{"id":61743,"date":"2021-07-15T14:30:29","date_gmt":"2021-07-15T12:30:29","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=61743"},"modified":"2021-07-15T12:46:55","modified_gmt":"2021-07-15T10:46:55","slug":"quello-che-la-storia-spesso-trascura","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/quello-che-la-storia-spesso-trascura\/","title":{"rendered":"Quello che la Storia spesso trascura"},"content":{"rendered":"
La Storia come ce la insegnano a scuola \u00e8 spesso un lungo elenco di date, di nomi, di vicende, di battaglie, che la maggior parte degli studenti ha gi\u00e0 scordato il giorno dopo l\u2019interrogazione. Perch\u00e9? Le risposte potrebbero essere molteplici, ma a me ne viene in mente una in particolare: mancanza di empatia<\/strong>. Gli eventi che siamo costretti a studiare sembra quasi riguardino esseri viventi non di altre epoche, ma addirittura di altri pianeti, e il rischio \u201cchissenefrega<\/em>\u201d \u00e8 sempre in agguato. Iniziamo da un fattore importantissimo per l\u2019uomo moderno, ma che nell\u2019alto medioevo contava assai meno: la misurazione del tempo<\/strong>. Seconda tappa del nostro viaggio: il cibo<\/strong>. Terza e ultima tappa del nostro breve percorso: i vestiti<\/strong>. Per dettagli pi\u00f9 approfonditi ancora una volta vi consiglio \u201cLa vita quotidiana dei Longobardi ai tempi di Re Rotari\u201d di Dario Pedrazzani, GA editore.<\/p>\n Dopo aver completato questo primo ciclo storico, e dovendo adempiere a improrogabili impegni letterari, mi prendo una pausa di un paio di settimane da questa rubrica. Mi sono altres\u00ec accorto che raccontare la Storia in modo leggero \u00e8 diventato un lavoro piuttosto… pesante. Per questo al mio rientro ho gi\u00e0 deciso di avvalermi dell\u2019aiuto di alcuni validi collaboratori, che spesso parleranno in vece mia, dandomi modo di riprender fiato.<\/p>\n <\/p>\n <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La Storia come ce la insegnano a scuola \u00e8 spesso un lungo elenco di date, di nomi, di vicende, di battaglie, che la maggior parte degli studenti ha gi\u00e0 scordato il giorno dopo l\u2019interrogazione. Perch\u00e9? Le risposte potrebbero essere molteplici, ma a me ne viene in mente una in particolare: mancanza di empatia. Gli eventi […]<\/p>\n","protected":false},"author":8,"featured_media":61294,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[1474,417],"tags":[],"yoast_head":"\n
\nForse tale rischio si potrebbe evitare se, invece di partire da quello che gli uomini e le donne del passato hanno combinato, cominciassimo a esaminare il modo in cui conducevano la loro <\/a>vita di tutti i giorni: dove e quanto dormivano, come si svegliavano, cosa mangiavano, cosa adoperavano per lavarsi o per curarsi… e tutta una serie di informazioni riguardanti la loro quotidianit\u00e0. Magari in quel caso cominceremmo a comprenderne la vera umanit\u00e0, il loro essere uguali a noi per molti aspetti e diversissimi per altri.
\nNelle mie ricerche ho sempre prestato molta attenzione a certi particolari, anche perch\u00e9 il compito di un romanziere \u00e8 proprio quello di far s\u00ec che il lettore si immerga fin dal principio non solo nella trama, ma anche nella vita concreta dei protagonisti. In questa rubrica cercher\u00f2 dunque di seguire la stessa linea, nella speranza di suscitare la vostra curiosit\u00e0 e magari di farvi riconsiderare alcuni accadimenti famosi sotto una luce diversa.
\nCon l\u2019articolo di oggi chiuder\u00f2 il cerchio dedicato all\u2019epopea longobarda in Italia, parlando proprio di alcuni aspetti riguardanti lo stile di vita dei nostri antenati intorno al VII secolo d.C.<\/p>\n
\nOggi noi viviamo con un occhio alla realt\u00e0 e l\u2019altro sempre all\u2019orologio, sia che ci appaia sullo schermo del pc o dello smartphone, sia che si trovi appeso alla parete di una stanza: senza quello ci sentiamo persi.
\nUna volta per\u00f2 non era cos\u00ec: ci si alzava col sole e si andava a dormire col buio e tutto quello che succedeva nel mezzo non era scandito con maniacale precisione. Certo, a volte sorgeva comunque l\u2019esigenza di misurare in qualche modo la durata del giorno e della notte; ma non si trattava di un bisogno quasi maniacale, come quello che invece oggi attanaglia tutti noi.
