Vera Portatadino ha studiato Arte in Inghilterra. Poi è tornata a Varese e ha creato un luogo aperto al pubblico, dove artisti locali, italiani, europei e del mondo possono incontrarsi e confrontarsi. Il nome di questo spazio? Yellow, perché ci sono tanti elementi gialli – come i tubi – perché il giallo ha delle vibrazioni positive e perché “è una parola internazionale, che crea un collegamento con Londra, dove ho vissuto – spiega Vera – mi permette anche di mantenere dei contatti con l’estero e di fare da ponte tra Italia e altre comunità di artisti, diverse esperienze artistiche e sperimentazioni estere.
Yellow è una parola conosciuta da tutti”.
Come ha preso il via quest’esperienza?
“Quando sono rientrata dall’Inghilterra ho iniziato a confrontarmi con artisti che avessero una ricerca radicata nell’arte contemporanea e che fossero attivi. Ho incontrato Ermanno Cristini e Luca Scarabelli, con i quali dirigo lo spazio Zentrum. Entrambi avevano già avviato un’attività di sperimentazione, in particolare Cristini, che ha aperto occasionalmente al pubblico il suo studio residenza con l’esperienza de ‘L’ospite e l’intruso’, dove proponeva la visione di interventi di altri artisti contemporanei, italiani e non solo. Quando ha dovuto trasferire parte del suo studio e ha chiesto a qualche amico se ci fosse l’intenzione, il desiderio di condividere questo spazio, io mi sono fatta avanti e gli ho proposto un focus proprio sulla pittura contemporanea”.
“Così è nato Zentrum, che unisce tre Artist-run Spaces e un’Anonima Kunsthalle. Gli Artist-run Spaces sono degli spazi indipendenti fondati e gestiti da artisti, quindi svincolati dalle logiche commerciali. Sono luoghi per dei progetti che possono avvenire all’interno dello studio di un artista o in una sede dedicata o in uno spazio preso in affitto”.
“Qui gli artisti decidono di invitare altri artisti a proporre il loro lavoro. Senza limiti di tipo commerciale c’è una totale libertà nella scelta dei contenuti. Per questo sono spazi di grande sperimentazione e varietà. E’ anche un opportunità per ritorvare dei focus critici sulla pittura e per offrire delle opportunità espositive a giovani pittori italiani emergenti.
Yellow vuole anche essere un energetico segnale di rinnovamento“.
Dal 2014, quando è nata Yellow, ho invitato artisti italiani, inglesi, europei e internazionali a proporre loro lavoro e dei progetti, anche di mostre, di particolare interesse”.
Yellow collabora anche con le istituzioni ed è presente in importanti eventi varesini – pensiamo all’ultima edizione di ‘Microcosmi’ o a eventi al Sacro Monte – e milanesi. In questi tre anni sono state organizzate tra le 25 e le 30 mostre, invitando oltre 70 artisti.
“E’ stata ora allestita una mostra curata da Michael Lawton, un artista inglese che vive a Barcellona ed è autore di ‘The Polycephalus‘, testo di accompagnamento alla mostra e rappresentativo della sua ricerca. Lawton, infatti, ipotizza che la migliore scrittura per accompagnare un’opera sia la narrativa e sta frequentando proprio in questi mesi un Ph.D. nel quale si indagano le dinamiche di scrittura a partire da un quadro e di pittura a partire da un testo. I racconti di Polycephalus esistono nel mondo in cui lo spettatore entra quando incontra il quadro – spiega la Portatadino – testi scritti per i dipinti più che su di essi. Il mondo di queste particolari narrazioni è stato ispirato dalle interviste realizzate dal curatore con gli altri cinque artisti che ha coinvolto in questa esperienza: vivono tutti in Europa, ma sono di diverse origini e trasmettono un’idea di internazionalità“.
La mostra, visitabile su prenotazione, proseguirà fino al 4 marzo. Ha un titolo interessante, una citazione tratta dal romanzo di J.C.Ballard ‘Crash’: ‘As I took her arm she stared through my face at the dark branches of the trees over my head’, che possiamo tradurre ‘Quando afferrai il suo braccio, guardò attraverso il mio volto i rami scuri degli alberi sopra la mia tresta’. Una successione grafica che testimonia il fascino esercitato dalle parole su Lawton.
“La lettura di questa frase, dalla sintassi complessa e ‘fratturata’ gli ha suggerito l’immagine di un quadro” aggiunge la Portatadino, ricordando come l’artista abbia già realizzato una personale a Yellow tre anni fa. “Se allora si era concentrato sul formato ‘30×25’, che era anche il titolo dell’allestimento, ora si è magnificato, scegliendo un formato che è quasi il doppio: 61×50. Sono suoi quattro lavori. L’artista parte sempre da un elemento della realtà, che viene poi completamente rielaborato in chiave più astratta. In questi quadri ha preso spunto dal Romanesco incontrato in Catalogna, dove vive, e dal fascino per l’uso della pittura in sostituzione del testo”. Interessante l’inserimento della contemporaneità nelle opere, come quella dal titolo ‘Dirrecio Muntanya’, che si riferisce a un modo di orientarsi a Barcellona ed è in catalano. L’opera è stata realizzata poco dopo il referendum in Catalogna.
Gli altri artisti esposti sono Catherine Parsonage, che a Yellow cita l’Orlando di Virginia Wolf, che l’ha conquistata con la densità e la poeticità del suo immaginario. Le opere di Olarn utilizzano astrazione e collage per composizioni generate ora dal caso ora da scelte consapevoli e calibrate, mentre quelle di Rasmus Nilausen interpretano la sua concezione del dipingere come qualcosa che si situi tra il parlare e lo scrivere. Christiane Bergelt espone alcune memorie che fanno parte della serie ‘Frank Sulfur Insence’, nate dopo un viaggio dell’artista in Islanda. Infine, le realizzazioni di Ross Taylor riflettono sulla nostra mutevole percezione dello spazio ed ‘escono’ dalla cornice del “foglio” per animarsi sugli spigoli e negli angoli meno prevedibili dell’ambiente che le ospita”.
E per chiudere, una bella frase detta sorridendo da Vera: “Io sono innamorata della pittura”.
‘As I took her arm she stared through my face at the dark branches of the trees over my head’, a cura di Michael Lawton
fino al 4 marzo
Yellow
Viale San Pedrino 4, Varese
+39 3474283218
yellowartistrunspace@gmail.com
www.yellowartspace.com
Chiara Ambrosioni