{"id":29188,"date":"2013-04-26T04:22:17","date_gmt":"2013-04-26T04:22:17","guid":{"rendered":""},"modified":"2019-10-28T11:44:33","modified_gmt":"2019-10-28T10:44:33","slug":"i-cosmati-custodi-dell-antichit","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/i-cosmati-custodi-dell-antichit\/","title":{"rendered":"I Cosmati: custodi dell’antichit\u00e0"},"content":{"rendered":"
di Sergio Pesce<\/strong><\/p>\n Il rinnovamento degli studi verso l’arte dei Cosmati, avvenuto nel XX secolo, a differenza di quanto si ebbe modo di avvertire per l’arte gotica, fu incentrato sulle personalit\u00e0 di alcuni artisti che ebbero la fierezza di firmare i loro lavori tanto da consegnarci oggi una memoria storica della loro personalit\u00e0. Per comprendere questa loro supposta eredit\u00e0 va esemplificato il loro modus operandi<\/em>. Le loro opere sono dei veri sistemi ornamentali caratterizzati da tasselli di marmi bianchi e colorati, <\/strong>impiegati con pietre come il porfido e il serpentino (quindi molto salde), usati nella decorazione di elementi architettonici e suppellettili di edifici religiosi. Sotto il pontificato di Pasquale II (1099-1116) il loro compito fu quello di adempiere alle loro opere reimpiegando i marmi antichi, e quindi per questo considerati continuatori della cultura classica. Il termine “marmorari romani”, nato proprio sotto questo Papa, andava ad indicare il monopolio di queste botteghe, rispetto alle altre, nel reimpiego dei marmi.<\/p>\n La sigla di Cosmati deriva da una imprecisa interpretazione ottocentesca che leggendo spesso il nome “Cosma” o “Cosmatus”, nei documenti epigrafici, cre\u00f2 il nome Cosmati<\/strong><\/em>, pensando che tutti questi artisti facessero capo ad una sola famiglia (oggi sappiamo che furono almeno sessanta gli artisti impegnati in queste particolari opere). La persistenza con il passato veniva agevolata dalla quantit\u00e0 di rovine, resti di colonne, capitelli, statue, pavimentazioni che in una Roma in cui le aree disabitate erano maggiori rispetto a quelle edificate potevano essere ben colte. Inoltre, la riforma gregoriana, allora in atto, spingeva nel riproporre in chiave classico-cristiana il modello culturale costantiniano, dove il prestigio imperiale e la nuova fede dovevano saldarsi in maniera<\/p>\n significativa. Ecco quindi come le opere che diremo cosmatesche, nate attraverso una manipolazione (in taluni casi) meccanica del reperto antico, divennero funzionali alla riforma stessa.<\/strong><\/p>\n La prima stagione dell’arte cosmatesca pu\u00f2 dirsi compiuta con la basilica superiore di San Clemente. Eretta nel secondo quarto del XII secolo, sulle fondazione di un edificio paleocristiano, mostra un pavimento che rispecchia in maniera puntuale un preciso schema assiale che privilegia un percorso longitudinale,<\/strong> evidenziato da dischi marmorei colorati, bordati da fasce che probabilmente si rifaceva al pavimento della basilica di San Pietro parzialmente rifatto durante il pontificato di Callisto II (1119-1124). La cattedra, pi\u00f9 di ogni altro elemento, segnava il punto culminante di questo percorso longitudinale, tipico della pianta basilicale. A coronamento dello schienale si inseriva un disco, connotandone la santit\u00e0, mentre la struttura arricchita, nei braccioli, di elementi decorativi (come ad esempio dei leoni) ne sanciva il potere.<\/p>\n Nella seconda generazione di artisti si vide affiorare in maniera sempre pi\u00f9 palpabile l’ambizione a competere direttamente con i costruttori. Questa volont\u00e0, garantita da una sicura competenza, fece guadagnare loro maggiori committenze in campo architettonico, alle quali fu sempre associato il repertorio decorativo. Un esempio di questo felice binomio di intenti lo ritroviamo nella basilica di San Paolo fuori le Mura ove si conserva il candelabro pasquale, risalente alla fine del XII secolo.<\/strong> L’opera di Niccol\u00f2 d’Angelo e Pietro Vassalletto recupera in chiave cristiana la colonna coclide romana attingendo a forme della scultura classica impreziosite con episodi della Passione.<\/p>\n Tale maturit\u00e0 rappresent\u00f2 il punto di arrivo dei marmorari romani, prima dell’affermarsi di soluzioni gotiche, introdotte a Roma da Arnolfo di Cambio. Tale mutazione ideologica port\u00f2 la decorazione policroma ad un livello di semplice termine lessicale, che comunque riusc\u00ec a sopravvivere sino al XIV secolo.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Basilica Sup. San Clemente, Roma, partic. pavimento di Sergio Pesce Il rinnovamento degli studi verso l’arte dei Cosmati, avvenuto nel XX secolo, a differenza di quanto si ebbe modo di avvertire per l’arte gotica, fu incentrato sulle personalit\u00e0 di alcuni artisti che ebbero la fierezza di firmare i loro lavori tanto da consegnarci oggi una […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":29189,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[53],"tags":[],"yoast_head":"\n
\nTale consapevolezza inizia a maturare attorno ai primi anni del XII secolo con significativa emancipazione rispetto agli artisti medievali italiani di maggior prestigio che decisero di firmarsi a partire nella seconda met\u00e0 del Duecento, ove la segnatura divenne la prova di una condizione sociale lievemente mutata.
\nUna situazione piuttosto singolare, quella legata alla scelta compiuta dai Cosmati che ancor oggi interroga e al tempo stesso affascina vari studiosi.
\nQuesta atipicit\u00e0 sembra nascere essenzialmente per affermare la propria appartenenza alla cultura classica, quindi ad un mondo antico.<\/strong><\/p>\n
\nSuccessivamente impiegheranno tessere di pasta vitrea e oro producendo variegati motivi legati al disco, alle fasce e ai riquadri come testimoniano anche i loro famosi pavimenti.<\/p>\n
\nPietro Vassalletto,
\ncandelabro pasquale,
\nSan Paolo fuori le Mura<\/div>\n
\nL’etichetta fu poi associata alla connotazione stilistica vista poco fa.
\nQuindi non si sbaglia se consideriamo il termine Cosmati<\/em> come una convenzione per indicare alcune famiglie di marmorari romani attivi a Roma e nel Lazio tra il XII e l’inizio del XIV secolo.<\/strong>
\nAll’interno di queste botteghe, strettamente famigliari, gli strumenti e i modelli venivano trasmessi di padre in figlio, mantenendo consapevolmente un conservatorismo formale basato sulla custodia e continuazione dell’antico attraverso una omogeneit\u00e0 di soluzione.<\/p>\n
\nSan Giovanni in Laterano a Roma<\/div>\n
\nFra il XII e il XIII secolo le opere uscite dalla bottega cosmatesca di Jacopo di Lorenzo e di Vassalletto, grazie alla piena assimilazione dei prototipi antichi, anche nel campo architettonico, rendono ardua la distinzione tra pezzi reimpiegati o semplicemente imitati.<\/p>\n