{"id":40324,"date":"2017-11-24T10:46:40","date_gmt":"2017-11-24T09:46:40","guid":{"rendered":"http:\/\/varesearte.it\/?p=40324"},"modified":"2017-12-22T11:01:54","modified_gmt":"2017-12-22T10:01:54","slug":"vittorio-tavernari-varesino-per-amore","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/vittorio-tavernari-varesino-per-amore\/","title":{"rendered":"VITTORIO TAVERNARI: VARESINO PER AMORE"},"content":{"rendered":"
“L’evento realizzato dalla\u00a0Galleria Ghiggini\u00a0<\/strong>intorno al\u00a0Totem di mio padre\u00a0<\/strong>vuole essere un omaggio a lui e alla sua opera”.<\/p>\n Carla Tavernari\u00a0<\/strong>elenca due ricorrenze del 2017: “i trent’anni dalla scomparsa di Vittorio Tavernari (29 ottobre 1987) e i vent’anni dalla collocazione del Totem (23 novembre 1997)”. La realizzazione del\u00a0Totem<\/strong>\u00a0in legno ci riporta al 1973. “era il periodo dei cicli de \u2018i Cieli’ e de \u2018gli Amanti’. La scelta di fare un’opera astratta \u00e8 legata a un momento creativo in cui mio padre, secondo le sue parole, tent\u00f2 di \u2018realizzare la figura con canoni e stilemi diversi'”. Per tre giorni saranno esposti nella galleria di via Albuzzi i disegni astratti frutto della ricerca di Tavernari che, tra il 1945 e il 1948 , dopo aver visitato la Biennale di Venezia e aver scoperto Henry Moore, si dedic\u00f2 in modo significativo alla forma non tradizionale e non figurativa.<\/p>\n Alla fine del 1996, quando si avvicinavano i dieci anni dalla morte di mio padre il professor Gualdoni – allora direttore dei musei civici – e il professor Gottardo Ortelli – assessore alla cultura – vennero a parlare con la mamma. Volevano realizzare una fusione del Totem che si trovava al Castello di Masnago, al tempo in comodato, per celebrare il ricordo di Tavernari. Il Comune si prese carico dei costi della fusione e noi, in cambio, gli donammo il Totem ligneo. Il Totem bronzeo \u00e8 stato poi collocato in via Albuzzi, entrando a far parte della citt\u00e0.<\/p>\n Il ricordo dell’importanza del Totem \u00e8 l’occasione per ripercorrere\u00a0la storia dell’artista<\/strong>, nato a Milano nel 1919. “Fu l’amore a portare mio padre a Varese – ricorda Carla Tavernari. – Nel ’42, poco pi\u00f9 che ventenne, prestava il servizio militare a Como, nel 67\u00b0 Fanteria. Dopo un intervento era stato mandato a Varese in convalescenza. La mamma Piera era violinista e tenne un concerto con due colleghi proprio nell’atrio dell’Ospedale. Si conobbero e si innamorarono. Lui lasci\u00f2 Milano per Varese, anche se mantenne i rapporti con il capoluogo, che continuava a frequentare per le mostre e le amicizie”.<\/p>\n La figura di\u00a0Vittorio Tavernari<\/strong>, uomo, padre e artista emerge dalle\u00a0parole della figlia Carla che racconta<\/strong>: “mi occupo dell’archivio e catalogando queste opere ho scoperto il Tavernari scultore. Per me era il pap\u00e0: con lui si mangiava, si chiacchierava, si andava in vacanza, si invitavano gli amici: era un pap\u00e0 come tutti gli altri. Ogni giorno andava a lavorare nel suo studio. Io e mio fratello Giovanni non potevamo entrare nei suoi spazi di lavoro e non dovevamo toccare niente. Usava strumenti particolari e non voleva ci facessimo male. Un giorno io stessa, ancora bambina, entrai nello studio e mi ferii malamente con un taglierino: aveva ragione!”. Sono parole da cui emergono aspetti meno noti di Tavernari.<\/p>\n “Quella di mio padre era una famiglia di artisti. – ricorda Carla – Il nonno era pittore e restauratore. Nella Milano del primo Novecento realizzava dipinti su commissione e si era specializzato nei dipinti olandesi del Seicento: copiava opere di artisti come David Teniers modificando dei piccoli particolari, come i colori delle vesti, per non creare un falso. Un giorno, visitando il Museo del Prado a Madrid, abbiamo visto l’originale di Teniers di un quadro fatto dal nonno che abbiamo sempre avuto in casa! Pap\u00e0, quindi, \u00e8 cresciuto immerso nell’arte. A 16 anni \u00e8 entrato nella Scuola d’Arte del Marmo del Castello Sforzesco di Milano, fondata da Adolfo Wildt e poi diretta dal figlio Francesco. Wildt \u00e8 stato un maestro per mio padre – la cui prima sfida fu quella di realizzare un uovo in marmo! – e l’ha messo in contatto con importanti artisti e critici d’Arte del tempo”. Il percorso artistico di Vittorio Tavernari si \u00e8 sviluppato tra sculture, disegni, dipinti, e acqueforti (lastre di metallo incise con acido nitrico).<\/p>\n Il racconto della figlia Carla prosegue: “mio padre lavorava tutti i giorni e ha realizzato molte opere. Nell’Archivio ne sono schedate 550 – di diverse dimensioni – e tanti disegni. L’Archivio \u00e8 stato costituito con l’intento di radunare le schede delle opere che sono nei musei, nelle gallerie e anche presso privati. Ancora oggi, a tanti anni dalla sua scomparsa, succede che qualcuno scriva per chiedermi un’autenticazione. E’ emozionante. E’ stata fatta una schedatura completa delle sculture. Poi abbiamo disegni, schizzi, lastre per l’incisione. Negli anni ’70, ad esempio, illustr\u00f2 “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” per una casa editrice di Torino e noi conserviamo le lastre di questo lavoro. Abbiamo numerose cartelle. Una di queste, intitolata “Gli Amanti”, fu realizzata su invito dello scrittore Piero Chiara, che era un suo grande amico. Infatti la cartella contiene un racconto di Chiara.<\/p>\n L’Archivio accoglie anche la documentazione bibliografica relativa alle monografie e tutti gli articoli usciti su riviste specializzate come Paragone, Domus. Conserviamo anche i cataloghi delle mostre collettive. Una delle ultime, “Visioni traversali”, \u00e8 stata allestita a Sorrento nel 2016. Le opere di mio padre vengono richieste pi\u00f9 volte all’anno, quando ci sono mostre relative al Novecento: noi le prestiamo sempre volentieri!”.<\/p>\n Carla Tavernari, “Vittorio e Piera Tavernari”, Ed.Macchione<\/p>\n Chiara Ambrosioni<\/p>\n