Qui di seguito trovate la seconda parte del racconto “Notturno Numero Otto” tratto dalla raccolta “Un Albergo a Mille Stelle” Aporema Edizioni, il mio modo per offrirvi un piccolo frammento dell’atmosfera respirata a Zanzibar. Buona lettura e Buon Viaggio!
Stone Town è da sempre l’unico agglomerato urbano dell’Isola di Zanzibar ad avere case costruite in pietra. Il resto qui è tutto fango, che viene sciolto dalle piogge torrenziali per poi essere ogni volta ricostruito. Il Palazzo delle Meraviglie, l’edificio più grande della città, è detto tale perché il solo a essere dotato, fino a poco tempo fa, di luce elettrica e ancora oggi l’unico a vantare addirittura un ascensore. Questa è una città con alto grado di tolleranza religiosa: arte islamica degli Omaniti, chiese anglicane, con il loro pesante ricordo di usurpazione e schiavitù, templi induisti e palazzi dei sultani si amalgamano perfetti in un attraente decadentismo ottocentesco, davvero singolare e inatteso per i miei occhi sempre alla ricerca di nuovi incanti. La meraviglia di questo luogo sta proprio nel fatto che ogni popolo passato di qui ha lasciato un segno, che va a sommarsi ai precedenti, senza però scontrarsi o sovrapporsi. La bellezza, com’è noto, sta proprio nella diversità di culture, nella varietà degli stili e delle arti. E noi certo lo sappiamo bene: l’Italia è “bella” proprio perché a ogni passo si trova qualcosa di differente da prima, inaspettato, unico: un particolare architettonico, qualche pietra squadrata in epoche passate, un paesaggio, un piatto tipico, una coltivazione, un sapore peculiare, un profumo, un aspetto geomorfologico del terreno… tutto questo rende così speciale e celebrata la nostra terra. In questo angolo di Tanzania, tra i chiaroscuri dei vicoli della Città di Pietra, capisco l’importanza di non cancellare il passato, di preservare le diversità e le tradizioni di ogni popolo, di ogni epoca. L’idea occidentale di uniformare tutto a uno stile di vita, europeo o americano che sia, oltre alla dissoluzione graduale ma spietata della cultura locale, porta a un livello di banalità che rende superflua persino un’attività artistica differente dal modello adottato. “Amare le differenze” significa permettere che esistano svariati modi di vivere, di pensare, di parlare. È un errore credere che tutti, in tutto il mondo, abbiano bisogno delle stesse cose che piacciono a noi. Ecco la mia conclusione di oggi: l’acqua calda per la doccia, a Zanzibar, non serve. Questa piccola isola deve restare un “terzo mondo”, come noi lo chiamiamo, tutto sommato abbastanza felice, senza troppi comfort, ma con una natura viva, enorme, pura, dove è bello ancora fermarsi a riprendere fiato. Quando pensi a Zanzibar devi avere in mente quell’azzurro colmo di riflessi del mare, i sorrisi, le radici smisurate, la foresta tropicale, una biodiversità gigantesca, quell’Islam contemplativo, rilassato e sereno, che si trova spesso dove non te l’aspetti. Imparare a riconoscere il fascino dei contrasti e a rispettarli, porta a capire la necessità di dare un proprio originale contributo a questa bellezza. Altrimenti tutto scomparirà. La mia voce notturna oggi mi suggerisce di trasformare in arte la metamorfosi vissuta in questo viaggio, ciò che ho assorbito, raccolto e metabolizzato. Sento il dovere di lasciare una traccia, per chiunque vorrà accoglierla e seguirla.
Zanzibar, Tanzania, 28 dicembre 2015
Ivo Stelluti,
Il Viaggiator Curioso