{"id":43790,"date":"2018-03-23T13:30:52","date_gmt":"2018-03-23T12:30:52","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=43790"},"modified":"2018-03-26T10:31:50","modified_gmt":"2018-03-26T08:31:50","slug":"fotografia-filippo-piantanida-indaga-lo-spazio-e-il-tempo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/fotografia-filippo-piantanida-indaga-lo-spazio-e-il-tempo\/","title":{"rendered":"Fotografia: Filippo Piantanida indaga lo Spazio e il Tempo"},"content":{"rendered":"
E\u2019 possibile mappare il mondo? La fotografia satellitare rispecchia la realt\u00e0 o ne \u00e8 solo una possibile lettura? Il percorso artistico di Piantanida<\/strong> parte da lontano. \u201cMi sono innamorato della fotografia fin da giovanissimo – racconta – e ho sempre fatto il fotografo. L\u2019alternativa era quella di intraprendere la professione del chirurgo, ma ho preferito dedicarmi ai reportage in giro per il mondo!\u201d. Piantanida racconta con un sorriso l\u2019inizio di una carriera che l\u2019ha portato a indagare i concetti stessi di Spazio e Tempo<\/strong>.<\/p>\n \u201cBen presto sono stato affascinato dall’architettura<\/strong> e dal paesaggio<\/strong>. A partire dal 2008, assieme a Roberto Prosdocimo<\/strong> e con la sigla FRP2<\/strong>, sono entrato nel mondo dell’arte. Le prime serie di immagini che abbiamo realizzato sono quelle dei Bambini<\/strong>, che hanno una forte struttura architettonica e rappresentano la nostra ricerca. Quindi \u00e8 finita questa prima avventura e abbiamo tolto il soggetto \u2018uomo\u2019 per passare alla serie Normal Generic Landscape<\/strong>, che sono dei collage fotografici\u201d.<\/p>\n E\u2019 affascinante l\u2019idea del collage fotografico, perch\u00e8, guando guardiamo le vostre immagini, non sono ci\u00f2 che sembrano, mettono in discussione un\u2019idea sedimentata in noi, ovvero che la foto sia realt\u00e0.<\/strong><\/p>\n \u201cIl collage fotografico nasce proprio per la questione del Tempo e dello Spazio ed evidenzia il problema indicale <\/em>della fotografia<\/strong>: ovvero l\u2019essere nel Tempo e nello Spazio per fare il \u201cclic\u201d. E\u2019 una questione che ha assunto grande rilevanza nella fotografia a partire dagli anni anni \u201980, con l’avvento del digitale<\/strong>. E\u2019 infatti cambiato completamente l’approccio alla struttura del mezzo rispetto alla fotografia analogica cui eravamo abituati.<\/p>\n <\/p>\n Per fare questi collage iperrealistici si scattavano fino a 400 scatti per ambiente. Guardando, ad esempio, \u2018Postcards from Marseille<\/strong>\u2019, vediamo un raggruppamento di case dove ogni casa \u00e8 uno scatto diverso. Il paesaggio \u00e8 reale perch\u00e9 ogni edificio esiste veramente, ma non \u00e8 reale perch\u00e9 le case non sono l\u00ec dove si vedono nell\u2019immagine.<\/p>\n La stessa cosa avviene in tutte le immagini realizzate in quel periodo. Nonostante grandi e piccoli cambiamenti apportati, aggiungendo e togliendo diversi elementi, la veduta \u00e8 molto simile a quella che \u00e8 la percezione di quello spazio di chi guarda. C\u2019\u00e8 un mismatch visivo, uno sfasamento, tra quello e il fruitore vede nella fotografia e quello che realt\u00e0 poi si ricorda.<\/p>\n Qual\u2019\u00e8 l\u2019obiettivo di questo mismatch?