{"id":23262,"date":"2010-11-29T04:07:39","date_gmt":"2010-11-29T04:07:39","guid":{"rendered":""},"modified":"2010-12-06T09:16:43","modified_gmt":"2010-12-06T09:16:43","slug":"cultura-si-mangia-o-no","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/cultura-si-mangia-o-no\/","title":{"rendered":"Cultura, si mangia o no?"},"content":{"rendered":"
Domande cruciali, imbarazzanti, talvolta retoriche.<\/strong> In questo periodo, la cultura, tra un crollo, un taglio e una serrata, se la passa davvero brutta. E sorge spontaneo il quesito: con la cultura si mangia o no? Problemi di fondi e di investimenti, certo, di mancanza di relazioni con altri settori, di compartimenti stagni entro i quali l'universo culturale se ne sta barricato.<\/strong> Ma quelle che restano nell'ombra totale sono, a nostro avviso, le risorse professionali, gli specializzati del mondo dei beni culturali, l'esercito dei lavoratori che spende le proprie energie quotidiane intorno al patrimonio storico-artistico. Forse non si mangia con la cultura anche perchè manca una tassonomia aggiornata sulle professioni culturali<\/strong>, una carta d'identità degli impieghi, più o meno sommersi e più o meno riconosciuti.<\/p>\n Il dibattito, anche a livello locale, potrebbe muoversi da questa piattaforma:<\/strong> il settore culturale è vittima di luoghi comuni, ipocrita sull'entità dell'offerta culturale, aggressivo nel campo finanziario e ingrato nella considerazione delle risorse professionali, in preda alla confusione tra flessibilità ed arrembaggio, esigenze gestionali e tagli di fondi, edutainment <\/em>e showbiz<\/em>. "Non è un fatto che stupisce, se si considera l'ostinazione con la quale il lavoro nel settore culturale continua ad essere descritto con dovizia di similitudini religiose: la vocazione, l'estasi, l'iniziazione, tutte espressioni che la dicono lunga sulla visione dominante; si capisce bene perchè il lavoro culturale non appaia meritevole di un'analisi scientifica". <\/p>\n Una sintesi illuminante che si trova sfogliando il bel volume di Emilio Cabasino, intitolato: "I mestieri del patrimonio. Professioni e mercato del lavoro nei beni culturali in Italia". <\/strong>Giacchè a furia di autodefinirci operatori della cultura nel tempo libero, volontari ad libitum o sacerdotesse immolate sull'altare della cultura, l'orizzonte della conoscenza e quello della competenza si affossano.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Annibale Carracci, Mangiatore di fagioli Domande cruciali, imbarazzanti, talvolta retoriche. In questo periodo, la cultura, tra un crollo, un taglio e una serrata, se la passa davvero brutta. E sorge spontaneo il quesito: con la cultura si mangia o no? Tuttavia, per l'estensione e la vaghezza che si porta dietro, la domanda sembra quasi esistenziale […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":23263,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[229,42,14],"tags":[],"yoast_head":"\n
Tuttavia, per l'estensione e la vaghezza che si porta dietro, la domanda sembra quasi esistenziale e potenzialmente aperta a tutte le interpretazioni. Più interessante, allora, ci pare la possibilità di circoscriverla e domandare allora: quali sono i mestieri della cultura e con questi si mangia o no?<\/strong> Come vengono trattati attualmente quì da noi i termini "professione", "attività", "mestiere" nel campo culturale? Un possibile bandolo della matassa per riflettere su queste questioni potrebbe essere il paradosso fin troppo noto che riguarda il mondo dell'arte: siamo ricchi come pochi di vestigia e di testimonianze uniche e fondamentali, eppure disattenti rispetto alle profesioni e ai mestieri che dovrebbero averle in cura, farcele capire e trasmetterle, se vorremo e se saremo in grado, ai posteri.<\/p>\n