{"id":26349,"date":"2012-03-02T04:35:39","date_gmt":"2012-03-02T04:35:39","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-03-02T09:27:07","modified_gmt":"2012-03-02T09:27:07","slug":"le-sculture-ferite-di-franzetti","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/le-sculture-ferite-di-franzetti\/","title":{"rendered":"Le sculture ferite di Franzetti"},"content":{"rendered":"
Figure ferite, lacerate nel profondo <\/strong>– I personaggi plasmati dalle mani di Antonio Franzetti<\/strong> sono uomini e donne che vengono rappresentati non nel loro aspetto esteriore, bensì nella loro più profonda intimità. I tratti anatomici sono infatti soltanto abbozzati, non sono rifiniti, così come le fisionomie dei volti sono perlopiù espressioni d'intensi stati d'animo, e non dei ritratti precisi: la dimensione corporea, in queste sculture, passa in secondo piano, lasciando spazio a qualcosa di più importante, ossia la dimensione spirituale. Ognuna di queste figure è gravemente squarciata dal vizio che rappresenta; così come è pesantemente sfregiato da un taglio anche "Adamo<\/strong>", quasi ad indicare il retaggio antico di queste lacerazioni che si riconducono, in fondo, al primo peccato originale.<\/p>\n Anche l' "Eroe<\/strong>" ne è quindi colpito, tanto quanto lo è il <\/p>\n "Prigioniero<\/strong>" nel suo disperato gesto di stringere le sbarre del carcere che lo intrappola. La divisione e la dissociazione interiore simbolizzata della larga piaga aperta nel petto è perciò presente ovunque, sia in un gaudente personaggio come "La Gioia<\/strong>", sia in una figura esausta e scomposta come "Abbandono<\/strong>"; sia in un solitario "Uomo che legge<\/strong>", sia in un gruppo di amici in "Conversazione<\/strong>", non risparmiando nessuno. Oltre alle sue opere scultoree, in questa mostra allestita presso il Museo Flaminio Bertoni di Varese<\/strong> sono presenti anche alcuni disegni e bozzetti preparatori<\/strong> realizzati dall'artista, che ritraggono principalmente figure femminili<\/strong> in varie pose. Antonio Franzetti
L'artista ha voluto mettere a nudo l'anima dell'uomo<\/strong>, il suo "io" interiore e più nascosto: le sue sculture non pongono enfasi tanto sul corpo, quanto piuttosto sullo spirito.<\/p>\n
<\/strong>L'occhio dell'artista non si è fermato alla superficie esteriore, ma con uno sguardo introspettivo e penetrante ha voluto spingersi verso l'abisso interiore che è presente in ogni uomo, un abisso che lo segna, lo taglia, lo lacera.
Le sue figure sono infatti segnate da un taglio<\/strong> che, correndo verticalmente lungo tutto il petto fino alla vita, le divide e le spacca. Questa drammatica lacerazione interiore<\/strong>, simbolo dei travagli intimi che scuotono ogni essere umano, può essere assunta come un'espressione metaforica del peccato<\/strong>, che segna e ferisce l'uomo.
Emblematiche sono dunque le statue dedicate ai vizi capitali<\/strong>: il vizio della "Gola<\/strong>", ad esempio, è rappresentato come un uomo proteso ad ingurgitare dell'uva; o "Ira<\/strong>", che mostra la tragica scena del primo omicidio compiuto per mano di Caino contro suo fratello Abele; "Lussuria<\/strong>", con una donna stesa su un telo in una posizione lasciva; "Superbia<\/strong>", con un altero personaggio che si atteggia a re sopra ad una sedia sordidamente drappeggiata come fosse una sorta di trono; ed "Ignavia<\/strong>", con un uomo dall'aria apatica che ha una mano legata e immobilizzata da un pesante sacco.<\/p>\n
Eppure questo elemento tragico tracciato con forza nelle carni di ciascun personaggio non impedisce di guardare ad una sua possibile riemarginazione, una sua ricomposizione, come sembra suggerire l'opera intitolata "Speranza<\/strong>".<\/p>\n
La mostra, inaugurata sabato 25 febbraio e aperta fino al 18 marzo, è stata curata da Fabrizia Buzio Negri<\/strong>, con la collaborazione di Renata Castelli<\/strong>, Alberto Bertoni<\/strong> e Pierluigi Baj.
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Antonio Franzetti<\/strong>, nato a Gemonio nel 1942, ha frequentato il Liceo Artistico di Brera, ed è stato allievo di Giovanni Paganin<\/strong> ed Enzo Vicentini<\/strong>. Ha poi proseguito i suoi studi presso l'Accademia delle Belle Arti di Brera, sotto la guida di Marino Marini<\/strong>, diplomandosi nel 1965. Alla fine degli anni ottanta incontra lo scultore Floriano Bodini<\/strong>, e tra i due s'instaura una profonda amicizia, tanto che all'inizio degli anni novanta, in qualità di Sindaco di Gemonio, è tra i fondatori del Museo Civico Floriano Bodini<\/strong> del quale, per diversi anni, è Presidente.
Attualmente vive a Varese e lavora a Gemonio.
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<\/strong>"Scultura come lacerante narrazione"
<\/strong>Dal 25 febbraio al 18 marzo 2012
Varese, Museo Flaminio Bertoni, via Valverde 2
Orari: giovedì, sabato e domenica, dalle 14.30 alle 18.30
Info: tel. 0332252515 – museo@flaminiobertoni.it<\/u>
http:\/\/www.flaminiobertoni.it\/<\/u>
cell. 3391838129 – antonio.franzetti@alice.it<\/u>
http:\/\/www.antoniofranzetti.it\/
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