{"id":61290,"date":"2021-06-22T16:00:52","date_gmt":"2021-06-22T14:00:52","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=61290"},"modified":"2021-06-23T12:04:46","modified_gmt":"2021-06-23T10:04:46","slug":"leredita-linguistica-longobarda","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/leredita-linguistica-longobarda\/","title":{"rendered":"L\u2019eredit\u00e0 linguistica Longobarda"},"content":{"rendered":"
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Parte di un corredo femminile longobardo, esposto al Museo Archeologico di Cividale del Friuli<\/figcaption><\/figure>\n

Anno 1951. Mio padre \u00e8 a Roma a fare il militare e riceve una lettera da mia madre, nella quale lo informa che ha cominciato a preparare la schirpa<\/em>. Lui le risponde ringraziandola del pensiero, ma spiegandole che la sciarpa i soldati non la possono indossare, mai, neppure quando montano di guardia o in libera uscita.<\/p>\n

Mio padre \u00e8 emigrato a Busto Arsizio dalla Sardegna gi\u00e0 da qualche anno e in poco tempo, da ragazzo sveglio qual \u00e8, ha imparato il dialetto locale. Quella parola per\u00f2 non l\u2019ha mai sentita prima; \u00e8 convinto che mia madre si sia sbagliata, o abbia scritto male: schirpa<\/em> al posto di sciarpa. Non sa che la schirpa<\/em>, in dialetto, \u00e8 il corredo nuziale e men che meno pu\u00f2 sapere che quella parola derivi direttamente da una lingua ormai scomparsa, quella dei Longobardi. L\u2019etimologia, del resto, \u00e8 ignota anche a mia madre, che pure \u00e8 bustocca da generazioni.
\nFacciamo un salto in avanti di qualche anno.<\/p>\n

\"\"<\/a>
Parte di un corredo femminile longobardo, esposto al Museo Archeologico di Cividale del Friuli – particolare<\/figcaption><\/figure>\n

Schirpa o sciarpa, il fidanzamento va a buon fine e, a qualche mese di distanza da mio fratello, nasco io. Come tutti i bambini, sono spesso assalito dall\u2019irrefrenabile istinto di fare il buffone. Questo accade soprattutto quando, in assenza dei genitori, vengo affidato alle cure di qualche anziano parente, nel caso specifico la mia prozia, Angioletta, classe 1910. Vedendomi cantare, saltare e ballare in giro come un giovane giullare di corte, la prozia mi apostrofa, chiamandomi \u00abLifrocu d\u2019un lifrocu!\u00bb<\/em>
\nAl ritorno a casa di mia madre, chiedo lumi su quello strano appellativo. Lei mi spiega che significa appunto \u201cstupido\u201d e che in passato veniva spesso attribuito allo scemo del villaggio, ma che ormai quasi nessuno, lei compresa, lo adopera pi\u00f9.<\/p>\n

\"\"<\/a>
Parte di un corredo femminile longobardo, esposto al Museo Archeologico di Cividale del Friuli-particolare<\/figcaption><\/figure>\n

Tutta questa premessa, che parte dalla piccola storia \u2013 in questo caso quella della mia famiglia \u2013 serve per arrivare alla Grande Storia. Stavolta per\u00f2 la nostra rubrica non si occupa di accadimenti, ma di ci\u00f2 che il passato ci lascia: non solo reperti e rovine, ma anche una preziosa eredit\u00e0 linguistica. Come abbiamo visto, tuttavia, tale eredit\u00e0, al pari dei ruderi in pietra, quando non viene tutelata in modo adeguato, \u00e8 destinata all\u2019oblio e rischia di sparire per sempre.
\nUn paio di anni fa, durante un laboratorio di ricerca e scrittura creativa, realizzato all\u2019interno delle scuole primarie, chiesi ai ragazzi non solo il significato di schirpa<\/em> e lifrocu,<\/em> ma anche quello di diversi altri termini dialettali e nessuno, proprio nessuno, su otto classi coinvolte, riusc\u00ec a rispondere.
\nEcco perch\u00e9, in questo nostro brevissimo viaggio all\u2019interno del lascito longobardo all\u2019idioma moderno, ho scelto di partire dal dialetto: oltre a fornire gli esempi pi\u00f9 divertenti \u00e8 quello che ha maggior bisogno di essere protetto e valorizzato, a partire proprio dalla scuola.
\nDi seguito riporto un piccolo elenco di parole longobarde, che sono passate nel vernacolo locale e nella lingua italiana. Si tratta ovviamente di un elenco incompleto, dato lo spazio a disposizione. Premetto inoltre che l\u2019etimologia di alcuni termini potr\u00e0 essere oggetto di discussione, sul fatto che sia specificatamente longobarda o germanica in generale; ritengo tuttavia che questo elenco possa comunque fornire uno stimolo, ai pi\u00f9 curiosi, per un\u2019ulteriore ricerca.<\/p>\n

