{"id":27820,"date":"2012-10-04T09:27:36","date_gmt":"2012-10-04T09:27:36","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-10-04T16:42:53","modified_gmt":"2012-10-04T16:42:53","slug":"i-filosofi-di-emilio-tadini","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/i-filosofi-di-emilio-tadini\/","title":{"rendered":"I filosofi di Emilio Tadini"},"content":{"rendered":"
Suggestionato da alcune particolari immagini<\/strong>, come la figura del filosofo, o dei profughi, o della città, Emilio Tadini le riporta sulla tela come se volesse raccontarle, con uno stile narrativo e lirico. La prestigiosa Fondazione Marconi<\/strong> ha voluto rendere omaggio a questo grande artista e intellettuale, in occasione dei dieci anni dalla scomparsa<\/strong>, allestendo in suo onore una mostra antologica<\/strong> che raccoglie le principali opere del periodo che va dal 1985 al 1997<\/strong>, proponendosi tra l'altro come logico proseguimento di quella precedente, che andava dal 1960 al 1985. Sei dei trittici in mostra sono dedicati al tema del "Ballo dei filosofi<\/strong>": rappresentazione di una decostruzione culturale<\/strong>, con dei personaggi che, immortalati nell'atteggiamento di una contorsionistica danza<\/strong>, tentano di rimettere insieme i pezzi della realtà<\/strong>, pur nella difficoltà di una spazio che li opprime e li costringe a pose innaturali e persino irreali. <\/p>\n Scrive di lui Arturo Carlo Quintavalle<\/strong>: "Tadini ha dipinto con gioia e ironia e questa gioia e ironia, e insieme questa profonda consapevolezza dell'artista come ideologo e creatore di organiche visioni del mondo, ne fanno la figura più rilevante dell'arte della sua generazione in Italia e una delle maggiori in Europa, una figura che è stata finora da molti citata e imitata. (…) Forse il contributo più importante che Emilio Tadini lascia all'arte di oggi è l'idea che si possa ancora, in pittura, costruire un racconto. Non un racconto proposto con immagini della tradizione realista, e neppure un racconto pensato attraverso le memorie, le stratificazioni dell'informale, e neppure un racconto pensato attraverso la dilatazione delle dimensioni, l'analisi materica e il trasferimento di questa sull'opera come nel caso della pop americana. No, Tadini ha proposto un altro tipo di esperienza e una differente sintesi e proprio per questo, per la sua capacità incredibile di mettere insieme una complessa, storica esperienza delle immagini, ma anche delle parole, per la capacità di operare attraverso la musica, che conosce e sperimenta, e insieme per la volontà di porre l'artista come uomo della storia e quindi presente nel dibattito dell'oggi, per tutto questo Tadini ha lasciato e lascia, ben oltre tanti altri pittori del presente e del recente passato, un'impronta importante nell'arte. (…) C'è un'esperienza artistica, un'idea del tempo, della memoria, del racconto (…) che può avere stimolato Tadini, come del resto dice lui stesso: si tratta di Marc Chagall. Lo provano diversi suoi testi e uno dal titolo Fiaba a conclusione del catalogo della mostra al Palazzo Ducale di Urbino: "Scoperta ed esplorata dai romantici […] la fiaba conquista tutta l'arte contemporanea, tutta quella che noi chiamiamo l'avanguardia. Superamento dei limiti della logica normale. Alterazione delle categorie del tempo e dello spazio. Trasformazione continua della stessa struttura <\/p>\n del corpo umano. Tutto questo si dà nella fiaba – così come si dà nella pittura e nella scrittura del cubismo, dell'espressionismo, del futurismo, del dadaismo, del surrealismo. Per fare soltanto qualche esempio, basta ricordare il primo periodo, straordinario, di Chagall. E il Kandinsky tra figurazione e astrazione – ma anche il Kandinsky astratto. Basta ricordare le visioni di de Chirico."<\/p>\n Emilio Tadini<\/strong>, nato a Milano nel 1927, dopo la laurea in lettere si impone fin da subito come uno dei principali protagonisti del dibattito culturale contemporaneo. Poeta, romanziere, saggista e critico d'arte, oltre che artista, tiene una prima personale alla Galleria del Cavallino di Venezia nel 1961. Fin dagli esordi la sua pittura propone una figurazione di ascendenza surreal-metafisica, intrisa di riferimenti letterari e caratterizzata da una raffinata eleganza formale. Dal 1967 espone regolarmente allo Studio Marconi e nel corso degli anni settanta ha numerose personali in Italia e all'estero. Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1978 e nel 1982, allestisce una grande personale alla Rotonda di via Besana nel 1986. La sua produzione si sviluppa per grandi cicli tematici – in questa fase nascono i Profughi e le Città italiane – dove elementi fantastici si fondono alla rappresentazione della condizione umana. Dopo il ciclo Oltremare si dedica alla serie Ballo dei filosofi, esposta da Marconi nel 1996, anno in cui ha una grande antologica itinerante in Germania accompagnata da una monografia di Arturo Carlo Quintavalle. Negli ultimi anni lavora al ciclo delle Fiabe e delle Nature morte. Presidente dell'Accademia di Belle Arti di Brera dal 1997, scrive regolarmente sul "Corriere della Sera". Nel 2001 Palazzo Reale gli dedica un'ampia retrospettiva. Muore nel settembre 2002.<\/p>\n "I profughi, i filosofi, la città, la notte" Una delle opere in mostra Suggestionato da alcune particolari immagini, come la figura del filosofo, o dei profughi, o della città, Emilio Tadini le riporta sulla tela come se volesse raccontarle, con uno stile narrativo e lirico.Come ha scritto lui stesso: "Il foglio di carta è il materiale ideale per sperimentare, per mettere alla prova […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":27821,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[46],"tags":[],"yoast_head":"\n
<\/strong>Come ha scritto lui stesso: "Il foglio di carta è il materiale ideale per sperimentare, per mettere alla prova certe idee, e soprattutto per abbandonarmi alle idee che vengono da sole – o meglio: alle idee che sono il prodotto di associazioni e relazioni che probabilmente hanno avuto luogo, senza che io potessi rendermene conto, in qualche zona semibuia della mia coscienza, e, magari, a grandissima velocità".<\/p>\n
La mostra si concentra su quattro temi<\/strong> particolarmente cari all'artista, ovvero quello della città<\/strong>, della notte<\/strong>, dei profughi<\/strong> e dei filosofi.
<\/strong>Il tema dei profughi lo colpì fin da piccolo<\/strong>, quasi per caso, guardando delle foto sui giornali, come ricorda lui stesso: "Quella del profugo mi sembra una metafora che rappresenta bene la nostra condizione attuale – la condizione della nostra cultura, alta o bassa che sia. Sbarcare, andar via… lasciare la casa delle certezze, delle sicurezze… Può capitare che il profugo si lasci dietro, fra tante altre cose, anche qualche frammento del famoso soggetto. Ma non è certo il caso di farne una tragedia…".<\/p>\n
<\/strong>Opere di Emilio Tadini dal 1985 al 1997
<\/strong>Dal 20 settembre al 31 ottobre 2012
Fondazione Marconi – Studio Marconi '65
Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea
Milano, Via Tadino, 15
Orari: da martedì a sabato, dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.00
Chiuso domenica e lunedì
Ingresso gratuito
Info: Tel. 0229419232 – fax 0229417278
info@fondazionemarconi.org<\/u>
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