{"id":61642,"date":"2021-07-10T10:00:04","date_gmt":"2021-07-10T08:00:04","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=61642"},"modified":"2021-07-12T09:26:19","modified_gmt":"2021-07-12T07:26:19","slug":"ah-la-fede-la-fede-quante-cose-sa-fare-la-fede","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/ah-la-fede-la-fede-quante-cose-sa-fare-la-fede\/","title":{"rendered":"Ah la Fede, la Fede\u2026 Quante cose sa fare la Fede\u2026"},"content":{"rendered":"

\"\"Trento – Si erano date appuntamento in quell\u2019ambiente di sofisticata eleganza che \u00e8 il Castello del Buonconsiglio e ora che si stavano avviando a vederla, se lo dicevano la Sofonisba (Anguissola), la Lavinia (Fontana) e la Plautilla (Necci) che anche la Fede (Galizia) una mostra tutta per s\u00e9 la meritava. Pazienza se, causa covid, essa era stata rimandata di un anno; gran merito invece averla portata a compimento attraversando tante dure difficolt\u00e0. Merito delle sempre sapienti, e intelligenti, cure di Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa che non si sono mai scoraggiati, trovando anche collaborazione, fervida e motivata, nello staff del castello trentino e nei giovani studenti della Statale di Milano.
\nOra diventa obbligo nostro andare entro il 24 ottobre a vedere e conoscere l\u2019arte di Fede Galizia, \u201cmirabile pittoressa\u201d come la ritenne il letterato seicentesco Carlo Torre, una pittrice certo di origini trentine se non addirittura nata intorno al 1578 quando a Trento era principe vescovo Cristoforo Madruzzo e dove si svolse il concilio che riform\u00f2 la Chiesa. In questa citt\u00e0 furono impegnati in lavori d\u2019arte il nonno, uno zio e il padre e la mostra proprio si avvia con un \u201cfocus\u201d attento su quest\u2019ultima figura, che di nome faceva Nunzio e che presto emigr\u00f2 a Milano distinguendosi per esser provetto nell\u2019acquaforte, nella partecipazione all\u2019allestimento di spettacoli teatrali e fin nelle miniature sui ventagli \u201calla spagnola\u201d. Pi\u00f9 che probabile che la Fede nella bottega paterna abbia sviluppato e affinato le proprie attitudini per la pittura, ma tra i due non dovette esserci collaborazione pi\u00f9 di tanto anche se a documentarla c\u2019\u00e8 in mostra una \u201cAllegoria figurativa di Jacopo Menochio e Margherita Candiani\u201d dove la cura minuziosa dei particolari palesa bene l\u2019indirizzo delle scelte in famiglia.<\/p>\n

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Noli me tangere – Milano, Pinacoteca di Brera<\/figcaption><\/figure>\n

Gi\u00e0 nominata nelle \u201cRime\u201d di Giovan Paolo Lomazzo nel 1587, Fede Galizia seppe guardare entro il mondo pittorico ricco di stimoli che presentava la capitale del Ducato e, a seconda fece le sue scelte. Diligentissima a far copie dal Correggio, pittore molto amato e considerato allora tra i collezionisti milanesi, non manc\u00f2 di affrontare le grandi pale per gli altari: a Trento \u00e8 giunta da San Carlo alle Mortelle di Napoli un \u201cSan Carlo in estasi davanti alle reliquie del Santo Chiodo\u201d commissionato nel 1611 alla pittrice dal mercante bergamasco Pietro Carbone, mirabile soprattutto per il modo di trattare il prezioso broccato del piviale. E nella stessa \u201cteca\u201d che riunisce le opere dell\u2019artista per generi si possono vedere anche il \u201cNoli me tangere\u201d\u00a0 dipinto per la chiesa delle monache di Santa Maria Maddalena e ora a Brera, un\u2019opera densa di colti riferimenti, dai pittori nordici a quelli emiliani, con una Gerusalemme di sfondo che pare ambientata sulle Dolomiti, e il \u201cSan Carlo penitente\u201d, una tela di edificante compunzione, che ebbe fortuna per via dell\u2019accurata definizione della facciata del Duomo di Milano come era allora.<\/p>\n

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Giuditta Sarasota, Ringling Museum<\/figcaption><\/figure>\n

La Galizia si ciment\u00f2 pure sul tema di Giuditta, la vedova di Betania, e scelse di rappresentarlo non nell\u2019atto cruento dell\u2019uccisione di Oloferne, il prepotente capitano di Nabucodonosor, bens\u00ec in un momento successivo, quasi incredula di aver compiuto un atto cos\u00ec cruento. Anche nelle tre tele giunte a Trento per documentare il soggetto si evidenzia il \u201cgusto accurato e finito\u201d rilevato dal Lanzi nella sua \u201cStoria pittorica dell\u2019Italia\u201d pubblicata alla fine del Settecento.
\nFu pure celebrata ritrattista, non solo dei famigliari e di colti intellettuali milanesi quali lo storico Paolo Morigia\u00a0 e il medico della peste Ludovico Settala, collezionista anche di sue opere (altre entrarono nella galleria \u201cdella Cesarea Maest\u00e0 di Rodolfo Imperatore\u201d), ma fin di pompose nobildonne come \u201cl\u2019Eccellentissima Signora Donna Maria Giron de Velasco duchessa di Frias\u201d.<\/p>\n

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Ritratto di Paolo Morigia<\/figcaption><\/figure>\n

Accanto ai suoi ritratti in mostra \u00e8 presente anche quello del chirurgo Fioravanti dipinto da Daniele Crespi, accostato da Stoppa e Agosti non per documentare affinit\u00e0 stilistiche, che proprio non ci sono, ma per via di una loro storia d\u2019amore inventata dallo scrittore Felice Venosta giusto per far palpitare un po\u2019 le damigelle di met\u00e0 Ottocento.
\nNell\u2019ultima delle edicole specchianti pensate dall\u2019architetto-scenografo Alice De Bortoli per rinserrare le opere della Galizia si ammira il trionfo della natura morta e di \u201ccome catturare la vita silente\u201d.<\/p>\n

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Coppa di vetro con pesche-coll.privata<\/figcaption><\/figure>\n

La prima tavoletta sul tema a noi nota della pittrice data 1602 e da l\u00ec in avanti, fino al 1630, anno di peste, quando mor\u00ec rimasta \u201csempre vergine da marito\u201d, fu tutto un riprendere crespine di ceramica, alzate di metallo, fruttiere di vetro e cesti di vimini su cui stavano in posa, sempre indagate come in un esercizio di bella calligrafia, pesche, prugne e pere. E mele polpose e lucide come quelle della sua terra trentina.<\/p>\n

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Giuseppe Pacciarotti<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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