{"id":22433,"date":"2010-09-02T05:48:52","date_gmt":"2010-09-02T05:48:52","guid":{"rendered":""},"modified":"2010-09-03T07:50:56","modified_gmt":"2010-09-03T07:50:56","slug":"la-mia-storia-d-amore-con-beckett","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-mia-storia-d-amore-con-beckett\/","title":{"rendered":"La mia storia d’amore con Beckett"},"content":{"rendered":"
In classe, qualche anno fa –<\/strong> "Perchè invece di leggere per ben due volte il Solitario Passero<\/em> del Leopardi, la prima al Ginnasio e la seconda al Liceo (melius abundare<\/em>, no?), non ci fanno leggere la poesia Haiku?". Domande adolescenziali, destinate, per definizione, a restare senza risposta. Eppure gli antichi componimenti poetici giapponesi, sintesi icastiche di pensiero e di immagine, suggeriscono mille e una suggestione, un incanto poetico, ammaliante ed incorrotto. Fino al 10 settembre<\/strong> l'artista Margherita Lazzati<\/strong>, dopo il successo di critica e di pubblico ottenuto con "Reflex on the Road", sceglie di misurarsi con le immagini fotografiche, con quelle dei writers e con la poesia di ascendenza orientale. "La mia storia con Samuel Beckett a Portobello"<\/strong>, questo il titolo della mostra che vede esposte trenta immagini a colori montate su alluminio, scelte tra una serie di 65 fotografie raccolte nell'arco di quattro anni, e che racconta la storia di un murale, realizzato dal celebre writer Alex Martinez a Portobello. <\/p>\n E il poeta e drammaturgo irlandese, <\/strong>Premio Nobel, pare sussurrare dalla screpolata superficie del muro inglese<\/strong>: "Io sono Beckett. Un muro mi accoglie. Ora attendo. <\/p>\n \/Ora dal muro orma implacabile. Un'altra storia."<\/p>\n Rughe d'espressione –<\/strong> Margherita non si risparmia e di quel muro dice tutto, lo scandaglia centimetro per centimetro, solcando le rughe profonde dell'autore di En attendant Godot – Waiting for Godot<\/em>. Il dipinto, e il suo "invecchiamento" a seguito del progressivo ed ineludibile degrado dell'intonaco del muro, è diventato una presenza simbolica del quartiere londinese. In mostra, ogni fotografia della Lazzati è accompagnata da una didascalia sotto forma di poesia Haiku (nella classica forma della terzina) composta da Anna Ferrante<\/strong>, poetessa ed autrice del romanzo "Senza", Premio Gronchi per la narrativa 2009. <\/p>\n I numerosi scatti<\/strong>, ripresi nell'alternarsi delle stagioni, a diverse ore del giorno, danno vita, oltre che alla mostra, ad un libro con testi di Anna Ferrante, Gabriele Micciché, <\/p>\n Alessandro Mininno e Mario Perazzi. L'esposizione è aperta nella sede milanese di ready-made, studio editoriale da sempre interessato alle realtà artistiche giovanili underground, nata nella metropoli lombarda nel 1989 e da allora attiva anche nel campo dell'editoria realizzando cataloghi d'arte e architettura, guide turistiche, manuali di cucina, medicina, viaggi, storia e argomenti di attualità e cultura.<\/p>\n Gli scatti della Lazzati<\/strong>, privi di postproduzione, raccontano del suo folgorante incontro con Samuel Beckett, immortalato su un muro di Londra, all'incrocio con Portobello Road. E così quello di Londra pare assomigliare al muro della East Side Gallery di Berlino, dove la storia si racconta e si fa immagine sulla materia in disfacimento, in un declino mille e mille volte ricoperto da nuovi strati di colore. Libera di tornare a rivederlo, Margherita ha atteso che la luce del giorno declinasse nel colore vivo ed inusuale di un londinese tramonto estivo, lasciando quel volto solitario chiuso nel suo silenzio di tenebra. "Non è soltanto la solitudine di Beckett a sorprendere Margherita : è l'indifferenza degli altri, tutti presi dalle loro faccende, concentrati su loro stessi, a muoverle dentro un moto d'affetto, un sentimento di dispiacere autentico. (…) E così Margherita scatta le istantanee di quel dipinto sul muro che si sgretola piano piano, metafora dell'esistenza che si spegne gradualmente passando dalla giovinezza all'età adulta e alla vecchiaia, una stagione gracile e indifesa, considerata inutile e superflua, disattesa e disprezzata come spesso è la vecchiaia di tanti. Quel volto che si disfa è poi profanato ancora da altri segni scuri che vogliono prenderne il posto e si arrende ad essere sfondo di improbabili telefonate di comparse sguaiate. Infine, con gli ultimi scatti, Margherita stigmatizza che quel volto è diventato muro, pietrificato, cancellato, annientato, forse pronto per nuove generazioni di segni". Così Anna Ferrante ha descritto un'esperienza dalla difficile definizione, a metà strada tra ricordo sentimentale, arte, stage dello Shakespeare's Globe Theatre ed effimere opere dei moderni writers.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Portobello, London, il muro con il murales In classe, qualche anno fa – "Perchè invece di leggere per ben due volte il Solitario Passero del Leopardi, la prima al Ginnasio e la seconda al Liceo (melius abundare, no?), non ci fanno leggere la poesia Haiku?". Domande adolescenziali, destinate, per definizione, a restare senza risposta. Eppure […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":22434,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[12,45,64],"tags":[],"yoast_head":"\n