Italiano<\/strong><\/p>\n

Aizzare da hizzja<\/em> (furore), albergo da hariperg<\/em> (alloggio), arraffare da hraffon<\/em> (afferrare con forza), balcone da balk<\/em> (travatura), baldo da bald<\/em> (coraggioso), bara da bara<\/em> (lettiga), bolzone da bolz<\/em> (ariete o freccia della balestra), campione da kampjo<\/em> (combattere), faida da fehida<\/em> (vendetta), fante da fanpjo<\/em> (soldato a piedi), greppia da kruppja<\/em>, guancia da wankja<\/em>, guidrigildo da widregild<\/em> (risarcimento), maniscalco da marh<\/em> (cavallo) e skalk<\/em> (servo), palco da palk<\/em> (travatura), pigotta da piga<\/em> (ragazzina), scaffale da skafa<\/em> (palchetto), spiedo da spiet<\/em> (punta acuminata), sgherro da skarrjio<\/em> (capitano), sguattero da whatari<\/em> (guardia), spalto da spalt<\/em> (fenditura), stamberga da stain<\/em> (pietra) e berga<\/em> (alloggio), staffa da stapf<\/em>, sterzo da sterz<\/em> (manico dell’aratro), tanfo da tampf<\/em> (cattivo odore), trappola da trap<\/em> (laccio), truogolo da trog<\/em>, zaino da zanja<\/em> (cesta), zazzera da zazz<\/em> (ciocca) e hera<\/em> (capelli).<\/p>\n

Dialetto<\/strong><\/p>\n

Biot da blausz<\/em> (nudo), bision da bison<\/em> (correre in giro), canappia da nappja<\/em> (naso), gram da gram<\/em> (triste, irato), lifrocu da lifroch<\/em> (stupido), schirpa da skerpfa<\/em> (corredo nuziale), sc\u00fcr (imposte delle finestre) da skur<\/em> (rifugio), scussal (grambiule) da skauz<\/em> (grembo), stracc da strak<\/em> (tirato).<\/p>\n

Nomi propri<\/strong><\/p>\n

Aldo, Anselmo, Bruno, Corrado, Goffredo, Manfredo, Raimondo, Rainaldo.<\/p>\n

Cognomi<\/strong><\/p>\n

Adinolfi, Aldobrandi, Alighieri, Arnaldi, Baraldi, Berlinghieri, Bernardi, Confalonieri, Garibaldi, Grimaldi, Leopardi, Marescalchi, Sebregondi, Siliprandi, Rambaldi, Tebaldi, Ubaldi, Valcarenghi.<\/p>\n

Ai pi\u00f9 attenti osservatori non sar\u00e0 sfuggita la vocale u in fondo al termine lifroch<\/em>, che in altre zone della Lombardia viene invece pronunciato in modo identico al longobardo, ovvero senza la u finale. Questo accade perch\u00e9 nel dialetto bustocco le ancestrali influenze liguri, caratterizzate appunto da questa vocale, sono molto pi\u00f9 presenti.
\nFamosa la gaffe di Umberto Bossi, che quando venne eletto consigliere comunale a Milano, pens\u00f2 bene di dedicare ai rappresentanti degli altri partiti il celebre sonetto di Carlo Porta \u201cParacar che scappee de Lombardia<\/em>\u201d, che il poeta aveva scritto per i Francesi scacciati dagli Austriaci.
\nArrivato al primo verso della seconda quartina (\u201cE s\u00ec che tutt el mond sa che vee via\u201d<\/em>), Bossi, nato a Cassano Magnago, disse m\u00fcnd<\/em> al posto di mond, beccandosi una salva di fischi dai milanesi d.o.c.: quando si tratta di dialetti, \u00e8 cosa nota, spesso pochi chilometri fanno la differenza.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Anno 1951. Mio padre \u00e8 a Roma a fare il militare e riceve una lettera da mia madre, nella quale lo informa che ha cominciato a preparare la schirpa. 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