\nIl modo di suddividere una rotazione completa del nostro pianeta intorno al proprio asse, nel VII secolo, non si discostava poi molto da quello adoperato nei secoli precedenti dai Romani: il giorno era suddiviso in dodici ore (dall\u2019alba al tramonto), mentre la notte in quattro vigilie (dal tramonto all\u2019alba). Va da s\u00e9 che alla nostra latitudine questo tipo di suddivisione, abbastanza equa in primavera e in autunno, nelle altre due stagioni mostrava tutti i limiti della sua elasticit\u00e0: in estate le ore si allungavano e le vigilie si restringevano parecchio, mentre in inverno accadeva esattamente il contrario.
\nI vari momenti del giorno e della notte erano scanditi, soprattutto per i monaci, oltre che dal lavoro e dal riposo, dall\u2019obbligo di recitare determinate preghiere. In questo periodo fanno la loro apparizione le prime campane, le quali, oltre ai religiosi, avvisano pure il resto della popolazione circostante dell\u2019ora ufficiale: preoccupazione superflua, penser\u00e0 qualcuno, visto che nessuno ha ancora al polso un orologio da regolare.
\n<\/a>Per illustrare tale sistema, ho creato un\u2019apposita tabella, che spero vi aiuter\u00e0 a comprenderlo meglio.<\/p>\n
\nIn questo periodo, rispetto ai secoli precedenti, purtroppo si compiono parecchi passi indietro.
\nL\u2019agricoltura quasi intensiva dell\u2019epoca latina sparisce, sia per via dell\u2019enorme calo demografico, antecedente e successivo alla caduta dell\u2019Impero Romano d\u2019Occidente, sia a causa del cambiamento climatico, che porta a una diminuzione delle temperature e a un cospicuo incremento delle piogge. Non \u00e8 neanche pi\u00f9 possibile attingere alle risorse di terre lontane, pi\u00f9 fertili e ancora ben coltivate, perch\u00e9 pure le comunicazioni via terra o via mare hanno sub\u00ecto un drastico ridimensionamento, e in ogni caso mancherebbero i quattrini per pagare le derrate e le merci necessarie per dar vita a uno scambio equo.
\nPer alimentarsi si torna dunque alla caccia e all\u2019economia di tipo silvo-pastorale che in Italia aveva caratterizzato la prima et\u00e0 del bronzo.
\n<\/a>Di rado si macellano i bovini, troppo preziosi come strumento di traino dei carri o dei pochi mezzi agricoli, che pian piano provano a strappare la terra alla vegetazione spontanea che se n\u2019\u00e8 riappropriata.
\nCi si nutre, oltre che di selvaggina di vario genere, di carne di pecora o di maiale e, proprio a causa del clima, per fortuna esiste una grande abbondanza di pesce d\u2019acqua dolce.
\nTra le poche culture che sopravvivono, e che non hanno bisogno di cure eccessive, troviamo quelle delle fave, dei piselli, delle lenticchie, dei porri, delle cipolle, delle carote, dei sedani, dei ravanelli, della lattuga.
\nIl pane bianco di frumento \u00e8 considerato un lusso e appare solo sulle tavole dei benestanti, mentre \u00e8 pi\u00f9 facile reperire quello cotto con farina di segale.
\nAnche l\u2019olio di oliva nelle mense del nord della Penisola \u00e8 da considerarsi una rarit\u00e0, mentre la produzione di vino, seppure di qualit\u00e0 non certo eccelsa, non subisce sostanziali interruzioni. I Longobardi, specie quelli delle classi sociali pi\u00f9 elevati, lo adottano molto presto come bevanda preferita, lasciando la birra ai poveri. Una prova di questo cambio di abitudini la troviamo nel famoso Editto di Rotari, di cui abbiamo parlato nel nostro precedente articolo, dove esistono diversi cenni alla protezione delle vigne, mentre alla \u201cbionda\u201d non viene dedicata neppure una parola.<\/p>\n
\nLe fibre pi\u00f9 usate per tessere indumenti sono il lino e la lana; perch\u00e9 il cotone si diffonda in Europa dai paesi arabi bisogner\u00e0 infatti attendere almeno altri quattro secoli.
\nGli uomini indossano tuniche e larghe camice per coprire il busto, mentre le gambe sono protette da pantaloni stretti intorno alla caviglia, che costituiscono la differenza pi\u00f9 evidente rispetto all\u2019abbigliamento latino di epoca classica. Sopra la tunica o la camicia, durante i <\/a>periodi pi\u00f9 freddi si porta il mantello, chiuso sulla spalla destra con una o pi\u00f9 fibule. Non si disdegna anche l\u2019uso di pellicce: in gran voga, sia tra i nobili sia tra le classi inferiori, il corpetto senza maniche, molto pratico da utilizzare, specie a cavallo o nell\u2019esecuzione di lavori che richiedono una certa agilit\u00e0 di movimento.
\nLe donne non indossano le \u201cbracae\u201d, ma tuniche che arrivano quasi fino ai piedi; il mantello, invece di essere fissato alla spalla, viene chiuso sopra il petto, appena sotto il collo, sempre da fibule, spesso di raffinatissima fattura.<\/p>\n