{"id":26782,"date":"2012-04-27T06:37:41","date_gmt":"2012-04-27T06:37:41","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-04-27T09:18:47","modified_gmt":"2012-04-27T09:18:47","slug":"il-gioco-serio-dell-arte","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/il-gioco-serio-dell-arte\/","title":{"rendered":"Il gioco serio dell’Arte"},"content":{"rendered":"
Sul tavolo libri si accumulano su libri in attesa di essere letti o consultati prima di trovar posto sugli scaffali. Due, nonostante il disordine, riescono a stare sempre accanto, pur essendo diversi non solo di formato, ma anche, e soprattutto, di contenuto. Eppure un legame sottile c'é: tutti e due rimandano a Varese e son lì a documentare la varietà e la vivacità di interessi dei suoi concittadini. É un piacere aprirli e sfogliarli: belli da vedere, stimolanti per le proposte. Avvincente davvero, pur nella complessità, la vicenda delle "stanghe"<\/strong> pali prossimi alla riva e alla terra, che anticamente delimitavano e tutelavano le proprietà e i diritti di pesca. Liti infinite coinvolgevano signori d'alto rango, intere comunità, padroni della riva, fittavoli che sulla pesca di grossi e prelibati persici e sul loro commercio traevano guadagni non meno che dalla coltivazione della campagna che stringeva le sponde. Da un mondo arcaico all'attualità pulsante e non proprio per qualcosa da vedere o ricordare nel Varesotto, bensì per la presenza di alcuni varesini nell'avventura della quale, da incompetente, accennerò. Ad aprire il coloratissimo volume Arte e videogames. Neoludica 2011-1966<\/strong><\/em> <\/strong>pubblicato da Skira in occasione delle mostre di Venezia e di Mestre, collaterali alla LIV Biennale, si incontrano infatti nomi consueti a chi si occupa di arte contemporanea nel nostro territorio. In primis <\/em>Debora Ferrari<\/strong>, ideatrice e curatrice di questo evento che arditamente legava il mondo dei videogames a quello dell'arte. La cultura del videogioco col suo linguaggio vitale sta bene in esso né, d'altra parte, l'incalzante progresso tecnologico può esimersi dall'affrontare il problema estetico. <\/p>\n Certo vi sono perplessità da parte di tanti, ma così è stato per tutte le avanguardie che hanno provocato, ai loro esordi e non solo, incredulità, scandali, polemiche feroci anche se poi esse sono state giustificate e accettate. Chi mai, poi, avrebbe pensato all'inizio del secolo scorso che il cinematografo sarebbe diventato arte? Oggi chi potrebbe metterlo in dubbio? Ecco, la sfida di Debora Ferrari e dei suoi partners é questa: fare dei videogames, vale a dire di quei procedimenti multimediali interattivi di cui sanno tutto i nostri figli e nipoti, una forma d'arte che, superate le consuete tecniche, apra verso orizzonti nuovi. "Noi vogliamo cambiare il passato", scrive la Ferrari: sembra quasi di leggere il Manifesto dei Futuristi e noi auguriamo anche al gruppo di Neoludica<\/strong> di crescere nelle convinzioni e nelle ricerche e di avere altrettanta fortuna. Ricorre sovente nei testi sul volume l'affermazione di Marcel Duchamp: "L'arte é un gioco e i giochi sono arte". <\/strong>Si può <\/strong>adottarla certo anche per i videogames.<\/p>\n Per concludere ci pare bello leggere nel sottotitolo la disposizione delle date, che non sa di retrospettiva: prima il 2011, l' oggi; poi, per far intendere che non si é proprio agli inizi, giù giù fino all'ormai lontano 1966 quando Miltos Manetas, un artista greco di stanza a Milano, realizzò i primi "after videogames". Da lì é stato tutto un andare avanti: giocando o smettendo di giocare?<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La bellezza del paesaggio nelle zone prealpine Sul tavolo libri si accumulano su libri in attesa di essere letti o consultati prima di trovar posto sugli scaffali. Due, nonostante il disordine, riescono a stare sempre accanto, pur essendo diversi non solo di formato, ma anche, e soprattutto, di contenuto. Eppure un legame sottile c'é: tutti […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":26783,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[39,40,14],"tags":[],"yoast_head":"\n
Lago "di Varese": una storia "sott'acqua". I signori delle stanghe<\/strong><\/em> <\/strong>é il titolo del primo libro, una interessantissima sorpresa di cui dobbiamo esser grati ad Amerigo Giorgetti<\/strong>. É un libro di storia, non quella inutilmente agiografica che scrive il segretario comunale o l'impiegato di banca andato in pensione, ma quella appassionatamente ricostruita grazie alla ricerca e allo studio, sempre documenti alla mano. Atti notarili, grida, stati d'anime, memoriali, tutti sono passati al vaglio per offrire uno spaccato di vita sulle rive dei laghi<\/strong> prealpini<\/strong> nei secoli trascorsi<\/strong>, una vita puntigliosamente fervida anche perché dal lago e dalle campagne che dolcemente declinavano in esso veniva se non il benessere almeno da nutrirsi. Gli studi di Giorgetti indagano ed esaltano questo mondo ormai definitivamente tramontato e da noi mai nemmeno immaginato. Non si può restare insensibili leggendo queste pagine che hanno, come annota Luigi Zanzi nell'introduzione, "un sapore misto di inchiostro e di acqua di lago, di carte e canneti, di parole e attrezzi per pescare, di scritti…e di varietà di pesce, di tradizione e di paesaggio".<\/p>\n
Tutto di questa attiva civiltà é finito ora; resta solo la silente poesia dei piccoli laghi prealpini evocata con struggente incanto dalle fotografie di Paolo Zanzi e Roberto Caielli<\/strong> messe lì ad illustrare il bel volume (assolutamente da non perdere per i "laghisti") di Amerigo Giorgetti, volume cui ha prestato gran cura la casa editrice Compositori di Bologna. <\/p>\n