali lo spazio vuoto intorno al menhir. Non spazio altro, dunque, ma spazio storico definito e condiviso: non monumento come memoriale di una diversità eccellente, ma come habitus spaziale di vita della comunità", scrive Flaminio Gualdoni.<\/p>\n Teatro del sole<\/strong> – I due capolavori che Pomodoro ha lasciato più vicini alla nostra città, Spirale '82<\/em> all'aeroporto di Malpensa e il Parco pubblico di Taino<\/em>, sono stati posti sotto i riflettori in due scritti specifici firmati dallo stesso Pomodoro. La prima opera è stata realizzata, pensando specificatamente al ruolo di segno del viaggio aereo, tra partenze e arrivi. Una scultura d'uso pubblico in cui la pietra di Trani e il marmo dialogano al cospetto del sole dando a questo uno scenario in cui essere attore, "rigorosamente orientato secondo le quattro direzioni astronomiche, sul piano orizzontale, più quella dello zenit celeste, sulla verticale", precisa lo scultore. <\/p>\n Della grande opera sulle sponde del Lago Maggiore<\/strong> che ha impegnato Pomodoro per dieci anni<\/strong>, lo stesso dichiarava: "L'idea portante è stata quella di realizzare un parco pubblico inteso come area urbana di compensazione, di riflessione, di sosta e di contemplazione, area panoramica verde compresa fra il paese dei vivi e quello dei morti. C'è uno scendere e un salire, un andare e un ritornare che accade oggi nel parco, che funziona come legame concreto fra ciò che è trascorso e quel che si prepara, in una dimensione tutta quotidiana, che si rinnova nella quiete, fra il verde e le pietre e fra le vaste distese boschive delle colline che – a est e a sud – circondano il paese".<\/p>\n Le presenze di sempre<\/strong> – 'Lettera a Giò'<\/strong> è lo scritto riportato in catalogo firmato da Guido Ballo<\/strong>, amico e compagno di strada di Giò Pomodoro fin dai primi anni '60. Scultori a Villa Recalcati<\/em><\/strong> si apre con un grande maestro contemporaneo dell'arte internazionale. La pubblicazione permette di entrare appieno nella maestosità della sua opera e al contempo nella semplicità del suo mondo partendo dallo studio milanese documentato nel catalogo dalle fotografie di Giorgio Lotti, accanto a quelle di Erio Forli e Paolo Vandrasch. Dettaglio invito alla mostra Uno scultore a strati – In apertura di catalogo il titolo 'Presenze modificanti' viene estrapolato da Flaminio Gualdoni dal manifesto Contro lo stile, datato settembre 1957 e nel quale giovani artisti come Arman, Baj Hundertwasser, Klein, Manzoni, Saura e i due fratelli Pomodoro dichiarano la necessità di esserci, di dare un peso reale […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":21856,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[65,14,51],"tags":[],"yoast_head":"\n
(foto Giorgio Lotti)<\/span><\/div>\n
Il progetto di comunicazione per questo, come per i successivi eventi espositivi dedicati a Giancarlo Sangregorio, Vittorio Tavernari, Carlo Zauli e Nino Cassani, sono a cura di Sara Frattini<\/strong>.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"