{"id":27014,"date":"2012-05-31T16:33:32","date_gmt":"2012-05-31T16:33:32","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-06-01T08:13:42","modified_gmt":"2012-06-01T08:13:42","slug":"sfogliando-lart","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/sfogliando-lart\/","title":{"rendered":"Sfogliando Lart"},"content":{"rendered":"
"Questo quinto numero di Lart si presenta, in tempi di crisi conclamata, con una sobria veste grafica, ma è, come sempre, espressione di variegata umanità, di visioni del mondo diverse e magari anche distanti tra loro. Tutti gli articoli scelti ci sono sembrati ugualmente interessanti e stimolanti (…) Un fil rouge accomuna molti articoli: è la riscoperta di un senso etico più profondo, di un risveglio di consapevolezza, che si traduce in un atteggiamento responsabile nei confronti del mondo, in una nuova esigenza di riuso, di recupero, di solidarietà, che trova un corrispettivo simbolico nel più antico dei materiali, il legno, umile ma solido". Un editoriale, quello firmato da Gabriella Galfrascoli che suona come una vera e propria dichiarazione di intenti. <\/strong>E come una constatazione dell'attuale contingenza, fattasi negativa tanto in campo economico quanto sociale e culturale.<\/p>\n Ma in questi flutti non certo favorevoli, il quinto numero della Rivista non solo si presenta in perfetta coerenza con i precedenti, ma comunica un senso di crescita e di miglioramento.<\/strong> Un trend positivo<\/em> direbbero "i masticatori" di spread, euribor e tassi. Ma la rivista, divisa in sette sezioni, è davvero costellata di testi critici e descrittivi che spaziano dall'architettura alla fotografia, sempre con la doppia lente local <\/em>e global<\/em> che mette a fuoco una serie sterminata di casi, autori, problematiche contemporanee.<\/p>\n Nella prima sezione, intitolata "Il mondo degli artisti", <\/strong>segnaliamo la ricostruzione di Giuseppe Pacciarotti dedicata ad alcune raccolte d'arte di imprenditori di Busto e il testo di Graziano Cattini dedicato agli insegnanti che hanno fatto grande il Candiani. Alle pagine due e quattro, è la volta di due pittori: Vittore Frattini e Giorgio Imbonati. Largo spazio è dato ai giovani ma non per inerzia giovanilistica, quanto per volontà di dare voce ai ragazzi che dimostrano voglia di fare, studiare e imparare e che, usciti da pochi anni dal Liceo, hanno intrapreso la strada della fotografia, del design, dell'architettura. <\/strong>L'aspetto progettuale domina nella terza e quarta sezione; da sottolineare, anche nell'impeccabile veste grafica di presentazione, la tesi nata dal laboratorio di Guido Canella, dedicata al Centro culturale islamico a Milano, definito "architettura per la convivenza". <\/strong>Ne parla, alle pagine 41-46, Margherita Mezzetti. <\/p>\n "Il sentiero della Linea Cadorna", "Il sentiero dell'agricoltura" e "Il sentiero del contrabbando" sono i tre nodi della tesi di Federico Colombo, Monica Lavazza e Mara Volontè che esplora il paesaggio delle fortificazioni in Valceresio.<\/p>\n Ancora all'architettura sono dedicate le pagine firmate da Guido Morpurgo, dedicate al Memoriale della Shoah di Milano, in via di costruzione. <\/strong>Il progetto coinvolge non un museo costruito ex novo, bensì un reperto: una porzione della Stazione Centrale di Milano che tra la fine del 1943 e l'estate del 1944 è stata utilizzata anche per la deportazione di ebrei, per la maggior parte italiani, verso i campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau e Bergen Belsen.<\/p>\n Uno degli aspetti più significativi della rivista è che pur nella libertà e vastità di sentieri e di racconti proposti al pubblico, si intravvede una linea sotterranea di continuità, di regia editoriale, di attenzione a contenuti tanto culturali quanto storico-antropologici.<\/strong> Insomma di richiamo alla responsabilità dell'arte e dunque della vita.<\/p>\n Nella quinta sezione, "Click sul territorio", si susseguono una serie di "incontri ravvicinati" degni di nota; sono quelli con Rimes ed Elis Ferracini: artisti coi burattini; con Giuseppe Merlini, noto collezionista di capolavori di Guttuso, Morlotti, Modigliani, Morandi e tanti altri; con il decano della pittura locale Aldo Alberti; con lo spazio ThQU di Brenta in Valcuvia, con il Museo Zucchi Collection, con il Distretto Rurale, recentemente protagonista di un bellissimo progetto al Chiostro di Voltorre.<\/p>\n Da non perdere anche le pagine critiche dedicate all'Arte Povera ma anche quelle che raccontano il metraggio Waste Land<\/em> che grazie all'occhio attento di Lucy Walker, mostra il viaggio di un artista brasiliano nella più grande discarica di Rio de Janeiro. La copertina dell'ultimo numero della rivista del Liceo Candiani di Busto Arsizio "Questo quinto numero di Lart si presenta, in tempi di crisi conclamata, con una sobria veste grafica, ma è, come sempre, espressione di variegata umanità, di visioni del mondo diverse e magari anche distanti tra loro. Tutti gli articoli scelti ci sono sembrati […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":27015,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[37,13],"tags":[],"yoast_head":"\n
La grafica sarà certo sobria, ma sicuramente anche ricercata e curata. Quanto ai contenuti, qui c'è da fare invidia alle più rodate riviste di settore: spiccano un'intervista a Robert Gligorov<\/strong> a firma di Graziano Cattini, e un affondo dedicato alla decorazione di Santa Maria di Piazza curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa<\/strong>, solo per citare i primi due che ho letto. <\/p>\n
Il racconto diretto è l'autostrada privilegiata della rivista: dominano le interviste, la presa diretta sul luogo da descrivere e comunicare, la ricerca sul campo. <\/strong>"I mestieri dell'arte" è il titolo della sezione seconda: qui troviamo, con grande piacere, "le gesta" e il prosieguo artistico di due ex allievi del Candiani che avevamo incontrato in una memorabile mostra alla Fondazione Bandera: Antonio Managò e Simone Zecubi, ovvero J&PEG. <\/strong>La loro realizzazione fotografico-pittorica rappresenta la fase finale di un processo che li vede impegnati in una vera e propria performance, durante la quale essi stessi, coadiuvati o meno da altri attori, impersonano i soggetti dei loro lavori. Le figure, emergenti da un fondo nero, si presentano come identità in cammino. <\/p>\n
Le immagini, così come le parole del racconto, sono densissime. Il lavoro si conclude con due frasi: la prima dal Vangelo di Matteo (Beati i miti che erediterano la terra); la seconda dal Corano (I servi giusti erediteranno la terra).
Perfetta e armonica risonanza.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"