{"id":28269,"date":"2012-12-07T12:08:33","date_gmt":"2012-12-07T12:08:33","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-12-11T10:46:21","modified_gmt":"2012-12-11T10:46:21","slug":"programmare-l-arte","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/programmare-l-arte\/","title":{"rendered":"Programmare l\u2019arte"},"content":{"rendered":"
Che cosa significava "programmazione<\/strong>" all'inizio degli anni Sessanta? Significava novità, innovazione tecnologica, sguardo al futuro. Nel 1959 era nato Elea 9003<\/em>, il primo calcolatore elettronico realizzato in Italia dalla Olivetti, azienda protagonista della ricerca più avanzata nel campo dell'automazione. Nello stesso anno nasceva a Milano il Gruppo T, formato da Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi e Grazia Varisco, che, superando l'informale e guardando alla fondamentale lezione di Fontana, si faceva portavoce di un'idea di progettualità (collettiva e anti-individualistica) che aveva le sue radici in alcune ricerche dell'avanguardia internazionale dei primi decenni del Novecento.<\/p>\n Non è dunque un caso che una mostra dedicata all'arte programmata fosse sponsorizzata dalla Olivetti<\/strong> e ospitata nel suo negozio del centro città, spazio <\/p>\n inconsueto e volutamente alternativo rispetto alla galleria e al museo e aperto al passaggio di un pubblico molto più numeroso di quello solitamente presente ai vernissages. Intento degli artisti era infatti quello di diminuire le distanze tra pubblico e opera: lavori cinetici, azionabili o modificabili coinvolgevano lo spettatore in un gioco creativo che metteva in scacco la tradizionale percezione di forme e colori. Alla mostra, organizzata da Bruno Munari<\/strong> e Giorgio Soavi <\/strong>e introdotta da Umberto Eco<\/strong>, erano esposti lavori del Gruppo T<\/strong>, del Gruppo N <\/strong>di Padova oltre che dello stesso Munari, oggi riproposti insieme a documenti e foto d'epoca negli spazi dedicati agli "Archivi del Novecento", come storica premessa alla sala sull'Arte cinetica e programmata che, nel percorso museale, documenta il proseguire delle ricerche in una dimensione ambientale. Programmare l'arte Gabriele De Vecchi Superficie in vibrazione 1959Courtesy Archivio G. De Vecchi Che cosa significava "programmazione" all'inizio degli anni Sessanta? Significava novità, innovazione tecnologica, sguardo al futuro. Nel 1959 era nato Elea 9003, il primo calcolatore elettronico realizzato in Italia dalla Olivetti, azienda protagonista della ricerca più avanzata nel campo dell'automazione. Nello stesso anno nasceva a […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":28270,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[45],"tags":[],"yoast_head":"\n
1962<\/span><\/div>\n
<\/p>\n
Olivetti e le neoavanguardie cinetiche
<\/strong>a cura di Marco Meneguzzo, Enrico Morteo e Alberto Saibene
Milano, Museo del Novecento, Archivi del Novecento
Dal 9 novembre 2012 al 3 marzo 2013
Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30
giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"