<\/strong> In realt\u00e0 \u00a0\u00e8 da pi\u00f9 di trent’anni che la fotografia non ritrae necessariamente la realt\u00e0<\/strong>. Nella quotidianit\u00e0 \u00e8 irrilevante che il mezzo sia digitale e che venga usato per ritrarre quello che ci circonda ma lo \u00e8 dal punto di vista concettuale e artistico, soprattutto quando si fa un lavoro con il mezzo fotografico. In ogni immagine ci sono degli elementi di rottura, che fanno capire che \u00a0non si tratta semplicemente una cartolina<\/strong>. La realt\u00e0 non \u00e8 esattamente quella che stai vedendo, questo \u00e8 \u2018altro\u2019. Lo Spazio non \u00e8 reale e neppure il Tempo<\/strong>\u201d.<\/p>\n Il concetto di Spazio e Tempo torna in tutte le opere di Piantanida, due aspetti che non si possono dividere, \u201cperch\u00e9 se lavori sullo spazio, lavori inesorabilmente anche sul tempo: come concetti fisici non si possono separare. Come si declina quest\u2019idea nelle immagini che ritraggono i bambini?<\/strong><\/p>\n <\/p>\n <\/p>\n “I bambini negli scatti sono privi di connotazioni<\/strong>: non hanno fisicit\u00e0, non sorridono, non hanno espressione. Questo per eliminare tutta una parte di coinvolgimento perch\u00e9, nel momento in cui non hanno fisicit\u00e0, diventano un metro di misura per lo spazio che li accoglie. Vi \u00e8 una specie di rimbalzo tra il bambino e lo spazio, in una visione quasi monumentale<\/strong>. Perch\u00e9 tutto \u00e8 estremamente rigoroso, rigido e centrato sugli elementi. I bambini sono stati fotografati proprio nelle location delle immagini e le foto sono prive della direzionalit\u00e0 della luce, vengono cos\u00ec esasperate le geometrie degli spazi, come se fossero delle incisioni.<\/p>\n <\/p>\n <\/p>\n Inizialmente io e Roberto abbiamo fatto 4, 5 serie dei bambini partendo da foto come quella della bambina sul lago, dove c’erano veramente pochi elementi e spostandoci poi in location particolari come un palco del Teatro della Scala. Dopodich\u00e9 comincia una serie che si chiama Evoluzione<\/strong>, in cui cominciamo a mettere pi\u00f9 elementi e la sintesi del lavoro porta all\u2019introduzione del movimento, come si vede in ‘Atto puro’ e ‘Atto violento’\u201d.<\/p>\n FRP2 finisce intorno al 2014 e, da l\u00ec, comincia la ricerca sulle mappe. <\/p>\n “La mappa pu\u00f2 avere un significato politico, economico, culturale e via dicendo. Nella nostra esperienza culturale, nel nostro background culturale ha lo stesso approccio della fotografia, ovvero ritengo che\u00a0 quello che vedo sia reale. Riteniamo che la mappa sia \u2018oggettiva\u2019. E\u2019 il concetto pi\u00f9 difficile da \u2018scardinare<\/strong>\u2019. Non \u00e8 cos\u00ec: essendo la mappa una cosa fatta da uomini, \u00e8 vero che ci sono delle regole da seguire, ma nel corso della storia queste regole sono cambiate pi\u00f9 e pi\u00f9 volte”.<\/p>\n Certo, la porzione di terra che viene ritratta \u00e8 assolutamente reale, concreta. Ed era l\u00ec, in quel momento. Ed \u00e8 esattamente il concetto dello scatto singolo, la differenza \u00e8 che qui non solo ho il concetto di mappa<\/strong>, non solo ho lo spazio-tempo<\/strong>, non solo ho\u00a0 la fotografia<\/strong>, ma – in pi\u00f9 – posso andare avanti e indietro nel tempo<\/strong> e creare un ritratto dello spazio a mio piacimento. E questo avviene interno di ogni mappa.<\/p>\n La mia idea di mappa, in realt\u00e0, \u00e8 quello che rappresenta il concetto stesso. Infatti non c\u2019\u00e8 alcun tipo di volont\u00e0 cartografica, nessun desiderio didascalico, scientifico. Quello che sta dietro il concetto di mappa \u00e8 stato trattato da tutti quelli che hanno lavorato con l\u2019idea di Spazio-Tempo, quindi era quasi un percorso obbligato.