{"id":55118,"date":"2020-04-03T10:00:34","date_gmt":"2020-04-03T08:00:34","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=55118"},"modified":"2020-04-01T09:18:01","modified_gmt":"2020-04-01T07:18:01","slug":"diff-ondere","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/diff-ondere\/","title":{"rendered":"Diff.ONDEre"},"content":{"rendered":"
Londra<\/strong> mi ha chiamato per la terza volta. Forse vuole dirmi ancora qualcosa. Oppure sono io che ho bisogno nuovamente di una voce da ascoltare. La apro con forza, quasi sfondandola. E\u2019 notte dietro la porta. Non si vede niente. C\u2019\u00e8 per\u00f2 un gran vociare. Esco dalla soglia, inciampo e mi trovo subito disteso a terra. Si tratta di un marciapiede molto duro, come tutti i marciapiedi. Mi rialzo, pulisco le mani graffiate sui pantaloni e mi guardo intorno. Ma.. strano.. niente musica, pochi sparuti artisti di strada, sembra tutto ripulito, ordinato. Affollato ma VUOTO. Passo in rassegna gli shops e trovo solo gelati, italiani, calendari, teiere, souvenir. Cosa sar\u00e0 successo? Dove sono i laboratori d\u2019arte, i teatri improvvisati, i locali che sprigionano musica rock? Dov\u2019\u00e8 il luogo di aggregazione, il centro della creativit\u00e0 che ben ricordo? Mi faccio largo tra i turisti intenti nei loro selfie e mi infilo proprio nel negozio del Tea. Ne trangugio due ampie sorsate e chiedo all\u2019istante dov\u2019\u00e8 il bagno. Mi precipito nel retro del negozio e mi scontro per\u00f2 con una porta che riporta la frase: \u201cwhen a door is closed life opens another door [Quando una porta \u00e8 chiusa, la vita apre un\u2019altra porta]<\/em>\u201d. Spingo con forza la maniglia antipanico e mi ritrovo nella stanza azzurra dell’inizio. Lo sapevo: se osi andare avanti con coraggio, ti verr\u00e0 sempre offerta una strada per tornare indietro. L\u2019ambiente e gigantesco, opaco, ferroso. – FINE PRIMA PARTE –<\/p>\n Ivo Stelluti, Il Viaggiator Curioso.<\/em> Londra mi ha chiamato per la terza volta. Forse vuole dirmi ancora qualcosa. Oppure sono io che ho bisogno nuovamente di una voce da ascoltare. Il negozio si chiama \u201cArko-Shop\u201c e si trova al 215 di Portobello Road, Notting Hill. Campane tibetane, incensi intensi, rotoli di preghiere: onde morbide, percezioni che ben conosco. Mi piace […]<\/p>\n","protected":false},"author":6,"featured_media":55123,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[778],"tags":[],"yoast_head":"\n
\nIl negozio si chiama \u201cArko-Shop\u201c e si trova al 215 di Portobello Road, Notting Hill. Campane tibetane, incensi intensi, rotoli di preghiere: onde morbide, percezioni che ben conosco. Mi piace aggirarmi lento tra oggetti a me familiari, assorbirne l\u2019affettuosa energia, le buone vibrazioni che in questo periodo tanto mi mancavano.
\nAd un tratto per\u00f2 sento un\u2019asse del pavimento di legno scricchiolare paurosamente sotto il mio piede sinistro. Abbasso gli occhi di scatto: mi si rivela uno spiraglio che, anzich\u00e9 essere buio, lascia trasparire un\u2019invitante luce color azzurro-chiaro. “Segui sempre il tuo coniglio<\/em>” mi suggerisce una vocina assai nota.
\nSenza farmi scorgere dal negoziante, con la punta della scarpa, faccio leva sull\u2019asse accanto che vien via anch\u2019essa in un sol colpo. Mi abbasso dietro uno scaffale, come un felino si nasconde a ridosso di un tronco di Baobab. Osservo senza essere visto. Il ragazzo rasta che sta alla cassa \u00e8 troppo concentrato a messaggiare con il cellulare, forse non si \u00e8 neanche accorto della mia presenza nella bottega. E\u2019 il momento: sollevo senza far rumore un altro paio di tavole dal pavimento e sorreggendomi solo sulle braccia, in un’unica mossa, son dentro al buco. Mi accorgo subito di poter appoggiare i piedi: il cunicolo sar\u00e0 profondo non pi\u00f9 di un metro e mezzo. La luce azzurra non mi consente di intravvedere nulla ma sento ad istinto che devo procedere verso la zona pi\u00f9 chiara.
