{"id":27080,"date":"2012-06-11T14:40:16","date_gmt":"2012-06-11T14:40:16","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-06-15T08:50:54","modified_gmt":"2012-06-15T08:50:54","slug":"che-cosa-fa-la-differenza","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/che-cosa-fa-la-differenza\/","title":{"rendered":"Che cosa fa la differenza"},"content":{"rendered":"
Chissà se è tutta colpa dello storico giochino "Trova la differenza<\/em>" che si vede ogni tanto a fianco dei cruciverba o dei rebus. O se l'occhio dell'uomo moderno è veramente "programmato" per concentrarsi sulle discordanze, sugli ammanchi, sulle divergenze.<\/p>\n Com'è o come non è, a catturare maggiormente l'attenzione dello sguardo sono la frattura, la discrepanza, la differenza, appunto. E se fosse solo un'illusione? E se l'occhio più attento, più acuto e perspicace fosse in realtà quello in grado di apprezzare e di cogliere la vicinanza, la concordanza?<\/strong><\/p>\n Non l'identità, allora, ma l'affinità, o l'accordo se preferite il frasario musicale. L'occhio sensibile e rigoroso è dunque quello capace di accarezzare le pieghe, le superfici della realtà, scovandone i punti in comune, le tangenze, le corrispondenze, le conformità. Sempre a caccia di intese e di reciprocità (come l'orco affamato di Marc Bloch) lo sguardo umano, più che sulle tracce delle differenze, può andare in cerca di connessioni, relazioni, comunanze. giudizio.<\/strong><\/p>\n Sono certa che la mostra in corso al Chiostro di Voltorre non sia nata con lo scopo di mettere sul tavolo una riflessione sul tema della vicinanza e della concordanza. Ma, forse, queste considerazioni si sono andate ad aggiungere in corso d'opera, come un motivo di ricchezza ulteriore. I punti in comune, le tangenze e le corrispondenze sono quelle che si vengono a creare negli occhi di chi guarda, <\/strong><\/p>\n nelle orecchie di chi ascolta, nelle mani di chi tocca;<\/strong> di chi è disposto a demitizzare, di chi accetta di essere protagonista senza essere individuo solipsista o autoreferenziale, di chi è disposto a cogliere l'arte innanzitutto come strumento che libera la testa.<\/p>\n Nella mostra allestita fino alla fine del mese al chiostro di Voltorre i piani della vita reale e dell'arte rifluiscono uno nell'altro in una continuità quasi ovvia. E come è giusto che sia.<\/strong> Le opere di Simona e di Felice, calde come corpi umani, mettono in evidenza un senso, un destino, una vicinanza, nella speranza, magari, di recuperare un po' di qualità e di purezza in noi che guardiamo, ascoltiamo e tocchiamo.
E così da polemico, diventa critico, possessore di <\/strong><\/p>\n
E l'affinità e l'accordo non stanno solo nell'iconografia delle sculture di Felice Tagliaferri e dei dipinti di Simona Atzori.<\/strong> Ognuno adopera la materia secondo il proprio lessico, secondo quel singolare dizionario artistico che si impara nello studio e nella fatica quotidiana del mestiere d'artista.<\/p>\n
Vengono a cadere non solo le barriere, le fratture, le discrepanze. Ciò che viene spazzato via sono il chiacchiericcio ultrastanco, i panzer culturali che olezzano di qualunquismo, la visione seriale dell'arte e delle mostre, gestite come prodotto a cottimo da impilare per consumatori da ingolfare.<\/p>\n