{"id":34266,"date":"2017-03-14T06:45:46","date_gmt":"2017-03-14T06:45:46","guid":{"rendered":""},"modified":"2017-12-18T10:26:06","modified_gmt":"2017-12-18T09:26:06","slug":"museo-baroffio-l-addio-dei-volontari","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/museo-baroffio-l-addio-dei-volontari\/","title":{"rendered":"Museo Baroffio, l\u2019addio dei volontari"},"content":{"rendered":"
“Sono sfumate le finalit\u00e0 del museo. Nessuno ci ha chiesto di rimanere, e cos\u00ec abbiamo fatto un passo indietro”. \u00c8 questo, in estrema sintesi, il motivo che ha spinto i membri del V.A.M.I<\/strong>, i Volontari Associati per i Musei Italiani, ad abbandonare le sale del Baroffio. Una decisione sofferta, come ci spiega Irene di Paola<\/strong>, che fin dall’inizio \u00e8 stata al fianco di Laura Marazzi.<\/div>\n
“Noi conoscevamo bene la dottoressa Laura Marazzi, siamo stati istruiti<\/strong> da lei secondo le finalit\u00e0 che doveva avere un’assistenza in un museo diocesano. Sono venute a mancare le ragioni per cui noi prestavamo il nostro servizio di volontariato. Noi avevamo imparato la differenza che c’\u00e8 tra un museo normale e un museo diocesano. Significava che secondo l’insegnamento di Paolo VI <\/strong>bisognava spiegare l’arte in maniera che fosse anche finalizzata alla evangelizzazione e quindi noi per 15 anni abbiamo spiegato l’arte, abbiamo accolto i visitatori, abbiamo risposto alle loro domande, abbiamo prestato servizio nel museo con questa finalit\u00e0. Il nostro referente era la dottoressa Marazzi, cos\u00ec c’era stato detto dall’inizio da mons. Macchi<\/strong>, che ci aveva chiamato nel 2001<\/strong>. Noi seguivamo soprattutto i gruppi dei bambini, i disabili, prestavamo servizio anche agli individuali, per le persone che venivano, curavamo l’accoglienza. Poi \u00e8 cambiata la gestione, nessuno ci ha chiesto di rimanere<\/strong>, per cui mancando il nostro referente siamo andati <\/strong>via anche noi”.<\/div>\n
\nGi\u00e0 da oltre un anno l’aria era cambiata.<\/strong> “Certe cose che secondo me erano necessarie per il museo erano fatte in maniera pi\u00f9 approssimata rispetto agli anni precedenti. Era stata cambiata l’organizzazione <\/strong>che si occupava del servizio stampa, per esempio, e i nuovi non stavano lavorando molto bene, tutte le notizie uscivano in ritardo, c’erano spesso degli errori, venivano tralasciate le parti importanti. C’era un decadimento<\/strong> della diffusione. Quindi si aveva la sensazione proprio che qualcosa stesse cambiando. Poi negli ultimi tempi abbiamo visto che la preoccupazione della Fondazione Paolo VI era diventata esclusivamente economica<\/strong>, cio\u00e8 badavano soltanto alle vendite dei biglietti, al fatto che si dovesse sanare un bilancio, ma tutto quello che si faceva e si faceva tantissimo (dalle conferenze ai percorsi tematici, percorsi particolari di approccio all’arte per i bambini) sembrava che non interessasse pi\u00f9, l’unica preoccupazione era la vendita dei biglietti, abbiamo capito che la finalit\u00e0 si era modificata”.<\/div>\n
La goccia che ha fatto traboccare il vaso<\/strong> “\u00e8 stato il togliere alla direzione scientifica e di conseguenza ai noi volontari la g<\/strong>estione dei gruppi, soprattutto dei bambini, perch\u00e9 erano sempre percorsi molto particolari a tema: togliendo questo che cosa stavamo a fare? Quello era il nostro compito principale. Ci siamo chiesti cosa rimanevamo a fare se tutto era stato tolto e affidato a questa nuova organizzazione<\/strong>, che in un primo momento sembrava si dovessero occupare solo di biglietteria, invece poi abbiamo capito<\/strong> che questa nuova organizzazione avrebbe sovrinteso in toto alla parte economica e quindi alla gestione di tutto il flusso dei visitatori”.<\/div>\n
In questo modo si snatura la missione del museo<\/strong>: “Diventa un museo non pi\u00f9 diocesano ma in pratica come tutti gli altri musei che non hanno una finalit\u00e0, invece ha una regolamentazione diversa, appartiene alla chiesa e come tale l’arte ha una certa finalit\u00e0 e quindi bisognava essere preparati in quel senso. Ma poi il Baroffio \u00e8 la storia del Sacro Monte<\/strong>, conserva per esempio la pi\u00f9 antica Madonna del Sacro Monte, c’era una preparazione particolare che noi abbiamo ricevuto proprio per dar informazioni culturali di questo genere. E quindi si \u00e8 snaturato tutto questo. Non \u00e8 semplice fare un lavoro di questo genere senza disturbare le coscienze, spiegare cio\u00e8 un dipinto religioso con tutto il contesto storico. Quindi poi cambiando la finalit\u00e0, diventando soltanto economica, perch\u00e9 l’unica finalit\u00e0 \u00e8 sanare il bilancio<\/strong>…. Tutto questo cade…”.<\/div>\n