{"id":22015,"date":"2010-07-01T16:43:18","date_gmt":"2010-07-01T16:43:18","guid":{"rendered":""},"modified":"2010-07-02T08:08:12","modified_gmt":"2010-07-02T08:08:12","slug":"i-paesaggi-e-il-cielo-di-lombardia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/i-paesaggi-e-il-cielo-di-lombardia\/","title":{"rendered":"I paesaggi e “il cielo di Lombardia”"},"content":{"rendered":"
Chiudono fra non molto, ma si fa ancora in tempo a vederle (fino alla metà di luglio) – e ne vale veramente la pena – due mostre, diverse fra loro per impostazione e per scelte, ma entrambe cariche di impulsi e di fascino nei risultati. Una é vicina, nel Serrone della Villa Reale di Monza<\/strong> preceduto da un prato tutto coperto di rose; l'altra in una località sempre di richiamo per chi ama lo chic, i gran premi e l'atmosfera, ormai però quasi del tutto dissolta, della Belle Époque: il principato di Monaco<\/strong>.<\/p>\n Dunque la prima, che si intitola Il paesaggio dell'Ottocento a Villa Reale. Le raccolte dei Musei lombardi tra neoclassicismo e simbolismo.<\/em> <\/strong>É a cura di Ferdinando Mazzocca e illustra in un ben articolato percorso l'ancora intatto "Bel Paese di Lombardia" (<\/strong>ma non solo, le vedute spaziano per l'Europa), dove "si dividono i colli, e s'apre all'occhio un'interminabile pianura", come scrisse Foscolo nelle "Ultime lettere di Jacopo Ortis". Scontato ritrovare in questa rassegna alcuni nomi: Massimo d'Azeglio e il Piccio, Fontanesi, Mosè Bianchi e Gignous fino a Grubicy, Segantini e Previati. Merito dei curatori l'aver recuperato invece nel vasto e troppo spesso sconosciuto patrimonio dei musei dell'Ottocento lombardo altre figure che seppero riproporre la bellezza della natura con profondo rispetto e sicura abilità. É il caso di Marco Gozzi<\/strong>, bergamasco di San Giovanni Bianco, che illustrò "dal vero" in tele commissionate da Eugenio di Beauharnais località della <\/p>\n Lombardia o amene per secolare integrità ambientale o già toccate dall'intervento dell'uomo che per pubblica utilità doveva modificare il paesaggio (Il ponte di Cassano<\/em>, Il ponte di Crevola)<\/em>. <\/p>\n Più avanti nell'Ottocento, ecco Emilio Praga<\/strong>, certo più noto come poeta scapigliato, ma anche pittore di apprezzabile sensibilità da ammirare nella quieta, ampia visione delle Rive del Ticino<\/em>, e poi Carlo Mancini<\/strong>, di aristocratica famiglia, autore anche di una Brughiera di Gallarate<\/em>, che colpisce in mostra per certi paesaggi della Scozia di forte temperamento e di mutevole fenomenologia. Giorgio Belloni<\/strong>, attivo a cavallo dei <\/strong>due secoli, preferirà riproporre invece visioni di poesia e di pace colte fra campi lavorati di fresco e "ville sparse e biancheggianti sul pendio", a voler citare Manzoni. <\/p>\n Una tela da Sturm und Drang<\/em> con una Scena di pescatori in un porto<\/em>, opera di Francesco Fidanza, allievo del Vernet e anch'egli autore di tele per il principe Beauharnais, in questo caso però illustranti i porti del Regno Italico, conclude una pregevole rassegna, La pittura eloquente<\/strong>, che trae il titolo dai versi di Giovan Battista Marino ("O miracol de l'Arte\/Il silenzio é loquace\/la pittura eloquente, e parla, e tace"). L'ha voluta nella sua Maison d'art<\/strong> di Monaco Marietta Vinci Corsini, chiamando a raccolta studiosi di primo piano dell'arte italiana che hanno illustrato con scientifico rigore le ventisei opere in mostra. Si parte da un prezioso fondo oro raffigurante San Giacomo Maggiore<\/em> e si arriva ad un terso Paesaggio invernale<\/em> che aspetta la neve, del settecentesco <\/p>\n Francesco Foschi, nobile marchigiano, ma ben considerato a Roma da collezionisti d'alto rango; in mezzo opere di qualità veramente alta fra cui svetta il Cristo coronato di spine<\/em> del Veronese.<\/strong> <\/p>\n Ben documentato il Seicento: accenti caravaggeschi traspaiono dal Ritratto di fidanzamento di una fanciulla<\/em> di Antiveduto Gramatica (pezzo di gran bravura la canestra d'uva e fichi), dalla Santa Margherita di Antiochia <\/em>del lombardo Giuseppe Vermiglio<\/strong> e dal San Simone apostolo <\/em>di Ribera<\/strong>, più volte replicato, e, ancora, dal Cristo nell'orto <\/em>di Mattia Preti<\/strong>, animato ormai da un fremito tutto barocco.<\/p>\n Belle anche le opere, fra Sei e Settecento, della scuola veneta: una tela "tenebrosa" con Le tentazioni di Sant'Antonio Abate <\/em>di Sebastiano Ricci <\/strong>ed un'altra raffigurante Davide e Betsabea <\/em>di Giambattista Pittoni, <\/strong>intrisa di calda sensualità. Un piacere rivedere poi, di Bernardo Strozzi<\/strong>, La giardiniera<\/em>, già a Campione d'Italia<\/strong> nella collezione di Silvano Lodi: qui, più della figura della donna relegata sulla destra, conta la bellezza sontuosa della natura morta con quell'incontenibile trionfo di fiori nel vaso prezioso e lucente di decori, fra ortaggi e ancora fiori, tutti turgidi di forme e brillanti di colori.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Emilio Praga, Rive del Ticino Chiudono fra non molto, ma si fa ancora in tempo a vederle (fino alla metà di luglio) – e ne vale veramente la pena – due mostre, diverse fra loro per impostazione e per scelte, ma entrambe cariche di impulsi e di fascino nei risultati. Una é vicina, nel Serrone […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":22016,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[42,64,15],"tags":[],"yoast_head":"\n
Giuseppe Vermiglio<\/span><\/div>\n