{"id":25016,"date":"2011-08-23T05:50:07","date_gmt":"2011-08-23T05:50:07","guid":{"rendered":""},"modified":"2011-08-26T13:02:52","modified_gmt":"2011-08-26T13:02:52","slug":"tra-fucine-cultura-e-il-maglio-di-ghirla","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/tra-fucine-cultura-e-il-maglio-di-ghirla\/","title":{"rendered":"Tra fucine, cultura e il Maglio di Ghirla"},"content":{"rendered":"
C'è una storia di artigianato, tecnica, lavoro ed economia<\/strong> che nasce nelle valli prealpine e che nei manufatti sopravvissuti vive e si comunica fin dentro al III millennio. Una storia sociale, geografica ed antropologica che rischia di scomparire a causa del crescente scollamento tra territori e genti che quei suoli, un tempo non lontano, vivevano, lavoravano, amavano. Passiamo in prossimità del bivio per Ponte Tresa – Cunardo, al maglio di Ghirla: <\/strong>un dispositivo meccanico che funziona con sistema idraulico, alimentato e reso funzionante dal mulino sul torrente Margorabbia. <\/p>\n La storia del maglio di Ghirla è legata alla figura di Mastro Ludovico Parietti<\/strong> che acquistò il maglio e il mulino, volendo avviare i nipoti all'arte di fabbro. Eravamo nell'ultimo quarto del XVIII secolo, quando si necessitava della lavorazione di attrezzi per la campagna, utili a contadini, allevatori e piccoli artigiani, prima dell'avvento delle macchine mosse dalla forza del vapore o, poco più tardi, da quella dei motori a scoppio. Dopo qualche passaggio di proprietà, il maglio venne ceduto alla famiglia Pavoni,<\/strong> anch'essi con azienda a carattere familiare e specializzati in articoli da maniscalco, ferri agricoli e oggetti forgiati. Lavorando con alterne fortune fino alla metà del Novecento, i Pavoni seppero mantenere alto il livello di un artigianato che fu in grado di offrire prodotti di pregiata fattura. Il Maglio di Ghirla, veduta esterna C'è una storia di artigianato, tecnica, lavoro ed economia che nasce nelle valli prealpine e che nei manufatti sopravvissuti vive e si comunica fin dentro al III millennio. Una storia sociale, geografica ed antropologica che rischia di scomparire a causa del crescente scollamento tra territori e genti che quei […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":25017,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[11,53],"tags":[],"yoast_head":"\n
Da uno scritto del 1997 di Gianalberto Ferrari<\/strong> si apprende come: "Gli antichi mestieri degli abitanti della Provincia di Varese sono citati negli archivi storici del territorio. Alcuni di essi, come il fabbro e il maniscalco, sono tipici della zona varesina. I prodotti che uscivano da queste botteghe erano oggetti di uso quotidiano e merce di scambio con le regioni confinanti: il Milanese e il Comasco. I trasporti, effettuati sempre con carri trainati da buoi e cavalli, che operavano per conto dei fornaciai, dei cavatori di pietra, dei conciatori e delle segherie, garantivano continuità di richieste per la manutenzione delle ruote, dei perni e dei ferri per gli zoccoli degli animali. Tra questi piccoli nuclei artigianali del ferro, degnamente si inseriscono Mastro Ludovico Parietti e la sua famiglia. Da documenti risalenti alla metà del XVIII secolo è possibile seguire l'attività di fabbro svolta dai figli: Francesco (1752), Ambrogio (1761) e Giuseppe Carlo (1763), inizialmente a Marchirolo. In luogo erano conosciuti con il soprannome di ‘smit', dal tedesco ‘schmied', fabbro".
Il Maglio, restaurato in anni a noi vicini, è oggi sede di esposizioni e rassegne culturali.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"