Si respirava una bella atmosfera, carica di soddisfazione e curiosità<\/strong> al Museo Baroffio. Abituati alla presentazione di restauri di beni artistici più comuni, l'occasione del recupero di un coccodrillo non poteva passare inosservata. <\/div>\n
Da tempo c'era la voglia, il desiderio di rivederlo, il "lucertolone" di Santa Maria del Monte<\/strong>, nascosto all'ombra delle numerose bellezze del museo, ma mai dimenticato, soprattutto dagli amici del Malcantone.<\/div>\n
Chiuso nella sua teca da più di cento anno, era tornato alla ribalta nell'estate del 2014, per la prima volta esposto al pubblico dopo anni di oblio. "Si è creato un bel clima di collaborazione" ha detto Laura Marazzi<\/strong>, conservatrice del Baroffio, ringraziando tutti coloro che si sono spesi nell'impresa, dal restauratore Paolo Moro<\/strong> al Museo del Malcantone, insieme ai vari gruppi e amici che hanno collaborato nelle sottoscrizioni. "C'era una grande richiesta di rivedere il coccodrillo – ammette Bernardino Croci Maspoli<\/strong>, conservatore del Museo Etnografico del Malcantone – e questo recupero riconsolida i rapporti antichi con Santa Maria del Monte, rapporti che affondano le radici nei primi pellegrinaggi, già attestati nel 1189".<\/div>\n
Il complesso e delicato restauro ha esaudito a pieno i desiderata della Soprintendenza<\/strong>: non alterare le forme dell'animale, non aggiungere all'esistenze, rispettare la materia e il colore per non viariare l'aspetto originale e riportare idealmente la forma del coccodrillo alla fruizione. "Durante le fasi di restauro – ha illustrato Paolo Moro – abbiamo rilevato nel teschio un foro nella parte posteriore, che identifica il colpo inferto<\/strong> violentemente con qualcosa di appuntito ". Elementi dunque che avvalorano quella che prima poteva era solo una "leggenda".<\/div>\n
Nel 1933 Costantino Del Frate nel volume su S. Maria del Monte sopra Varese aggiunse il racconto leggendario <\/strong>avente per protagonista l'eroe di Breno, che è in sostanza quello tramandato fino ai nostri giorni. Nessun accenno tuttavia rispetto a quando si svolse la vicenda. "Questi resti hanno una tradizione che si tramanda esattamente ed incontrastata tra i Valligiani del Mal Cantone (Svizzera – Canton Ticino) e particolarmente tra gli abitanti di Breno i quali, sul finire del secolo, catturarono questo anfibio. La tradizione afferma e sostiene che questo animale sia fuggito dalle acque del Lago Maggiore o Verbano e, trovandosi sperduto in questa vallata, di notte, emetteva tali grida che le mucche morivano per lo spavento. I valligiani concertarono di catturarlo, ma nessuno azzardava avvicinarglisi. Un giorno un tale di Breno (il cui nome la tradizione non ricorda) propose di ucciderlo e (se riusciva) di portarlo come trofeo al Santuario del Monte di Varese dove, ogni anno, quel popolo si recava processionalmente. Così avvenne: quel giovane armatosi di coraggio e di fede decise il giorno della audace impresa e, accostatosi ai SS. Sacramenti, si recò, con tutto il popolo, nel fondo della valle. Appena scorse il mostro brandì un tridente e, allorché il mostro aperse le fauci per emettere il suo grido, glielo cacciò in gola causandogli la morte. Impadronitosi allora dello strano animale, il popolo di Breno lo portò al nostro Santuario e lo offerse alla Vergine come ex voto e trofeo di sua vittoria. Questi fu collocato sopra un'alzata, sotto la galleria antistante alla porta orientale della Basilica, ove rimase fino all'anno 1902, anno in cui fu costruito il Museo del Santuario, nel quale attualmente si trova. Queste le notizie che ho potuto, personalmente, raccogliere in luogo le quali sono registrate pure nella cronaca del Santuario".<\/div>\n
"La leggenda del coccodrillo di S. Maria del Monte – ha spiegato Laura Marazzi – può essere messa in rapporto con numerosi racconti analoghi,<\/strong> per lo più relativi a santuari mariani, non solo italiani. Le componenti della narrazione sono spesso simili: il terrore di una comunità in pericolo, un paladino che riesce a vincere il mostro, il ringraziamento alla Madonna, preziosa alleata nella lotta contro il Male, e il trasporto della preda quale ex voto presso un santuario a lei dedicato. Solo in Italia sono più di cinquanta gli esemplari <\/strong>ancora presenti in santuari mariani".<\/div>\n
Evidente è l'alto valore simbolico<\/strong> dell'ostensione del coccodrillo in una chiesa: è il Male vinto e soggiogato<\/strong> (spesso reso ancora più visibile dalla robusta catena che lo trattiene). Il coccodrillo, animale "esotico" tanto più pericoloso perché sconosciuto, diventa perfetto emblema del male più grande e inaspettato. È incarnazione del demonio, come i rettili veri, quali i serpenti, e i rettili creduti esistenti e reali, fino a epoche non troppo lontane, quali i draghi. Ricorda che il male esiste nel mondo (di frequente la bestia è presentata con le fauci spalancate, perché il male è sempre attivo), ma invita anche a confidare che, con l'aiuto di Dio e della Madonna, perfino l'essere più brutale e forte può essere domato. È speranza per il devoto che entra in Santuario: con una fede simile a quella del giovane di Breno, non c'è nemico che tenga, perché "Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi" (Salmo 91) e anche le peggiori nefandezze potranno essere annientate.<\/p>\n
Per ulteriori informazioni sugli orari di apertura, le modalità di visita i laboratori didattici: www.museobaroffio.it\/<\/div>\n