\nAvr\u00f2 percorso pi\u00f9 di una decina di metri quando il pertugio improvvisamente si allarga in una vera e propria stanza.
\nOra riesco a stare dritto in piedi e intuisco la presenza di alcune porte. Tre, ovviamente. E\u2019 chiaro che devo compiere una scelta, attivit\u00e0 per la quale in verit\u00e0 non sono molto portato. Mi avvicino alla aperture.
\nVada per la prima. E’ tutta colorata: di certo dipinta da un hippy, che ha persino voluto completare l’opera con la scritta sibillina “Time is like the river [Il tempo \u00e8 come un fiume]<\/em>“.<\/p>\n
\nOra metto a fuoco delle luci. Vetrine di negozi. Ovvio che la riconosco: questa piazza, la sua cupola di vetro, i portici, il timpano racchiuso nel frontone. E\u2019 Covent Garden.<\/p>\n
\nLa commessa m\u2019accalappia rapida proponendomi di assaggiare \u201cAlice in Chains<\/em>\u201d una bevanda non meglio identificata, servita da una teiera a forma di gatto. \u201cQuesto \u00e8 speciale<\/em>\u201d, mi assicura \u201cda certi effetti\u2026<\/em>\u201d ammicca strizzandomi l\u2019occhio.<\/p>\n
\nRimangono altre due entrate. Mi fermo davanti alla seconda. C\u2019\u00e8 un\u2019iscrizione quasi coperta da una strana polvere glitterata. Dice: \u201cgustare senza la S<\/em>\u201d e di seguito una serie di lettere in rilievo. Premo la sequenza
\nT \u2013 A \u2013 [S] \u2013 T \u2013 E<\/strong>.
\nCorretto. La maniglia si apre. Questa volta spingo con prudenza ma so gi\u00e0 dove andr\u00f2 a capitombolare.<\/p>\n
\nNon ricordavo che la Turbine Hall del Tate Modern Gallery fosse tanto vasta. Mi guardo intorno, pronto a stupirmi per l\u2019ultima installazione artistica presentata. Ma tutto Risuona vuoto. Sparuti visitatori. Nessuna mostra in corso. Provo un po’ di dispiacere ma mi sembra comunque una buona occasione per perlustrare le sale espositive e mi attardo un po’ per i vari piani. Noto che hanno arricchito molto gli allestimenti. Grandi nomi, alto livello, meglio di come ricordavo. Dal\u00ec, Monet, C\u00e9zanne, Chagall, Degas, Picasso, Rothko, Warhol, ma anche Merz, Long, Abramovic. Mi soffermo persino per una foto ricordo con un elegante Pollock monocolore sullo sfondo. Ma dov\u2019\u00e8 il qui e ora? – Mi chiedo. – Non c\u2019\u00e8 niente che sia realmente innovativo, contemporaneo? Non \u00e8 pi\u00f9 successo nulla negli ultimi quindici anni che valga la pena di essere mostrato?
\nDi certo qualcosa \u00e8 accaduto, ma non si trova tra queste mura.
\nCerco un nuovo inizio: vado ancora in bagno.
\nMi trovo di fronte ad un avveniristico \u201casciugatore per mani a lama d\u2019aria compressa con sensori ad infrarossi NO TOUCH<\/em>\u201d. Almeno cos\u00ec spiega il cartello. Chiss\u00e0 Marcel Duchamp come avrebbe commentato questa meraviglia contemporanea.
\nMentre penso al possibile ready-made di stampo surrealista dell’apparecchio, scorgo un adesivo in stile street art che recita: \u201cVai dove gli altri non osano spingersi<\/em>\u201d. Questa la so: inserisco le mani nell\u2019asciugatore ma anzich\u00e9 fermarmi nella corrente d\u2019aria calda, come verrebbe spontaneo, spingo fino in fondo. Il dispositivo emette un suono tipo \u201chai vinto alla Slot Machine<\/em>\u201d e il grande specchio alla parete si sblocca, rivelando un passaggio segreto.<\/p>\n
\nNotting Hill, Londra, 8 giugno 2019<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"