{"id":43428,"date":"2018-02-28T13:30:26","date_gmt":"2018-02-28T12:30:26","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=43428"},"modified":"2018-02-28T19:50:34","modified_gmt":"2018-02-28T18:50:34","slug":"la-fotografia-scoprire-la-cultura-gitana","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-fotografia-scoprire-la-cultura-gitana\/","title":{"rendered":"La fotografia per scoprire la Cultura Gitana"},"content":{"rendered":"
I Gitani sono un popolo antico<\/strong>, le cui origini si perdono nel passato, nel territorio tra l\u2019India e il Pakistan. Lo dimostrano i tratti somatici, la lingua e anche alcuni testi antichi. <\/p>\n Il gruppo roman\u00ec divenuto quasi stanziale in Francia sono i Gitani<\/strong>. Vivono nella regione umida a sud di Arles, affacciata sul Mediterraneo: la Camargue<\/strong>. Ogni anno \u00a0il 24 e 25 maggio, viene portata in processione lungo la spiaggia, in una festa piena di colori, canti e danze<\/strong>. In questi due giorni carovane di zingari provenienti da tutta Europa invadono il paese ritrovando quella unit\u00e0 di cui secoli di diaspora li hanno privati.<\/p>\n Il mondo dei Gitani ha conquistato la fotografa Isella Bellotti<\/strong>, che \u00e8 autrice degli scatti raccolti nel Battistero di Velate nella mostra \u201cGitani e altre storie di Camargue<\/strong>\u201d, che prosegue fino al 18 marzo ed \u00e8 curata da Carla Tocchetti<\/strong>.<\/p>\n <\/p>\n La Tocchetti<\/strong> sottolinea che \u201cla mostra \u00e8 un omaggio alla spiritualit\u00e0 del mondo gitano<\/strong>, popolato di persone che vivono completamente immerse nell\u2019ambiente naturale originario. Questa loro essenza li pone in comunione perfetta con con la natura e con gli animali. Soprattutto con il cavallo bianco camarguese<\/strong>, che \u00e8 al centro di una leggenda secondo la quale sarebbe nato dalla spuma del mare. E, infatti, la Bellotti<\/strong> racconta: \u201cI Gitani mi hanno sempre attirato<\/strong>. Volevo scoprire qualcosa di pi\u00f9 sulla loro cultura e sulle loro tradizioni. Sono spesso\u00a0 persone colte, con un\u2019ottima padronanza della lingua francese: com\u2019\u00e8 possibile che scelgano di essere nomadi per tutta la vita?<\/strong> Eppure loro sono felici e respirano la libert\u00e0<\/strong>. Ho deciso di fotografarli per spiegare la fusione tra sacro e profano che caratterizza la loro\u00a0 vita\u201d.<\/p>\n \u201cSono partita per la Camargue e li ho avvicinati con attenzione, – continua la fotografa – senza mostrare la macchina fotografica. Ti devono vedere per due, tre volte: quando entri in sintonia ti accettano”.<\/p>\n <\/p>\n “Avevo sentito narrare la meraviglia della festa in onore di Sara la Nera<\/strong> e, quando ho saputo che ricorreva il 24 maggio, sono riuscita a entrare in chiesa: ho visto che agghindavano la statua con abiti e veli colorati. Poi accompagnano la processione lungo la spiaggia con la preghiera \u2018Sara, Sara, je te suppli\u2019, \u2018ti supplico\u2019 e chiedono alla loro santa le cose pi\u00f9 disparate: tre cavalli o un aquirente per un cesto di vimini. Quella dei gitani \u00e8 una religione molto primitiva, devota a una donna umile, a una serva<\/strong>. A una degli \u2018ultimi\u2019”.<\/p>\n “C\u2019erano anche due preti<\/strong> che li accompagnavano sorridendo e che, alla fine della processione, hanno benedetto<\/strong> prima i loro cavalli bianchi<\/strong>, poi le cose pi\u00f9 strane: i capelli del latin lover e dello sciamano, una pentola rotta e anche la lavatrice che sta sulla strada. Loro credono veramente che questo tipo di preghiera funzioni. Quando inizia la processione sono tutti vestiti di nero e hanno gli occhi lucidi. E\u2019 un momento emozionante”.<\/p>\n “Per me \u00e8 stata un\u2019esperienza fantastica, l\u2019unico modo per non vedere il lato turistico del gitano. Il gitano non \u00e8 solo refrattario alle regole e al potere. Ha una sua tradizione e una sua primitiva forma di religione che \u00e8 riuscita in qualche modo a coinvolgere la Chiesa Cattolica \u2013 conclude la Bellotti. – Non \u00e8 poco\u201d.<\/p>\n Chiara Ambrosioni<\/p>\n
\nFanno parte di un preciso gruppo etnico: i Roman\u00ec<\/strong>. Non si sa perch\u00e9, a partire dall\u2019anno mille, lasciarono la loro terra d\u2019origine per raggiungere prima la Persia, quindi l\u2019Armenia e la Turchia, per fermarsi poi nei Balcani. Solo tra il XIV e il XV secolo arrivarono in Europa<\/strong> e, a quel punto, si erano uniti a loro molti esuli provenienti da Croazia, Serbia, Albania e Grecia, facendone un popolo di molte etnie – le due principali sono i Rom e i Sinti<\/strong> – accomunato dall\u2019uso della lingua roman\u00ec<\/strong>. Nel corso della storia hanno subito molte persecuzioni, come quella nazista. Con il passare del tempo da nomadi sono diventati stanziali<\/strong>, prendendo la cittadinanza del paese di residenza, ma perdendo molta della tradizione che li accomunava. Secondo le stime del Consiglio d’Europa in Europa vivono 10-12 milioni di roman\u00ed.<\/p>\n
\nQui il piccolo paese di Saintes Maries de la Mer<\/strong> ci racconta una storia affascinante. Prende il nome da due Marie: Maria Salom\u00e8 e Maria Jacob\u00e8<\/strong> che, secondo alcune leggende, furono perseguitate in Palestina, arrestate e abbandonate su una barca in mezzo al mare insieme alla serva Sara<\/strong>. Le donne, portate dalla corrente, approdarono sulla spiaggia francese.
\nLe due Marie divennero patrone del paese<\/strong> vicino e le loro statue sono collocate all\u2019interno della chiesa \u00a0mentre\u00a0 Sara, detta la Nera, divent\u00f2 la protettrice degli zingari<\/strong> e la sua statua \u00e8 posta nella cripta.<\/p>\n
\nIl loro modo di vivere, la loro quotidianit\u00e0 sulle coste \u00e8 davvero una dimensione magica che noi oggi riscopriamo attraverso l’obiettivo di Isella Bellotti<\/strong>. Un obiettivo che si avvicina in punta di piedi e sa cogliere l’istante grazie alla grande empatia sviluppata con questo popolo\u201d.<\/p>\n