{"id":30465,"date":"2013-11-28T16:57:24","date_gmt":"2013-11-28T16:57:24","guid":{"rendered":""},"modified":"2013-11-29T09:59:22","modified_gmt":"2013-11-29T09:59:22","slug":"incontro-con-fabrizio-parachini","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/incontro-con-fabrizio-parachini\/","title":{"rendered":"Incontro con Fabrizio Parachini"},"content":{"rendered":"
Un oggetto capace di indirizzare, con la sua sola presenza, l'orizzonte visivo, senza messaggi né simboli; una mediazione radicale; una piccola – talvolta minuscola – tabula picta<\/em> che svela il metodo e i propri elementi costitutivi: colore, forma, contorno. L'arte dice l'essenziale per lo spettatore "vedente" e non passivo. Trittici, Dittici e Unici assumono, sulle pareti, il ruolo di realtà installative e di punti focali entro cui affondare lo sguardo senza perdersi. Le Pagine possono fluttuare, i Dittici brillare di un "oro laico e moderno", sciami di linee percorrono le superfici. I gesti tipici della pittura assumono, in tal modo, valenze rituali, sempre a partire dagli strumenti essenziali: tela, telaio, tavoletta, colore.
Fabrizio Parachini si racconta ad Artevarese. I suoi lavori non possono essere letti nel senso antipittorico. Tutt'altro. I lavori intessono un dialogo serrato con la luce, lo spettatore, lo spazio circostante, rigenerato, misurato e abitato in virtù della pittura stessa.<\/strong><\/p>\n
Così, la pittura finisce per creare un centro d'attenzione, mettendo in gioco, nell'atto stesso del dipingere, le ragioni stesse dell'operare, la riflessione sulla musica, sul tempo e sul rapporto segno-parola.<\/p>\n
La via intrapresa è quella della chiarezza rispetto a quella dell'oscurità, un progetto di riflessione sull'essenzialità, la concentrazione, il tempo, lo spazio e certe cariche simboliche. In fondo, alcuni dei possibili approdi potrebbero essere la consapevolezza che la luce non si posa sul mondo ma lo rivela, fondandolo e la diversa qualità dello sguardo di chi osserva.