<\/p>\n <\/p>\n Come si spiega la presenza dei colori sui tuoi collage? <\/strong>Le mappe sono colorate, perch\u00e9 il file che viene usato nasce cos\u00ec. I colori che si vedono sono quelli originali degli scatti del satellite<\/strong>, il loro variare \u00e8 dovuto al grado di definizione tecnica dell\u2019immagine, molto diversa da come sarebbe stata 50 anni dopo. Cuba del 1976 \u00e8 rosa perch\u00e9, tecnicamente, i file erano pi\u00f9 imprecisi. Gli algoritmi di colazione e la lettura da parte negli ultimi anni sono migliorati a livello quasi assoluto.<\/p>\n <\/p>\n Cuba \u00e8 rosa perch\u00e9 era rosa l\u2019immagine, il Mediterraneo \u00e8 rosso perch\u00e9 il file \u00e8 cos\u00ec<\/strong>. Non aveva correzioni luminose sulle varie tonalit\u00e0 di luce, i filtri e le ombre. E quresto \u00e8 molto interessante, perch\u00e9 mi permette di giocare con una palette di colori diversi<\/strong>. Ogni immagine, cos\u00ec, ha un numero infinito di variazioni. Facendo richiesta alla NASA si pu\u00f2 accedere liberamente a queste immagini, l\u2019importante \u00e8 che non vengano usate a scopo pubblicitario<\/p>\n La mostra MAPS prosegue alla Galleria Ghiggini fino al 16 aprile 2018<\/strong>. Nel 2009 hai partecipato all\u2019VIII edizione del Premio GhigginiArte<\/strong>, vincendo il concorso della galleria dedicato all\u2019arte contemporanea proprio con la tua serie Evoluzione<\/strong>.<\/p>\n Con la Galleria Ghiggini di Varese c\u2019\u00e8 un rapporto di amicizia, oltrech\u00e9 professionale. Negli ultimi quattro anni non avevo esposto nulla e sono originario di Varese, quindi con Eileen Ghiggini abbiamo deciso di presentare MAPS al completo,per la prima volta, proprio in Galleria.<\/p>\n Chiara Ambrosioni<\/p>\n MAPS, Filippo Piantanida<\/strong> <\/p>\n
\n<\/strong> Le Mappe di Filippo Piantanida<\/strong>, frutto di una ricerca iniziata nel 2014, ci trasportano in un mondo che diventa Arte a partire dagli scatti dei satelliti della NASA , che si trasformano in un collage fatto di centinaia di strisce.<\/p>\n
\n“Rimontando, rimescolando tutte le immagini e ristampando una fotografia con l’esposizione della fotografia finale, si rioggettivizzano la realt\u00e0 e il realismo dell’immagine che si sta guardando. Perch\u00e9 nella percezione del singolo, di chi guarda l\u2019immagine, nel momento in cui si parla di fotografia la prima percezione \u00e8 che stiamo vedendo qualcosa di reale. Anche se non \u00e8 cos\u00ec. E osservando con pi\u00f9 attenzione si colgono le anomalie presenti.<\/p>\n
\n“<\/strong>Ho deciso di lavorare con le mappe, perch\u00e8 la mappa \u00e8 il primo approccio, anche inconscio, utilizzato dall’uomo per rapportarsi con lo Spazio e, inesorabilmente, anche con il Tempo<\/strong>. L\u2019uomo ha avuto l\u2019esigenza di creare delle mappe soprattutto per capire la distanza che c\u2019\u00e8 tra un punto e l’altro. Semplificando, quando si entra in una stanza, ci si crea immediatamente la mappa mentale di quello spazio”.<\/p>\n
\nIo e il mio team, composto da Erica, Caterina e Giuseppe<\/strong>, usiamo tutte queste sfaccettature tecnologiche per creare quello che vogliamo.<\/p>\n
\nfino al 16 aprile 2018
\nGalleria GHIGGINI 1822
\nVia Albuzzi 17, Varese
\nda marted\u00ec a sabato 10-12.30\/16-19<\/p>\n