Il museo

La storia dell’ospedale è storia di città. Le radici delle istituzioni ospedaliere affondano nel cuore della storia urbana e ne segnano la misura e lo spessore qualitativi: là dove c’è cura e assistenza per coloro che vivono nel contesto cittadino c’è civiltà. Né è possibile tacere come lungo i secoli, gli ospedali abbiano scritto fitte pagine di storia della medicina, ma anche di storia dell’economia, della politica, dell’arte, dell’architettura.

L'Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese possiede un consistente nucleo di opere d'arte di rilievo che raccontano ampi capitoli di Storia dell'Arte locale e lombarda. I testi, le immagini e i video quì presenti tracciano una pagina importante della storia dell'Ospedale cittadino, ricostrunedo le vite e i nomi di quanti hanno contribuito a farlo nascere, crescere e sviluppare. Fino ad oggi.
Donazioni e lasciti hanno contribuito non solo alla sopravvivenza delle istituzioni assistenziali, ma hanno prodotto redditi, attraendo soggetti sociali e mediando anche l’evoluzione fisica della città. Per questo, la storia delle congregazioni e delle istituzioni pie, preposte all’assistenza dei poveri e degli ammalati, si rende visibile e pienamente comprensibile nel patrimonio storico, documentario, artistico e anche scientifico dell’ente ospedaliero.

Nelle diverse sezioni del sito viene analizzato e presentato il patrimonio artistico dell’Ospedale, dando risalto soprattutto alla galleria dei benefattori, in gran parte inediti. Le pagine del sito diventano così un luogo di educazione al sapere, di memoria storica dell'Ospedale cittadino, di produzione e di promozione di nuovi contenuti culturali.
L’unione di “arte e pietà” ha oggi il compito di gettare un focus sugli sconosciuti e diffusissimi possedimenti degli Ospedali italiani. Si tratta di patrimoni solo di recente penetrati dalla necessità di studio e di documentazione storica e tecnica (ma anche di prevenzione, manutenzione e in qualche caso di restauro) che possa preservare il patrimonio dalla dispersione o peggio ancora dalla sua “dissoluzione naturale”.