{"id":26986,"date":"2012-05-28T11:24:58","date_gmt":"2012-05-28T11:24:58","guid":{"rendered":""},"modified":"2019-10-28T11:28:29","modified_gmt":"2019-10-28T10:28:29","slug":"alessandro-vittoria-co","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/alessandro-vittoria-co\/","title":{"rendered":"Alessandro Vittoria & Co."},"content":{"rendered":"
Nel corso dell’importante carriera dello scultore Alessandro Vittoria non possiamo non notare una fase di apparente irrigidimento classicistico nella scultura raffigurante Cristo, del 1578, un tempo facente parte del monumento funerario del vescovo Domenico Bollani a Brescia. Oggi conservato nel museo civico della citt\u00e0.<\/p>\n
Vittoria, trentino di nascita ma veneziano di adozione, all’inizio degli anni ottanta del Cinquecento, e quindi poco dopo la realizzazione dell’opera sopra enunciata compiva la sua svolta creativa che lo port\u00f2 ad essere un artista protobarocco. Evidentemente i segni di tale mutamento erano gi\u00e0 presenti nel kunstwollen<\/em> (volont\u00e0 artistica) dell’autore ma come possiamo chiaramente vedere, completamente assenti nel Cristo di Brescia. Proprio quest’opera mi consente di introdurre il rapporto dei collaboratori nel lavoro del maestro, mettendo il luce le dinamiche sulla vita di bottega che Vittoria “respir\u00f2”,<\/strong> prima come apprendista in quella di Sansovino e poi nella propria come maestro sempre a Venezia.<\/p>\n La decisione si stanziarsi nella citt\u00e0 lagunare avvenne nel 1569 quando lo scultore acquist\u00f2 due case in calle della piet\u00e0, andate distrutte durante il XIX secolo. Lo studio doveva essere di ridotte dimensioni ma ben illuminato, visto che lo stesso Alessandro decise di aggiungere due finestre. Il soprannome di “magazeni” dato alle due stanze laterali indica la grandezza dei vani, che<\/p>\n dovevano ospitare i modelli a grandezza naturale. La bottega si trovava in zona strategica a due passi da san Marco e Rialto, dove risiedevano mercanti e patrizi che formavano la committenza prediletta da Vittoria. Le calli (vie) che circondavano la casa permettevano inoltre un facile accesso ai tre principali canali navigabili; il Canal Grande, il rio della piet\u00e0 e quello dei greci. Questa peculiarit\u00e0 permise certamente il contenimento dei costi del trasporto.<\/p>\n Come era usanza per gli scultori del tempo anche Alessandro prediligeva il disegno quale segno distintivo dell’idea e da cui tutto deriva.<\/strong> Il compito di schizzare il soggetto da scolpire spettava quindi al maestro. Su queste indicazioni veniva realizzata l’anima di filo metallico sulla quale trovava forma il bozzetto in cera, successivamente ripolpato in argilla e messo in forno per stabilizzarne la forma. A questo punto l’assistente, grazie all’utilizzo del compasso (talvolta di grandi dimensioni) creava il modello a piena grandezza in gesso o in argilla. Finito questo secondo modello, venivano prese nuovamente le misure sempre con l’utilizzo di compassi e trasferite sul blocco dal quale poi si scolpiva la figura. Anche questo passaggio era responsabilit\u00e0 dell’assistente, ma certamente il maestro poteva intervenire quanto lo riteneva opportuno. Sappiamo con certezza che lo scultore trentino teneva molto ai suoi bozzetti di terracotta o gesso. La storia dell’arte ci consegna infatti un suo ritratto, firmato da Paolo Veronese, con in mano il bozzetto del san Sebastiano di Montefeltro.<\/strong><\/p>\n Il Commissaria <\/em>Vittoria ci permette di capire quali altre figure professionali si impegnassero negli ultimi stadi<\/p>\n della produzione della scultura.<\/p>\n Alla base della bottega, vissuta in senso sociale\/famigliare si trovavano i garzoni, solitamente i meno capaci e quindi impegnati nei lavori pi\u00f9 umili. Sappiamo che tra il 1555 e il 1591 Vittoria ne assunse dieci. Ad un gradino superiore trovavano posto gli allievi. Questi venivano nutriti e vestiti dal maestro e per questo motivo non percepivano paga. Tra i pi\u00f9 importanti emergono certamente Andrea dell’Aquila e Altobello<\/strong>. Gli assistenti invece erano lavoratori finiti e per questo potevano prestare la loro opera a chiamata. Il loro impiego era quindi legato essenzialmente al singolo progetto. Lo “squadrador” era colui che creava il contorno della figura sul blocco finale. In seguito la figura veniva lavorata da Vittoria con ceselli e trapani sempre pi\u00f9 sottili per perfezionare i lineamenti. L’ultima fase, quella della pulitura veniva lasciata all’assistente. Normalmente nella sua bottega vi era un solo apprendista e un assistente per progetto. Solo tra gli anni settanta e ottanta del Cinquecento arriv\u00f2 a chiamare due allievi.<\/p>\n Sappiamo anche che all’occorrenza il maestro ricorse a operai di giornata. Naturalmente l’intervento di Alessandro Vittoria variava da commissione a commissione a secondi di vari fattori. Dopo questo breve affondo sulle dinamiche della sua bottega possiamo convenire che vi era un ragionato gruppo di lavoro. Per quanto riguarda il busto di Cristo, oggi al museo civico di Brescia, sappiamo che Vittoria si fece assistere da Giovanni Vicentin e dal “squadrador” Antonio Gazino(Commissaria <\/em>Vittoria).<\/strong> Il primo ricevette quattordici Lire Tron per diciannove giorni di lavoro, mentre il secondo fu liquidato il 2 dicembre del 1578 con cinque Lire Tron per aver prestato due giorni di servizio.<\/p>\n La scelta di Vittoria di legarsi ad un modello classicistico per il Cristo di Brescia indica la sua precisa volont\u00e0 di cimentarsi in quell’atteggiamento che non sar\u00e0 pi\u00f9 suo da l\u00ec a poco. La responsabilit\u00e0 del risultato scultoreo, dopo ci\u00f2 che si \u00e8 scritto, non potr\u00e0 certo ricadere sull’assistente ne tanto meno sul “squadrador” che certamente seguirono le linee programmatiche del maestro. La firma di Alessandro Vittoria denota sempre il suo sigillo di approvazione, e questo fa del Cristo Bottai un’opera dalla valenza storica rilevante in quanto ultima testimonianza di un artista che dopo poco guard\u00f2 verso altre direzioni.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" \u00a0\u00a0\u00a0\u00a0 di Sergio Pesce La scultura del Cristo Nel corso dell’importante carriera dello scultore Alessandro Vittoria non possiamo non notare una fase di apparente irrigidimento classicistico nella scultura raffigurante Cristo, del 1578, un tempo facente parte del monumento funerario del vescovo Domenico Bollani a Brescia. Oggi conservato nel museo civico della citt\u00e0. Vittoria, trentino di […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":26987,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[40,17],"tags":[],"yoast_head":"\n
\nLa rigidit\u00e0 ottenuta pu\u00f2 esser spiegata con il coinvolgimento eccessivo di assistenti, seppur di grande prestigio.<\/p>\n
\nIn questo caso l’ossatura usata era il legno, sul quale venivano legate la paglia e stoppa, per dare una buona tenuta all’argilla. Quest’ultima, affinch\u00e9 non si asciugasse in maniera troppo veloce, veniva mischiata con la farina tostata.<\/p>\n