{"id":23674,"date":"2011-01-27T10:39:05","date_gmt":"2011-01-27T10:39:05","guid":{"rendered":""},"modified":"2011-01-28T04:09:56","modified_gmt":"2011-01-28T04:09:56","slug":"arte-e-medicina-un-possibile-incontro-1","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/arte-e-medicina-un-possibile-incontro-1\/","title":{"rendered":"Arte e Medicina. Un possibile incontro\/1"},"content":{"rendered":"
C'è chi ha avuto il coraggio di scrivere: "La pittura è la pelle seconda e delegata della realtà; ne è l'epidermide trasposta sulla tavola o sulla tela".<\/strong> In qualsiasi punto del globo terracqueo e in molte occasioni nel corso della storia dell'uomo, lo sguardo dei grandi artisti ha penetrato nell'intimo la natura dell'uomo, attingendo al livello più profondo della sua identità. L'artista, che spesso lavora ai confini dell'indicibile, ha sempre illustrato la condizione umana: quella dei malati e delle persone a loro vicine o quella di chi esercita il potere guaritore sulla malattia, che si tratti di sciamano, religioso, barbieri o medici, poco importa.<\/p>\n James Bryce ha scritto: "La medicina è la sola professione che lotta incessantemente per distruggere la ragione della propria esistenza".<\/strong> Eppure, si potrebbe immaginare la vita umana senza malattia o senza morte? Spesso gli artisti si sono aggirati attorno al tema della perdita della salute. E anzi sembra che l'arte e la medicina, due espressioni dell'uomo da sempre esistite, abbiano avuto (e ancora oggi forse abbiano) momenti in comune, come il tentativo di superare la propria finitezza. Si sono misurati con il tema del malato e della sospensione del tempo, Giancarlo Vitali<\/strong> nell'Intubato<\/em> (2002), Marie Michèle Poncet<\/strong> negli appunti del diario personale dove sono descritti i "baroni della medicina" come il primario sotto l'imponenza del quale l'autrice giace schiacciata come il foglio di carta su cui disegna; Edvard Munch<\/strong> nell'Autoritratto tra la pendola e il letto<\/em> (1940-43, Munch-museet di Oslo), dove l'artista si <\/p>\n immagina in piedi, sospeso tra il letto di degenza e lo scoccare del tempo, dovuto al movimento degli ingranaggi della pendola.<\/p>\n Ma lo ha anche fatto uno tra i più grandi pittori d'Europa: Rembrandt<\/strong>, nella Donna malata a letto<\/em> (1635-1642, Musée du Petit Palais di Parigi) dove lo sguardo assente, sospeso appunto, viene sottolineato con leggeri colpi di biacca, quasi un tepore, un vapore venefico che fa assomigliare la protagonista ad una visione, ad un essere inconsistente. Per questi artisti il malato rappresenta una provocazione, un punto interrogativo vivente che si trova nel capovolgimento del naturale corso della vita o nell'impossibilità di controllare la situazione, come ad esempio accade in un reparto di medicina intensiva. Il lavoro dell'artista si può dunque paragonare a quello di una sentinella, di uno scrutatore attento che non seleziona, non censura nulla del mondo che lo circonda.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Edvard Munch, Autoritratto tra la pendola e il letto C'è chi ha avuto il coraggio di scrivere: "La pittura è la pelle seconda e delegata della realtà; ne è l'epidermide trasposta sulla tavola o sulla tela". In qualsiasi punto del globo terracqueo e in molte occasioni nel corso della storia dell'uomo, lo sguardo dei grandi […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":23675,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[42,15],"tags":[],"yoast_head":"\n
diario personale<\/span><\/div>\n