{"id":26278,"date":"2012-02-22T10:09:29","date_gmt":"2012-02-22T10:09:29","guid":{"rendered":""},"modified":"2019-10-28T11:23:06","modified_gmt":"2019-10-28T10:23:06","slug":"la-prospettiva-in-michael-pacher","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-prospettiva-in-michael-pacher\/","title":{"rendered":"La prospettiva in Michael Pacher"},"content":{"rendered":"
di Sergio Pesce<\/strong><\/p>\n Studiando l’arte tirolese del XV secolo, fra tutti i suoi contemporanei, Michael Pacher risulta l’unico di statura autenticamente europea. Dimostra, oltrepassando i suoi conterranei, di rimanere legato alla tradizione tirolese, come mostrano gli incarichi consistenti in altari a portelle, sui quali si impieg\u00f2 come pittore e scultore. Tale sorpasso non lo si deve solo all’accettazione del dolce stile<\/em>, ancora sconosciuto in gran parte della valle, ma anche ad una attenta riflessione pittorica nei confronti della composizione spaziale. Fino ad allora, in Pusteria, artisti come Leonardo da Bressanone e il Maestro di Uttenheim <\/strong>avevano affrontato la terza dimensione utilizzando concetti ancora legati alla sensibilit\u00e0 tardogotica.<\/p>\n L’originalit\u00e0 offerta dall’artista brunicense mostra chiari riferimenti all’arte italica, che egli stesso non pot\u00e9 vedere se non studiando i codici italiani presso il Convento di Novacella oppure entrando direttamente in contatto con le maggiori personalit\u00e0 artistiche del XV secolo, come Donatello, Mantegna e Pizolo.<\/strong> Ora si pu\u00f2 ben capire come l’ipotesi di un viaggio di Pacher proprio a Padova, dove i tre si trovarono alla met\u00e0 del secolo, affascini non poco la critica d’arte (Sergio Pesce, La prospettiva in Michael Pacher<\/em>, Roma 2011). Purtroppo la mancanza di<\/p>\n prove documentarie non ci permette di confermare l’ipotesi. Ci\u00f2 nonostante l’italianit\u00e0 della sua pittura risulta evidente, come ebbe modo di scrivere Panofsky. Egli affermer\u00e0 in tal proposito che: “(…)in Germania, a parte le opere di Michael Pacher che era per met\u00e0 italiano, per tutto il XV secolo pare non esista un solo quadro costruito con rigore(…)<\/em>“(Erwin Panofsky, La prospettiva come forma simbolica,<\/em> Lipsia 1927).<\/p>\n Non si limit\u00f2 quindi ad accettare le forme imposte dal tardogotico allora preminente in tutto il Tirolo meridionale. Anzi, le fuse con il rinnovato clima rinascimentale che egli stesso contribu\u00ec a portare in val Pusteria, creando uno stile geniale e del tutto soggettivo.<\/p>\n La prima data relativa alla vita di Michael Pacher risulta essere il 1457, quando, previo matrimonio con Ottilia, prese la cittadinanza a Brunico e apr\u00ec bottega.<\/strong> Nello stesso anno abbiamo la sua firma sul contratto per la realizzazione della chiave di volta presso la chiesa di Issengo, commissionata da Leonard Nafter, oggi al museo civico di Brunico. Purtroppo non abbiamo dati in merito alla formazione artistica, ma posso presumere che egli, prima del suo possibile viaggio a Padova, abbia avuto modo di vedere le opere dei suoi conterranei. Oltre ai gi\u00e0 citati Leonardo da Bressanone e il Maestro di Uttenheim, ideologicamente distanti dalla dialettica pacheriana, potremo convenire sull’importanza assunta,<\/p>\n dalle opere di Giovanni da Judenburg, che oper\u00f2 nel 1421 a Bolzano, e da quelle del Maestro delle Orsoline presente a Brunico tra il 1430 e il 1435. Inoltre non va dimenticato il poderoso altare di Vipiteno<\/strong> realizzato nelle sue parti scultoree e pittoriche da Hans Multscher nel 1458 che in talune occasioni offr\u00ec a Pacher un vasto repertorio di forme.<\/p>\n Sar\u00e0 il romanticismo a riscoprire l’arte “primitiva” del XV secolo e quindi il tardogotico e l’importanza europea delle sue tavole. Secondo Ewans il primo anello di congiunzione tra l’arte italica e quella tedesca non fu D\u0171rer, ma Pacher. (Mark Ewans, Appropriation and application: the significance of the source of Michael Pacher’s altarpieces,<\/em> in P.Humfrey and Kemp, The altarpieces in the Renaissance, <\/em>Cambridge 1990). Purtroppo il fatto che il maestro espresse le sue innovazioni artistiche in luoghi di poca risonanza politica e culturale, ne spiega la sua breve fortuna critica. Il pensiero corre all’iscrizione sulla tomba di Papa Adriano IV (1522-23): <\/strong>“oh! Quanto importa in qual tempo cada anche l’attivit\u00e0 dell’ottimo fra gli uomini”;<\/em> in questo caso potremo sottolineare anche l’importanza del luogo. Questa mancanza di continuit\u00e0 la si nota anche nell’assenza di seguaci. Gli unici due artisti che in qualche modo cercarono di rifarsi agli insegnamenti del maestro possono essere individuati in Friedrich e Johans Pacher. Il primo propose un “manierismo” tardogotico rifacendosi ai pi\u00f9 diversi modelli, mentre il secondo nonostante fosse il figlio di Michael, non riusc\u00ec a seguire pienamente gli insegnamenti paterni. Tra tutti sar\u00e0 Marx Reichlich a seguire le indicazioni pacheriane,<\/strong> nonostante sembra fosse stato allievo di Friedrich.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" San Lorenzo davanti al Prefetto, \u00d6sterreichische Galerie (partic.) di Sergio Pesce Studiando l’arte tirolese del XV secolo, fra tutti i suoi contemporanei, Michael Pacher risulta l’unico di statura autenticamente europea. 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\nMuseo Joanneum<\/div>\n