{"id":30752,"date":"2014-01-23T17:25:11","date_gmt":"2014-01-23T17:25:11","guid":{"rendered":""},"modified":"2014-01-24T07:29:11","modified_gmt":"2014-01-24T07:29:11","slug":"architettura-e-colore-in-s-abbondio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/architettura-e-colore-in-s-abbondio\/","title":{"rendered":"Architettura e colore in S. Abbondio"},"content":{"rendered":"
La basilica di sant'Abbondio, contraddistinta dagli alti campanili gemelli (uno dei quali di restauro), sorge poco fuori le mura urbiche in posizione appartata rispetto allo sviluppo odierno della città di Como. In età medievale tale collocazione risultava invece strategica, a presidio del tracciato dell'antica via Regina che, costeggiando la sponda occidentale del Lario, metteva in comunicazione Milano con le regioni del nord Europa attraverso i passi alpini. Nel 1010 il vescovo Alberico insediò presso la basilica una comunità di monaci benedettini<\/strong> che raggiunse in breve una posizione di primo piano nell'ambito della diocesi grazie a riconoscimenti dei poteri pubblici ed ecclesiastici e ad un consistente patrimonio. I religiosi avviarono la ricostruzione della basilica<\/strong>: demolita la struttura paleocristiana, la chiesa fu nuovamente edificata in forme romaniche e consacrata da Urbano II nel 1095, ma importanti interventi furono promossi anche nei due secoli successivi, con la costruzione di un atrio porticato a ridosso della facciata e, nel Trecento, con la decorazione pittorica dell'abside. <\/p>\n Attualmente la basilica si presenta come un'imponente struttura, caratterizzata da un profondo coro e campanili gemelli. La facciata<\/strong>, a salienti, è spartita da contrafforti e richiama la divisione interna in cinque navate. Gli unici elementi decorativi sono costituiti dalle cornici di archetti e dal portale di ingresso, sormontato da un arco decorato a intreccio e con figure di colombe e impostato su capitelli zoomorfi. Il fianco meridionale della basilica – l'unico visibile – è scandito da monofore ed è coronato dalla stessa decorazione ad archetti della facciata.<\/p>\n Soprattutto la parete più interna lascia intravvedere segni di una certa ricerca cromatica perseguita dai costruttori: l'alternanza di blocchi di pietra di Moltrasio e di tufo provoca un effetto di bicromia, mentre il cotto colora gli archetti e la cornice di mezzo. Delle due torri, solo quella meridionale è originale: resa slanciata dalla combinazione della doppia monofora sormontata da una trifora su ciascun lato, anch'essa presenta una decorazione ad archetti e l'uso "cromatico" di materiali diversi. Sul fianco del coro e sull'abside una cornice sporgente divide orizzontalmente lo spazio, mentre leggere semicolonne e lesene delineano settori verticali, scanditi da finestre incorniciate con fregi scolpiti ad intreccio e con figure di animali.<\/p>\n Varcato il portale ci si immette nel grande spazio interno della chiesa<\/strong>, che ci accoglie con l'endonartece a doppia volta. La chiesa è suddivisa in cinque navate: quella centrale è scandita da cinque archi a tutto sesto sostenuti da massicci pilastri cilindrici in pietra di Moltrasio con basamento e capitelli cubici di sarizzo; in origine, o nei secoli XII e XIII, essi dovevano essere intonacati e marmorizzati, ma furono uniformati dal Baserga al nudo delle colonne delle navate laterali. Al di là delle navate si apre il profondissimo coro, in origine <\/p>\n destinato ad ospitare le solenni liturgie della comunità monastica. L'abside<\/strong>, innestata sul coro da un arco trionfale, è divisa in cinque bande da quattro semicolonne; le pareti absidali sono decorate con Scene della vita di Cristo<\/em>, mentre nel catino sono raffigurati Cristo benedicente tra la Vergine e San Paolo<\/em>, alla sua destra, e San Giovanni Battista e San Paolo<\/em> alla sua sinistra. Il complesso pittorico è uno dei più integri cicli pittorici del primo Trecento lombardo. La complessità e la ricercatezza teologica del progetto iconografico che guidò la mano del "Maestro di Sant'Abbondio" confermerebbero dunque le ipotesi più accreditate circa il committente degli affreschi, da ricercare in ambienti francescani e verosimilmente identificabile con Leone Lambertenghi<\/strong>, frate dell'ordine dei Minori, vescovo di Como dal 1293 al 1325, promotore di ampie iniziative di fondazione, di ampliamento e di restauro di chiese in città e, forse, parente dell'abate del monastero Benno Lambertenghi. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La basilica di sant'Abbondio, contraddistinta dagli alti campanili gemelli (uno dei quali di restauro), sorge poco fuori le mura urbiche in posizione appartata rispetto allo sviluppo odierno della città di Como. In età medievale tale collocazione risultava invece strategica, a presidio del tracciato dell'antica via Regina che, costeggiando la sponda occidentale del Lario, metteva in […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":30753,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[42],"tags":[],"yoast_head":"\n
La storia dell'edificio è particolarmente complessa, e solo a partire dalle ricerche del XIX secolo è stato possibile far luce sulle sue fasi più antiche. Grazie infatti ai resti murari rinvenuti durante i restauri iniziati nel 1863 da don Serafino Balestra, si è potuto dimostrare che la basilica venne costruita sulle fondamenta di una precedente chiesa di origine paleocristiana<\/strong>: la Basilica Apostolorum. Nel corso del IX secolo la chiesa assunse la dedicazione a sant'Abbondio, che vi era stato sepolto quattro secoli prima; è stato però ormai escluso che essa fosse sede del vescovo di Como, come invece a lungo ritenuto da alcune voci della storiografia locale.<\/p>\n
Sulle pareti della navata sono visibili tracce della decorazione pittorica medievale<\/strong>: risale alla chiesa romanica il fregio sotto le travi del tetto, costituito da palmette su sfondo scuro, accompagnato da fasce rosse, gialle, bianche e nere; sono del Trecento i motivi in blu\/giallo e verde\/rosso bruno scuro che disegnano le finte ghiere degli archi che scandiscono la navata.<\/p>\n
L'attenzione di critici quali Miklos Boskovits, Carla Travi, Alberto Rovi si è generalmente soffermata sulle scene della Vita di Cristo, ma recentemente Andrea Straffi ha proposto una lettura complessiva del ciclo pittorico<\/strong>, mettendo in relazione le scene evangeliche con le altre raffigurazioni. Secondo questa lettura, attraverso la miriade di figure che ornano questa parte della basilica l'anonimo artista sviluppò temi teologici complementari: la rivelazione nell'Antico Testamento (Patriarchi, Profeti, Re d'Israele) e l'attuazione della promessa (Antenati di Cristo e Annunciazione); la realizzazione storica della salvezza cristiana (Natività e Passione) e il compimento glorioso della salvezza cristiana nella Déesis<\/em>; la costituzione della tradizione apostolica (Apostoli ed evangelisti) e la continuità dell'esperienza ecclesiale (i Santi sepolti in basilica e quelli legati alla vita del monastero).<\/p>\n