http:\/\/video.artevarese.com\/servizi-artevarese\/2018\/04\/10\/la_realta_della_finzione.mp4<\/a><\/video><\/div>\nNel corso della quindicesima edizione del festival di Cortisonici, lo sguardo della cinematografia si \u00e8 rivolto anche al piccolo schermo e a una delle sue eccellenze pi\u00f9 longeve: Un posto al sole<\/strong>.<\/span><\/p>\nAl tavolo dell\u2019incontro Mafie, racket e usura in prima serata<\/strong>, venerd\u00ec in Sala Montanari a Varese, hanno preso posto volto e scrittura della \u201csoap partenopea\u201d: Michelangelo Tommaso, attore e interprete del personaggio di Filippo Sartori, e Raffaele Napoli, storyliner e sceneggiatore<\/strong>. Moderatore del dialogo a tre voci \u00e8 stato il professor Massimo Scaglioni, docente di Storia dei Media ed Economia e marketing dei media all\u2019universit\u00e0 Cattolica di Milano, uno dei <\/strong>maggiori esperti di televisione e prodotti audiovisivi a livello internazionale. <\/span><\/p>\nUn posto al sole<\/strong> rappresenta un prodotto culturale italiano di grande rilevanza, protagonista della storia della nostra televisione per diverse ragioni. Muovendo dalla recente scomparsa di Steven Bochco, autore e produttore televisivo americano tra i pi\u00f9 innovativi<\/strong>, Scaglioni traccia una breve descrizione delle origini delle serie tv e del loro legame con il mondo delle soap operas: \u201dAgli inizi degli anni 80, Bochco aveva creato Hill Street Blues, la prima serie televisiva con tutte quelle caratteristiche, di racconto corale, che avrebbero ispirato le serie successive sino a oggi. Aveva dichiarato di essersi ispirato a una famosa soap opera dell\u2019epoca, Dallas<\/strong>. Questo elemento ci porta ai contenuti. Basato sul format australiano Neighbours, rispetto alla centralit\u00e0 che i racconti melodrammatici avevano nella soap all\u2019americana, Un posto al sole \u00a0sposta l\u2019attenzione soprattutto su due nuovi elementi: la commedia e il realismo\u201d. Da oltre vent\u2019anni, il programma di Rai3 vince perch\u00e9 racconta storie che entrano in sintonia con il pubblico, affrontando temi sociali come adozione, abbandono scolastico, camorra, bullismo o disabilit\u00e0<\/strong>. Si nutre di realt\u00e0 e la restituisce in forma di racconto, per questo non \u00e8 una soap opera ma un real drama. \u201cQuesto \u2013 secondo Scaglioni – \u00e8 un lavoro pregevole fatto sia dal programma che dalla televisione di servizio pubblico\u201d. <\/span><\/p>\nSu questo modo pionieristico di raccontare s\u2019inserisce la figura dello storyliner<\/strong> che, come spiega Raffaele Napoli<\/strong>: \u201cnasce da un modello produttivo basato sul racconto quotidiano costante di quello che accade\u201d. La fiction di prima serata segue uno stile produttivo cinematografico in cui lo sceneggiatore scrive l\u2019episodio confrontandosi costantemente con il regista, finch\u00e9 l\u2019episodio va in onda<\/strong>. Dinamica, questa, che gli autori di Un Posto al sole non possono concedersi, poich\u00e9 da subito immersi in un lavoro di squadra che coinvolge otto persone: \u201cAvendo venti personaggi da gestire e l\u2019impegno ad andare in onda tutti i giorni, ogni storyliner ha la necessit\u00e0 di sapere cosa \u00a0stanno scrivendo i colleghi in ciascun episodio a loro affidato. Questo permette di mantenere la continuit\u00e0, di costruire un racconto in cui ogni pezzo \u00e8 legato agli altri in modo coerente. A partire da un blocco di cinque episodi a settimana, decidiamo quali vicende dovranno attraversare i nostri personaggi nel corso della settimana\u201d. In questo quadro, \u00a0\u00e8 fondamentale effettuare ricerche e consultare esperti, come avvocati o medici, per garantire al racconto veridicit\u00e0 e aderenza alla realt\u00e0. <\/span><\/p>\nUn posto al sole \u00e8 una grande macchina produttiva. \u201cLe differenze rispetto a cinema e teatro sono molte\u201d osserva Michelangelo Tommaso, attore noto al pubblico anche per il ruolo di Paolo nel film di Ferzan Ozpetek Saturno Contro<\/strong> e per i personaggi che ha portato in scena nei principali teatri italiani. \u201cPartendo dal presupposto che il mestiere \u00e8 sempre lo stesso e che l\u2019attore \u00e8 un privilegiato, i ritmi di realizzazione scenica di Un posto al sole sono serrati. \u00c8 richiesto un grande impegno fisico e mentale, perch\u00e9 si tratta di essere pronti ad attingere alla propria preparazione artistica in ogni momento per girare, una dietro l\u2019altra, scene spesso cronologicamente distanti e psicologicamente diverse tra loro<\/strong>. Si tratta di avere un forte controllo della scena e riuscire a tenere sempre la continuit\u00e0 senza mai tradire il pubblico\u201d. Spiegando la difficolt\u00e0 di restare fedeli ai fatti reali, ricorda divertito quando, per esigenze sceniche, si \u00e8 recato a New York per far partecipare il suo personaggio alla maratona<\/strong>: \u201cQuell\u2019anno per\u00f2, dopo aver girato tutta la scena, un uragano ha causato l\u2019annullamento della maratona, che alla fine si \u00e8 corsa solo a Un posto al sole\u201d. Fuori dal set, Michelangelo Tommaso \u00e8 una persona estranea a ogni divismo<\/strong>. Generoso con il pubblico, ama scherzare e ride divertito quando qualcuno lo chiama istintivamente \u201cFilippo\u201d. Ma esiste il rischio, per un attore, di confondere realt\u00e0 e finzione? \u201cNon nel mio caso. Mia moglie, Samanta Piccinetti, \u00e8 una delle interpreti di Un posto al sole, ma i nostri personaggi non interagiscono molto tra loro<\/strong>, per cui non c\u2019\u00e8 stato un coinvolgimento sul set che ci ha portati a riprodurre, nella vita, quella finzione scenica. Ci siamo incrociati a bordo set \u2013 prosegue sorridendo. Poi osserva: \u201dSi tratta di capire che mestiere si fa e di saper distinguere realt\u00e0 e finzione. Questa, per un attore, \u00a0\u00e8 una responsabilit\u00e0 molto forte\u201d. <\/strong><\/span><\/p>\nMichela Sechi<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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